Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22325 del 13/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 13/09/2018, (ud. 29/05/2018, dep. 13/09/2018), n.22325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15007-2017 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

JURI MONDUCCI;

– ricorrente –

contro

FASTWEB SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 91, presso lo

studio dell’avvocato LUIGI CANALE’, rappresentata e difesa dagli

avvocati GIANLUCA FUCCILLO, ALBERTO COZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1674/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/05/2018 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 30-5/22-6-2011 il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda con la quale P.D. aveva richiesto alla Fastweb Spa il risarcimento dei danni subiti dal 2002 al 2004 a seguito delle procedura di trasferimento da Telecom a Fastweb delle sue utenze telefoniche (nello specifico due utenze telefoniche ed una linea fax); in particolare la P. aveva lamentato che, dopo avere concluso con Fastweb in data 4-9-2002 un contratto per l’abbonamento telefonico in fibra ottica con contestuale richiesta di “number portabiliy”, nonostante l’attivazione del servizio da parte del nuovo gestore (pur senza portabilità del numero), aveva continuato a ricevere doppia fatturazione (da Telecom e Fastweb), con ripetute sospensioni e menomazioni delle linee telefoniche che l’avevano indotta a richiedere il 14-10-2003 il rientro in Telecom.

Con sentenza 16-11-2015/29-4-2016 la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’appello proposto dalla P.; in particolare la Corte ha evidenziato, con riferimento al primo motivo di doglianza, che nella fase di passaggio da un operatore all’altro, e di coesistenza delle due linee telefoniche Fastweb e Telecom, la P. aveva usufruito consapevolmente del servizi offerti da entrambi i gestori ed il traffico usato le era stato addebitato solo dalla Compagnia che lo aveva fornito; in relazione al secondo motivo di gravame, la Corte ha rilevato che, come accertato dal primo Giudice (e non impugnato), la procedura di “number portabiliy” si era già conclusa nel marzo 2003, sicchè nell’ottobre 2003, quando la P. aveva richiesto di rientrare in Telecom, detta procedura non poteva più essere interrotta, sicchè nessun illegittimo trattenimento delle linee era stato posto in essere dalla Fastweb.

Avverso detta sentenza P.D. propone ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.

Fastweb SpA resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo, con il quale la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. nella parte in cui la stessa non è motivata (o è motivata solo in apparenza) in ordine alle censure svolte dall’appellante nell’atto di gravame, è manifestamente infondato, atteso che, come appare evidente dal su riportato contenuto dell’impugnata sentenza, la Corte ha spiegato le ragioni per le quali ha rigettato le sollevate doglianze.

Il secondo motivo, con il quale la ricorrente deduce nullità della sentenza ex art. 360, n. 5 per omesso esame di un punto decisivo del giudizio, e segnatamente della questione della violazione dell’obbligo di buona fede e correttezza, è inammissibile, in quanto non in linea con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile, che richiede l’espressa indicazione da parte del ricorrente del fatto (fatto da intendersi come un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” -come nel caso di specie- o “argomentazioni”) la cui valutazione sarebbe stata omessa dal Giudice d’appello (conf. Cass. 8053/2014; Cass. 21152/2014). Il terzo motivo, con il quale la ricorrente deduce nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 101 c.p.c. (c.d. divieto di “terza via”) non avendo la Corte segnalato alle parti l’intenzione dì porre alla base della decisione il giudicato interno formatosi in ordine alla data nella quale si era compiuta la “number portabiliy”, è manifestamente infondato, essendosi la Corte territoriale limitata a considerare, in ordine alla questione (già oggetto di causa) concernente la procedura di portabilità, che il Giudice di primo grado aveva accertato l’ultimazione nel marzo 2003 della detta procedura e che sul punto non era stato proposto specifica doglianza; siffatto rilievo, relativo (come detto) a questione trattata dalle parti, non costituisce pertanto questione nuova rilevata d’ufficio dal Giudice, da sottoporre preventivamente al contradditorio ex art. 101 c.p.c..

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato rigettato, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.300,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2018

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