Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2233 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 31/01/2011), n.2233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.M., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA DELLA

LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato CAROLEO FRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ORLANDO ANTONIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI CASORIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 23/2006 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 27/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il nuovo ruolo per integrazione

del contraddittorio in subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della CTR della Campania dep. il 27/02/2005 che aveva, rigettando l’appello della contribuente, confermato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva rigettato il ricorso della contribuente in ordine allo avviso accertamento per IRPEF e sanzioni per l’anno 1992 quale reddito di partecipazione alla Longair sas di L.M.; la CTR osservava che da riscontri effettuati i ricorsi della società Longair sas per ILOR 1992 erano stati rigettati e che la ricorrente non aveva richiesto la riunione dei giudizi.

La ricorrente fonda il ricorso su due motivi.

Col primo motivo deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., in combinato disposto con il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

In particolare deduce che nella sentenza non erano state esposte le ragioni del rigetto del ricorso della società, stante la interdipendenza dei giudizi e che l’istanza di riunione era stata rigettata.

Col secondo motivo deduce falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in combinato disposto con il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e D.L. n. 546 del 1992, art. 36. Nullità della sentenza per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5. In particolare deduce che la CTR si era limitata a fare riferimento ad altra decisione non motivando sulla deduzione della inesistenza del maggior reddito accertato.

L’Agenzia delle Entrate non ha resistito.

La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dal ricorso e dalla sentenza risulta che la ricorrente è socia solo al 60%, e, pertanto, la residua compagine sociale è rimasta estranea alla vicenda processuale. Pertanto, preliminarmente all’esame dei motivi del ricorso, la Corte si deve, d’ufficio, porre il problema della esistenza di un litisconsorzio necessario tra i soci di una società di persone e tra i soci e la stessa in ordine alle controversie relative ai redditi della società e ai redditi personali dei soci e, in caso positivo, quali ne siano le conseguenze.

Le SS.UU (sent. n. 14815 del 4/06/2008) hanno ritenuto che, in materia tributaria, l’unità dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 196, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società sia tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un litisconsorzio necessario originario.

Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno solo dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) e il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ ufficio.

Nel caso in esame, ricorre l’ipotesi di interferenza sostanziale delle controversie come individuata dalle SS.UU. che imponeva la necessità della integrazione del contraddittorio. Non ricorrono le condizioni, individuate da questa Corte in Cass. n. 22122/2010, Cass. n. 9760/2010, n. 3830/2010, n. 2907/2019 e n. 3420/2009 (piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo e delle difese processuali svolte dalle altre parti, identità oggettiva dei ricorsi) che renderebbero inutile la declaratoria di nullità di tutti i processi per violazione dei litisconsorzio necessario originario perchè porterebbe unicamente alla celebrazione (allo stato puramente formale) di un simultaneus processus, ma nella sostanza comporterebbe un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità realmente superflue, proprio perchè la restante compagine sociale è rimasta estranea alla vicenda processuale.

Deve essere pertanto dichiarata la nullità della sentenza di primo e di secondo grado, onde le parti vanno rimesse dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli.

per la rinnovazione del giudizio previa integrazione del contraddittorio.

La superiore pronunzia assorbe ogni altro motivo di ricorso.

Ricorrono giusti motivi per compensare per intero le spese dell’intero giudizio, essendo la pronunzia delle SS.UU. successiva alla presentazione del ricorso.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità dei giudizi di merito, cassa le relative sentenze e rimette le parti dinanzi alla CTP di Napoli. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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