Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22329 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 15/10/2020), n.22329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 778-2019 proposto da:

FONDAZIONE ENASARCO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 8,

presso lo studio dell’avvocato IGNAZIO ABRIGNANI, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO

ROMANELLI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 12/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. NAZZICONE

LOREDANA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso, fondato su tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Napoli del 12 settembre 2018, il quale ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., proposta dalla Fondazione Enasarco, relativa all’ammissione del credito di Euro 16.262,93;

– che la procedura intimata propone controricorso con ricorso incidentale;

– che parte ricorrente ha depositato la memoria.

Diritto

CONSIDERATO

– che i motivi deducono:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo, perchè il tribunale ha ritenuto prescritto il credito relativo a contributi non versati per gli anni 2007-2009, senza considerare la lettera raccomandata, interruttiva del termine quinquennale di prescrizione, inviata dalla creditrice il 29 dicembre 2012 e depositata in atti, ma di cui il tribunale non ha affatto parlato; inoltre, almeno per gli anni 2012-2014, la prescrizione non era maturata;

2) violazione e falsa applicazione del “regolamento delle attività istituzionali” della Fondazione, in quanto, nonostante il contrario avviso dei curatori, le sanzioni richieste sui contributi non versati sono esattamente rispondenti alle prescrizioni dell’art. 34 del regolamento, pari al 60% dei contributi medesimi;

3) violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto il credito si fonda sul verbale di accertamento ispettivo del 28 settembre 2017, che fa piena prova sino a querela di falso, redatto in base agli obblighi contributivi derivanti dalla dissimulazione di contratti di agenzia;

– che il ricorso incidentale deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., avendo il tribunale compensato le spese, nonostante la piena soccombenza della controparte;

– che il Tribunale ha ritenuto, con stringata motivazione, come i crediti degli anni dal 2007 al 2009 siano prescritti, mentre “comunque” non risulta provato il credito, non essendo a tal fine idonee le fatture prodotte, non opponibili al fallimento;

– che il primo motivo è inammissibile, in quanto deduce un fatto nuovo – l’interruzione della prescrizione, quest’ultima eccepita dalla curatela – senza che del medesimo sia fatta parola nel decreto impugnato, e senza che la ricorrente assolva all’onere ex art. 366 c.p.c., indicando il luogo ed il tempo della precedente deduzione in giudizio; nè essendo, a tal fine, sufficiente che si menzioni il numero cardinale del documento con il quale la lettera interruttiva sarebbe stata prodotta: invero, secondo il costante orientamento di legittimità, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – sia stata del tutto ignorata dal giudice di merito, il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di controllare de visu la veridicità di tale asserzione (cfr. Cass. 24 gennaio 2019, n. 2038; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 2 aprile 2014, n. 7694; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 31 agosto 2007, n. 18440);

– che ciò deriva dal generale principio secondo cui i motivi del ricorso per cassazione devono investire a pena di inammissibilità questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, di modo che è preclusa la proposizione di doglianze che, modificando la precedente impostazione, pongano a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi o introducano, comunque, piste ricostruttive fondate su elementi di fatto nuovi e difformi da quelli allegati nelle precedenti fasi processuali (cfr. Cass. 13 aprile 2004, n. 6989);

– che, con riguardo agli anni 2012-2014, il Tribunale ha fondato la decisione sulla ratio decidendi relativa alla mancata prova del credito, la quale resiste al motivo, sul punto dunque manifestamente infondato;

– che il secondo motivo è inammissibile, non censurando una statuizione del decreto impugnato;

– che il terzo motivo è inammissibile, perchè, nel contrapporre il proprio assunto circa l’assolvimento dell’onere probatorio a quello sostenuto dal giudice del merito, finisce per riproporre in questa sede un giudizio sul fatto; mentre, invece, il motivo non attacca il provvedimento impugnato sotto il profilo della motivazione assente, onde la questione non è esaminabile da questa S.C.;

– che occorre altresì richiamare il principio, secondo cui “I verbali redatti dal pubblico ufficiale incaricato di ispezioni circa l’adempimento degli obblighi contributivi, mentre fanno piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che egli attesti essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti, non hanno alcun valore probatorio precostituito – neanche di presunzione semplice – riguardo alle altre circostanze in essi contenute; ne consegue che le dichiarazioni raccolte dal pubblico ufficiale, per poter rilevare a fini probatori, devono essere confermate in giudizio dai soggetti che le hanno rese, non essendo sufficiente a tale effetto la conferma del verbale da parte dello stesso pubblico ufficiale” (Cass. 9 luglio 2002, n. 9963, citata dalla stessa ricorrente);

– che il motivo del ricorso incidentale è manifestamente fondato, dal momento che nemmeno una parola spende il tribunale per giustificare l’operata compensazione, pur in presenza di una pretesa per intero disattesa;

– che, invero, va richiamato il principio secondo cui, in tema di spese processuali, integra gli estremi della violazione di legge, denunciabile e sindacabile anche in sede di legittimità, la decisione di compensazione delle spese del giudizio giustificata da generici motivi di opportunità, e tanto più se non giustificata affatto, quando – come nella specie – le ragioni in base alle quali il giudice abbia accertato e valutato la sussistenza dei presupposti di legge per esercitare il potere di compensazione delle spese non emergono nè da una motivazione esplicitamente specifica, nè, quanto meno, da quella complessivamente adottata a fondamento dell’intera pronuncia, cui la decisione di compensazione delle spese accede (fra le altre, Cass. 3 luglio 2019, n. 17816; Cass. 23 luglio 2007, n. 16205);

– che, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, alla cassazione del capo sulle spese può seguire una pronuncia di merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con condanna delle spese sostenute nel giudizio di merito a carico dell’opponente, come in dispositivo;

– che le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso principale ed accoglie l’incidentale;

– cassa il decreto impugnato in relazione al capo sulle spese e, decidendo nel merito, condanna la FONDAZIONE ENASARCO al pagamento delle spese del giudizio innanzi al tribunale, liquidate in Euro 1.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge;

– condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di lite per il giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.300,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

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