Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22336 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 15/10/2020), n.22336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14358-2019 proposto da:

G.G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato LUCA

PARDINI, rappresentato e difeso dall’avvocato DENISE D’ANNIBALLE;

– ricorrente –

contro

L.B.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2514/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 31/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

 

Fatto

RILEVATO

– che con sentenza del 31 ottobre 2018, la Corte d’appello di Firenze ha respinto l’impugnazione avverso la decisione di primo grado, pronunciata dal Tribunale di Livorno il 27 aprile 2017, che aveva a sua volta disatteso la domanda di annullamento della separazione consensuale omologata per vizi del consenso;

– che avverso la sentenza viene proposto ricorso per cassazione dal soccombente, sulla base di tre motivi;

– che non svolge difese l’intimata.

Diritto

RITENUTO

– che i motivi possono essere come di seguito riassunti:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 196 c.p.c., perchè la corte d’appello non ha ritenuto di rinnovare la consulenza tecnica d’ufficio, espletata in primo grado, nè necessario richiamare il c.t.u. a chiarimenti, nonostante che questi avesse considerato presupposti fattuali non veritieri; inoltre, il ricorrente censura la sentenza impugnata, perchè essa ha ritenuto sufficienti le risposte del consulente d’ufficio ai rilievi mossi dal perito di parte alla consulenza tecnica svolta;

2) violazione o falsa applicazione degli artt. 116,183 e 196 c.p.c., non avendo i giudici del merito ammesso le prove orali articolate dall’istante, necessarie invece per istruire la causa, ed avendo invece reputato sufficienti le conclusioni cui era pervenuta la c.t.u.;

3) violazione o falsa applicazione degli artt. 1434-1439 c.c., artt. 112 e 113 c.p.c., per non avere risposto adeguatamente alle richieste della parte, arrestandosi all’esame della incapacità naturale, ma non indagando sugli altri vizi del consenso dedotti;

– che la corte del merito, per quanto ora rileva, ha affermato come non sia necessario rinnovare la c.t.u. o richiamare il medesimo a chiarimenti, nè assumere prove orali, del tutto irrilevanti (come già deciso dal giudice di primo grado), ampiamente motivando tale convincimento;

– che, ciò posto, i motivi sono manifestamente inammissibili, sotto più profili;

– che, invero, secondo i principi consolidati enunciati da questa Corte, il ricorso per cassazione è ancorato ad uno dei cinque vizi del provvedimento impugnato, previsti dall’art. 360 c.p.c., cui ciascuna doglianza deve poter essere agevolmente ricondotta la legge impone, altresì, l’indicazione delle norme violate, ed ogni motivo deve essere autosufficiente, ossia intellegibile da solo, senza il ricorso ad elementi esterni;

– che, pertanto, il ricorrente ha l’onere di indicare puntualmente, a pena di inammissibilità, le norme asseritamente violate e l’esatto capo della pronunzia impugnata, prospettando altresì le argomentazioni intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, siano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie, secondo l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni (ex multis, Cass., sez. un., n. 25392/2019; Cass. n. 635/2015; Cass. n. 26307/2014; Cass. n. 16038/2013; Cass. n. 22348/2007; Cass. n. 5353/2007; Cass. n. 4178/2007; Cass. n. 828/2007); ove rilevanti, inoltre, vanno indicati anche gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione, ai fini di consentire alla Corte la corretta sussunzione del fatto nelle norme che si assumono violate o erroneamente applicate (Cass. n. 16872/2014; Cass. n. 15910/2005);

– che, in secondo luogo, i motivi sono inammissibili, in quanto intendono riproporre in toto un giudizio sul fatto;

– che, inoltre, quanto alla mancata ammissione della prova testimoniale, il giudice territoriale ha ritenuto i capitoli inammissibili, perchè del tutto irrilevanti ai fini della decisione: ed il ricorrente non si confronta affatto neppure con tale motivazione;

– che non occorre provvedere sulle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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