Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22328 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. I, 26/10/2011, (ud. 08/07/2011, dep. 26/10/2011), n.22328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3028-2008 proposto da:

R.E. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA ARRIGO DAVILA 16, presso l’avvocato MARAGNO MARIA

GRAZIA, rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNI ANNA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositato il

23/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato FREZZA ELIA, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del primo e secondo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto depositato il 23/3/2007, la Corte d’appello di Ancona ha condannato il Ministero della Giustizia alla corresponsione a favore del ricorrente R.E. della somma di Euro 15.000,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, nonchè al rimborso delle spese di lite, per il danno non patrimoniale sofferto dal ricorrente per la durata irragionevole del giudizio, promosso avanti al Tribunale di Rimini con citazione in riassunzione ex art. 667 c.p.c. del 20/8/1981, nei confronti di L.E., definito in primo grado con sentenza del 21/2/2001, con cui era stata dichiarata cessata in parte la materia del contendere e rigettate le altre domande, e conclusosi in grado d’appello, con giudizio introdotto con citazione del 2/5/2001, con sentenza del 3/11/2004, dichiarativa della inammissibilità, e per il quale era ancora pendente il giudizio in cassazione.

La Corte d’appello ha valutato nel caso superata di tredici anni la durata ragionevole del processo in oggetto, fissata in tre anni per il primo grado e due per il secondo, e, detratti i periodi di inattività conseguenti alle riassunzioni, dovuti all’inerzia delle parti, o a fatti comunque riconducibili alle stesse, che avevano dato causa alla cancellazione della causa dal ruolo ed a rinvii, ha accolto la domanda di danno non patrimoniale, riconoscendo la somma di Euro 15.000,00 in moneta attuale, comprensiva di rivalutazione ed interessi; ha respinto invece la domanda di danno non patrimoniale, non ritenendo conseguenti alla durata irragionevole del giudizio il pagamento anticipato dei canoni di locazione ed i lavori di adeguamento degli impianti alle norme di sicurezza e di manutenzione straordinaria.

Avverso detta pronuncia il R. propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi.

Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, dovendosi determinare in 17 e non 13 anni l’eccedenza del termine di durata ragionevole del giudizio di 1^ grado; inoltre, la liquidazione effettuata si discosta in modo vistoso dai parametri della CEDU. 1.2.- Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la contraddittorietà della motivazione, per avere ascritto il ritardo all’inerzia delle parti o a fatti comunque alle stesse riconducibili, anche a fronte della riscontrata diligenza delle parti stesse.

1.3.- Con il terzo motivo, il R. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5 e art. 155 c.p.c., ed omessa motivazione circa fatto decisivo per il giudizio, per non avere in alcun modo la Corte territoriale esaminato l’eccezione di tardività della costituzione dell’Amministrazione.

1.4.- Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia il difetto di motivazione su fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale insufficientemente motivato in relazione alla reiezione della domanda dei danni patrimoniali.

2.1.- Il primo motivo è inammissibile, stante la palese genericità del quesito.

Ed invero, nel quesito formulato a conclusione del 1^ motivo, il ricorrente ha chiesto alla Corte se siano vincolanti per il Giudice italiano la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo ed i principi della Corte EDU e, se nel caso di inosservanza, vi sia lesione del diritto.

Il quesito pertanto si appalesa del tutto generico, senza indicare la ratio decidendi che, se seguita, avrebbe portato a diversa decisione (vedi Cass. S.U. 20360/2007, che si è espressa nel senso che il principio di diritto consiste in una chiara sintesi logico-giuridica della questione formulata al giudice di legittimità; vedi anche Cass. S.U. 2658/2008), e senza neppure avere riferimento alle argomentazioni specificamente addotte dalla Corte del merito a base della durata ritenuta irragionevole e del quantum liquidato.

2.2.- Anche il secondo motivo del ricorso è inammissibile. A riguardo, come ripetutamente affermato da questa Corte, e ribadito di recente nella pronuncia 27680/2009, “alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. introdotto, con decorrenza dal 2/3/2006 dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 (cfr. L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5) … allorchè … il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603)”, da ritenersi quale “indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (tra le tantissime, ad esempio, Cass. 7 aprile 2008, n. 8897/2008, nonchè Cass., sez. un., 18 giugno 2008, n. 16528; Cass. 25 febbraio 2009, n. 4556; Cass. 26 febbraio 2009, n. 4589)”.

Nella specie, è di palese evidenza la mancanza di detto momento di sintesi.

2.3.- Anche il terzo motivo è inammissibile.

A riguardo, si deve rilevare che il motivo prospetta il vizio di violazione di legge e di motivazione per un profilo, tardività della costituzione, privo di decisività ai fini della decisione.

2.4.- Il quarto motivo è infine inammissibile.

E’ infatti del tutto carente il momento di sintesi.

3.1.- Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del presente grado del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3500,00, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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