Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22314 del 25/09/2017

Cassazione civile, sez. VI, 25/09/2017, (ud. 07/07/2017, dep.25/09/2017),  n. 22314

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15780-2016 proposto da:

D.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ERITREA,

20, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO GIUTTARI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

V.G.;

– intimato –

avverso il decreto n. 1203/2016 Cron. della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositato il 03/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO

LAMORGESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto 3 maggio 2015, la Corte d’Appello di Roma ha accolto il reclamo di V.G. avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma che aveva rigettato la sua domanda di revoca del contributo di mantenimento della figlia maggiorenne G., disposto a favore dell’ex coniuge D.M.G., rilevando che erano venute meno le relative condizioni, non essendosi la figlia, trentacinquenne, neppure attivata per la ricerca di un lavoro successivamente al compimento del diciottesimo anno di età e non essendo affetta da patologie che ne riducessero la capacità lavorativa.

La D.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi e a una memoria; V. non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato falsa applicazione dell’art. 739 c.p.c., non avendo la Corte di merito considerato che il reclamo era tardivo, a norma dell’art. 739 c.p.c., comma 2, in quanto proposto (con atto notificato il 15 aprile 2014) oltre il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto da parte del cancelliere (in data 25 marzo 2015).

Il motivo è infondato. Nei procedimenti in camera di consiglio che si svolgono nei confronti di più parti ed anche in quelli contenziosi assoggettati per legge al rito camerale, qual è quello disciplinato dalla L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 1, salvo che non sia diversamente disposto in modo espresso, è la notificazione del decreto, effettuata ad istanza di parte (e non la comunicazione da parte del cancelliere), idonea a far decorrere – tanto per il destinatario della notifica che del notificante – il termine di dieci giorni per la proposizione del reclamo, ai sensi dell’art. 739 c.p.c., comma 2, (Cass. n. 4482/2003). E’ inammissibile l’ulteriore censura di omessa pronuncia sull’eccezione di tardività del reclamo, alla luce del principio secondo cui il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito (Cass. n. 321/2016).

Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. ed erronea valutazione delle prove e della documentazione prodotta in primo grado, essendo infondata la richiesta del V. di revoca del provvedimento di mantenimento della figlia e non avendo la Corte valutato le ottime condizioni economiche del V., il quale era titolare di diversi fabbricati e terreni e aveva acquisito bene in via ereditaria.

Il motivo è inammissibile in entrambi i profili in cui è articolato: nella parte in cui si sofferma sulle condizioni reddituali del V., perchè non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, che è costituita dall’insussistenza delle condizioni per la permanenza dell’obbligo di corrispondere il contributo di mantenimento per la figlia (trentacinquenne), all’esito di un esauriente accertamento di fatto circa la complessiva condotta personale tenuta dall’interessata dal momento del raggiungimento della maggiore età, visto il mancato impegno per la ricerca di un’occupazione lavorativa (v. Cass. n. 12952/2015); nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c., perchè mira ad una impropria revisione dell’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito (la violazione del menzionato parametro normativo è configurabile solo allorchè il giudice apprezzi liberamente una prova legale, oppure si ritenga vincolato da una prova liberamente apprezzabile, v. Cass. n. 11892/2016, n. 13960/2014).

Con il terzo motivo è denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c. per l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, non avendo la Corte di merito verificato la produzione medica riguardante lo stato di salute di V.G., affetta da una malattia degenerativa che minerebbe la sua capacità lavorativa.

Il motivo è inammissibile: non v’è stata omessa pronuncia, risolvendosi il motivo in un’impropria istanza di revisione degli elementi probatori posti a sostegno dell’accertamento di fatto compiuto in concreto dai giudici di merito, in ordine alla questione dell’indipendenza economica della figlia. A tale riguardo la sentenza impugnata ha fatto applicazione del principio secondo cui l’obbligo del genitore separato o divorziato di concorrere al mantenimento del figlio (nella specie, di 35 anni) perdura finchè il genitore interessato non dia prova che il figlio sia stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta (tra le tante, Cass. n. 1773/2012).

Con il quarto motivo la ricorrente ha denunciato la violazione degli artt. 101 e 116 c.p.c. e art. 111 Cost. e del principio del contradditorio, avendo il V. depositato la propria documentazione fiscale oltre i termine fissato dal Collegio e avendo ciò compromesso l’esercizio del diritto di difesa.

Il motivo è inammissibile, poichè non coglie la ratio decidendi, costituita dal rilievo della imputabilità alla figlia della lamentata condizione di non autosufficienza economica, come si è osservato in risposta al secondo motivo.

Il ricorso è rigettato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2017

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