Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22309 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 03/11/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 03/11/2016), n.22309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17716-2012 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PALLAVICINI,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SAVERIO MONNO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO ZAULI;

– ricorrente –

contro

C.M., C.E., S.E.,

C.A., C.M.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PIRRO LIGORIO 9, presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA

MULARGIA, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI ROSARIO

PATTI;

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI

55, presso lo studio dell’avvocato PAOLA PETRELLA TIRONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI FRANCESCO ERSILIO ROSSO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1959/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 01/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito l’Avvocato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

All’esito di un giudizio di scioglimento di comunione ereditaria corrente tra L.F. ed i germani S.A., Sa.An., Sa.Ro., S.E. e S.R., la Corte d’Appello di Catania pronunciò sentenza in data 20 febbraio 1995, assegnando a S.R., L.F. e Sa.An. rispettivamente la quarta, la quinta e la sesta quota di cui al progetto di divisione approvato, e disponendo che l’attribuzione dei rimanenti tre lotti avvenisse mediante sorteggio, attività cui delegava il notaio Boscarino Giuseppe. Con citazione del 12 gennaio 2000, S.A. conveniva poi Sa.Ro. ed S.E. davanti al Tribunale di Catania, impugnando il verbale di sorteggio, redatto dal notaio Boscarino in data 13 gennaio 1997, adducendo violazione dell’art. 790 c.p.c., vizi formali della procedura, mancata effettuazione di conguagli ed errata valutazione delle quote, e perciò richiedendo al Tribunale di dichiarare nullo detto verbale.

Si costituivano Sa.Ro. ed S.E., chiedendo entrambe di rigettare la domanda attorea, e la seconda proponendo in via subordinata anche riconvenzionale al fine di ottenere il rimborso di quanto speso per i miglioramenti e le addizioni apportate ai beni a lei assegnati. Veniva altresì autorizzata la chiamata in causa del notaio Boscarino, il quale, tuttavia, non si costituiva.

Con sentenza del 14 ottobre 2003 il Tribunale di Catania dichiarava l’incompetenza a decidere sulla domanda proposta da S.A., essendo competente riguardo ad essa la Corte d’Appello, in quanto il verbale di sorteggio impugnato era stato eseguito dal notaio su delega di quest’ultima. In proposito, il Tribunale richiamava il disposto dell’art. 195 disp. att. c.p.c. e osservava che le contestazioni in ordine alla procedura delegata al notaio debbono essere decise dal giudice istruttore della causa.

Proponeva appello S.A., censurando la sentenza con cui il Tribunale si era dichiarato incompetente, in primis per “violazione delle norme che regolano il relativo procedimento”, in quanto l’incompetenza per materia poteva essere eccepita o rilevata non oltre la prima udienza di trattazione, ai sensi dell’art. 38 c.p.c., mentre il giudice l’aveva rilevata per la prima volta soltanto con la sentenza.

Si costituivano S.E., Sa.Ro. (morta nel corso del giudizio di appello, con conseguente riassunzione nei confronti degli eredi) e B.G., eccependo l’inammissibilità dell’appello, dovendo essere la sentenza di primo grado impugnata con regolamento di competenza.

Con sentenza n. 1959/2011 del 21 luglio 2011, la Corte d’Appello di Catania dichiarava inammissibile l’appello, affermando che la pronuncia di incompetenza del Tribunale doveva essere impugnata con regolamento di competenza ai sensi dell’art. 42 c.p.c., a nulla valendo, in senso contrario, il fatto che il giudice avesse rilevato tale incompetenza oltre la prima udienza di trattazione, in quanto è da intendere materia di regolamento necessario anche la questione sull’ammissibilità e tempestività dell’eccezione o del rilievo di incompetenza.

Avverso questa sentenza, S.A. ha proposto ricorso articolato in dieci motivi. Resistono con distinti controricorsi B.G., nonchè S.E. e C.M., C.A., C.E. e C.M.G., questi quali eredi di Sa.Ro.. Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. in data 16 settembre 2016.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione di Roma, 47 della Carta di Nizza, artt. 3, 24 e 111 Cost.. Si assume che la sentenza impugnata “è il risultato del fenomeno, purtroppo non infrequente, dell’overruling”. Il motivo ripercorre i passi del contrasto di giurisprudenza composto poi da Cass. Sez. U, Ordinanza n. 21858 del 19/10/2007, assumendo il ricorrente di aver proposto appello, e non regolamento, avverso la sentenza del Tribunale di Catania, in quanto risultava tardivamente rilevata dal primo giudice la questione di competenza, e ciò in adesione all’orientamento giurisprudenziale all’epoca prevalente.

Il secondo motivo di ricorso richiede, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Roma, dell’art. 47 della carta di Nizza, e dell’art. 111 Cost., la decisione diretta della Corte di cassazione sulla competenza del Tribunale di Catania, onde assicurare la ragionevole durata del processo.

Il terzo motivo di ricorso deduce violazione del principio del “tempus regit acumi” ex art. 360 c.p.c., n. 3, principio che si trae dall’art. 2 c.c. francese del 1804. Si insiste col fenomeno dell’overruling. Si conclude che, sia che venga disposta la rimessione in termini, sia che si proceda con la diretta decisione sulle questioni controverse, il ricorso non può essere ritenuto inammissibile.

Il quarto motivo di ricorso deduce violazione del principio di legalità ex artt. 3, 24 e 111 Cost. Vengono nuovamente esposte considerazioni sulla tardività del rilievo dell’incompetenza da parte del Tribunale di Catania e si aggiungono considerazioni sulla violazione dei principi di legalità e certezza imputabile alla sentenza della Corte d’Appello di Catania ed all’orientamento segnato da Cass. Sez. U. n. 21858/2007.

Il quinto motivo sostiene la violazione del principio del contraddittorio ex art. 111 Cost. e art. 101 c.p.c., avendo il giudice deciso la causa sulla base di questione rilevata d’ufficio e non sottoposta alle parti perchè presentassero memorie sul punto.

La censura si conclude con un apparente refuso, giacchè afferma che le argomentazioni portate depongano a favore dell’estensione del rimedio della rimessione in termini “alla costituzione intempestiva dell‘opponente”.

Il sesto motivo ipotizza la violazione del principio del giusto processo e richiama ancora una volta il fenomeno dell’ovveruling, alla luce di Cass. Sez. U, Sentenza n. 15144 del 11/07/2011.

Il settimo motivo assume la violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., auspicando la rimessione in termini stante il mutamento di rotta interpretativo repentino ed inopinato, che ha travolto il consolidato precedente diritto vivente.

L’ottavo motivo di ricorso denuncia l’error in procedendo, essendo stata rilevata dal Tribunale di Catania l’incompetenza per materia oltre i limiti dell’art. 38 c.p.c..

Il nono motivo sostiene la nullità della sentenza della Corte d’Appello per non aver modificato la statuizione sulle spese resa dal Tribunale, nè motivato al riguardo, nonostante l’intervenuto overruling.

Il decimo motivo di ricorso afferma l'”omessa motivazione sulla compensazione delle spese e conseguente nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3″.

2. I motivi primo, secondo, terzo, quarto, sesto e settimo possono essere trattati congiuntamente, in quanto ruotano tutti intorno all’asserita scusabilità dell’opzione processuale di S.A. nel proporre appello, piuttosto che regolamento necessario di competenza, avverso la sentenza 14 ottobre 2003 del Tribunale di Catania, la quale aveva dichiarato la propria incompetenza a decidere sulle contestazioni al sorteggio per l’attribuzione delle quote effettuato nel corso delle operazioni delegate al notaio dalla Corte d’appello di Catania, all’esito del giudizio di divisione da essa definito.

In via preliminare, va osservato come alcuni di tali motivi (in particolare, il terzo, il quarto, il sesto ed il settimo) deducano inammissibilmente ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazioni di norme costituzionali e di principi generali dell’ordinamento, oppure si sottraggono ai caratteri della tassatività e della specificità essenziali dei motivi di ricorso per cassazione, ovvero alle tipiche categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., risolvendosi in una critica generica della sentenza impugnata, non ricollegabile ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito.

In ogni modo, la sentenza n. 1081/2011 della Corte di Catania, qui impugnata, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello uniformandosi alla soluzione indicata da Cass. Sez. U, Ordinanza n. 21858 del 19/10/2007, ad avviso della quale, nel regime dell’art. 38 c.p.c. introdotto dalla L. n. 353 del 1990, la decisione del giudice di merito che abbia statuito solo sulla competenza deve essere impugnata esclusivamente con il regolamento necessario di competenza, essendo tale mezzo di impugnazione l’unico o proponibile anche quando si ponga una questione sull’ammissibilità e tempestività dell’eccezione di incompetenza, o (come nel caso qui in esame) sul tempestivo rilievo di ufficio della medesima.

Ad escludere la configurabilità di un affidamento incolpevole di S.A. nel proporre appello, piuttosto che regolamento di competenza, per lamentare che il Tribunale avesse rilevato soltanto al momento della sentenza la propria incompetenza, stanno proprio i principi dettati dall’autorevole precedente costituito da Cass. Sez. U, Sentenza n. 15144 del 11/07/2011, più volte invocato dal ricorrente a sostegno delle sue doglianze. Questa pronuncia ha chiarito come debba escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante da un mutamento della propria precedente interpretazione di una norma processuale da parte del giudice della nomofilachia (cosiddetto overruling), nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità della decisione che abbia invertito la precedente ricostruzione) in una consolidata precedente interpretazione della regola di rito, di tal che l’overruling si connoti del fisionomico carattere dell’imprevedibilità, per aver agito in modo inopinato e repentino su di un pacifico orientamento pregresso.

Di seguito, Cass. Sez. U, Sentenza n. 17402 del 12/10/2012 ha ulteriormente spiegato come il mutamento di una precedente interpretazione giurisprudenziale, non preceduto da un orientamento univoco, non dà luogo ad una fattispecie di overruling, postulando essa un rivolgimento ermeneutico avente carattere, se non proprio repentino, quanto meno inatteso, o comunque privo di preventivi segnali anticipatori del suo manifestarsi, quali possono essere quelli di un, sia pur larvato, dibattito dottrinale o di un qualche significativo intervento della giurisprudenza sul tema (si veda ancora Cass. Sez. U, Sentenza n. 2907 del 10/02/2014).

Dalla motivazione di Cass. Sez. U, Ordinanza n. 21858 del 19/10/2007, traspare, invece, come certamente sul problema del rimedio esperibile avverso la pronuncia di incompetenza tardivamente eccepita dalla parte o rilevata d’ufficio, si riscontrassero due pregressi orientamenti contrastanti, e proprio tale difformità di decisioni giustificò la rimessione della questione alle sezioni unite di questa Corte, a norma dell’art. 374 c.p.c., comma 2.

Soltanto per limitarsi alle decisioni di questa Corte pubblicate prima della proposizione dell’appello da parte di S.A. (notificato il 25 maggio 2004), vanno ricordate Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16136 del 27/10/2003; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 6264 del 29/03/2004; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 8288 del 29/04/2004, le quali già avevano ritenuto che per pronuncia sulla competenza, ai fini dell’esperibilità del regolamento necessario di competenza, si dovesse intendere non solo quella che abbia deciso direttamente sull’individuazione del giudice della controversia, ma anche quella sull’ammissibilità e tempestività dell’eccezione di incompetenza.

Pertanto, a smentire la fondatezza dei motivi primo, secondo, terzo, quarto, sesto e settimo, è sufficiente qui ribadire l’orientamento di questa Corte, secondo il quale la stessa sussistenza di un intervento regolatore delle Sezioni Unite, derivante da un preesistente contrasto di orientamenti di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, induce ad escludere che possa essere ravvisato un errore scusabile, ai fini dell’esercizio del diritto alla rimessione in termini, ai sensi dell’art. 153 c.p.c. o dell’abrogato art. 184-bis c.p.c., in capo alla parte che abbia confidato sull’orientamento che non sia poi prevalso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 14214 del 05/06/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27086 del 15/12/2011).

3. E’ da rigettare anche il quinto motivo, col quale il ricorrente sostiene la violazione dell’art. 111 Cost. e art. 101 c.p.c., avendo il giudice deciso la causa sulla base di questione rilevata d’ufficio e non sottoposta alle parti perchè presentassero memorie sul punto.

Innanzitutto, dal tenore del motivo non si comprende se la doglianza sia volta contro il rilievo dell’incompetenza operato dal Tribunale o contro l’inammissibilità dell’appello statuita dalla Corte di Catania.

Nella prima accezione, si rivolgerebbe inammissibilmente col ricorso per cassazione una censura in realtà diretta contro la sentenza di primo grado, anzichè contro quella di appello. In ogni caso, secondo consolidato orientamento di questa Corte, non sussiste un obbligo per il giudice di sollecitare la previa instaurazione del contraddittorio quando la questione rilevata d’ufficio sia di mero diritto, e, quindi, di natura processuale (come, nella specie, di incompetenza dell’adito giudice o di inammissibilità dell’appello), nè tale obbligo assume rilievo se la parte non prospetti la specifica lesione del diritto di difesa che ne avrebbe patito, quantomeno allegando, quale verosimile sviluppo del processo svoltosi nel rigoroso rispetto della norma, l’insussistenza delle circostanze di fatto poste a base della decisione, potendosi vantare un diritto al rispetto delle regole del processo solo se, in dipendenza della loro violazione, ne derivi un concreto pregiudizio (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3432 del 22/02/2016; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11453 del 23/05/2014; si veda anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8137 del 08/04/2014).

4. L’ottavo motivo è inammissibile. Esso denuncia l’error in procedendo per l’intempestivo rilievo dell’incompetenza per materia da parte del Tribunale di Catania. Così viene introdotta nel ricorso per cassazione una censura avverso la sentenza di primo grado, anzichè contro quella di appello, che è oggetto unico del giudizio di legittimità. Si tratta, peraltro, come detto a proposito delle precedenti doglianze, di questione sul tempestivo rilievo di ufficio della incompetenza, che andava devoluta a questa Corte mediante regolamento necessario di competenza.

Esula, peraltro, dai profili oggetto della presente decisione quello della soggezione ai limiti di cui all’art. 38 c.p.c., comma 3 delle ipotesi di cosiddetta competenza funzionale, ovvero di competenza fissata per relationem in funzione della peculiare attribuzione processuale da espletare.

5. E’ da rigettare pure il nono motivo di ricorso. Esso denuncia la nullità della sentenza della Corte d’Appello per non aver modificato la statuizione sulle spese resa dal Tribunale nè motivato al riguardo. Si tratta, in realtà, di una denuncia di omessa pronuncia sul quarto motivo d’appello, relativo alla condanna alle spese processuali disposta dal giudice di primo grado, che l’appellante S.A. giudicava “eccessiva”, in considerazione delle limitate attività svolte nella causa, priva di trattazione scritta e di istruzione probatoria. Tale vizio andrebbe dedotto per cassazione come violazione dell’art. 112 c.p.c., e fatto valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e non come omessa motivazione sulla mancata compensazione delle spese. Pur non avendo effettivamente la Corte d’Appello di Catania reso pronuncia su questo motivo di appello, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., deve qui comunque evitarsi la cassazione con rinvio della sentenza impugnata sul punto, visto che la pretesa di compensazione delle spese di primo grado avrebbe dovuto essere rigettata, senza che occorrano altri accertamenti in fatto (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21968 del 28/10/2015; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014). L’appellante si limitava col quarto motivo di appello a dedurre generiche considerazioni sul mancato uso da parte del giudice di primo grado della facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti, facoltà che rientra nel potere discrezionale del giudice, il quale non è tenuto a dare ragione con un’espressa motivazione di tale mancato uso, valendo esso quale automatica applicazione del generale principio della soccombenza, che regola l’onere delle spese giudiziali.

6. Il decimo motivo, infine, è inammissibile. Il ricorrente critica l’omessa motivazione sulla compensazione delle spese disposta dalla Corte d’Appello di Catania per il secondo grado di giudizio. In realtà, i giudici del gravame hanno motivato tale compensazione in ragione del mutamento di giurisprudenza intervenuto nel corso del procedimento. Il motivo va, in ogni caso, dichiarato inammissibile per carenza di interesse, il quanto S.A. contesta la statuizione di compensazione delle spese di lite, contenuta nella sentenza d’appello, lì dove, essendo lo stesso appellante risultato totalmente soccombente, egli ha tratto beneficio dalla disposta deroga al principio di soccombenza e nessuna utilità riceverebbe da una più esauriente motivazione al riguardo.

Consegue il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo in favore dei diversi controricorrenti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida, rispettivamente, in favore di B.G., nonchè in favore di S.E., C.M., C.A., C.E. e C.M.G., in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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