Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22318 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/09/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 05/09/2019), n.22318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24807-2018 proposto da:

O.D.O., elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO SOMALIA

53, presso lo studio dell’avvocato PINTO GUGLIELMO, rappresentato e

difeso dall’avvocato TARCHINI MARIA CRISTINA (ammesso P.S.S.

16/8/2018 ORD. AVV. BRESCIA);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

e contro

PUBBLICO MINISTERO;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 17833/2017 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 17/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI

MARCO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto con il quale il Tribunale di Brescia, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale e se ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della illegittimità costituzionale del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13 convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, risultando il rito camerale introdotto nell’occasione lesivo del diritto di difesa e del principio del giusto processo; 2) della violazione del D.Lgs. n. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, in relazione al denegato riconoscimento dello status di rifugiato, motivato sul presupposto della illogicità e dell’inattendibilità della narrazione resa dal ricorrente, malgrado essa fosse circostanziata e coerente avendo il ricorrente fornito particolari di prima mano e comprovato documentalmente quanto riferito; 3) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, in relazione al denegato riconoscimento della protezione umanitaria, quantunque in relazione ai rappresentati fatti di causa ne sussistessero tutte le condizioni.

Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo motivo di ricorso è infondato come questa Corte (Cass. Sez. I, 5/07/2018, n. 17717) ha già avuto modo di decretare allorchè, scrutinandosi l’analoga questione e rilevandosene la manifesta infondatezza, si è condivisibilmente osservato che “non v’è alcun dubbio che il procedimento camerale, da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie su diritti e status, sia idoneo a garantire l’adeguato dispiegarsi del contraddittorio con riguardo al riconoscimento della protezione internazionale, neppure potendo riconoscersi rilievo all’eventualità della soppressione dell’udienza di comparizione, sia perchè essa è circoscritta a particolari frangenti nei quali la celebrazione dell’udienza si risolverebbe in un superfluo adempimento, tenuto conto dell’attività in precedenza svolta, sia perchè il contraddittorio è comunque pienamente garantito dal deposito di difese scritte”.

3. Il secondo ed il terzo motivo si espongono ad un preliminare rilievo di inammissibilità, essendo parimenti intesi – come esplicitamente riconosce lo stesso postulante allorchè reputa necessaria “una nuova valutazione in fatto” della vicenda – a promuovere la rinnovazione del sindacato di fatto che ha indotto il decidente ad escludere tanto l’attendibilità delle vicende rappresentate dal ricorrente, per intrinseca inverosimiglianza del narrato afflitto da reiterate incongruenze logiche, quanto l’oggettiva ricorrenza nella specie, in relazione alla situazione interna del paese di origine – che nell’area di provenienza della ricorrente, coincidente con l’Edo State, non evidenzia “una situazione di violenza generalizzata” – e alla posizione personale del ricorrente – che perciò in caso di rimpatrio “non si vedrebbe sottratto la titolarità e/o l’esercizio di diritti umani fondamentali al di sotto di un nucleo minimo ineliminabile” – delle condizioni per riconoscere, secondo il metro della valutazione comparativa adottato dal decidente, le misure ora reclamate.

4. Il ricorso va dunque respinto senza spese non essendovi costituzione avversaria.

5. Non ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, godendo il ricorrente del gratuito patrocinio.

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della VI-I sezione civile, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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