Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22304 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 26/10/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 26/10/2011), n.22304

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 6

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19318/2010 proposto da:

D.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEL MASCHERINO 72, presso lo studio dell’avvocato PETRILLI

ANTONELLA, rappresentato e difeso dall’avvocato SGRO’ PIETRO, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.B.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GREGORIO VII n. 396, presso lo studio dell’avvocato

GIUFFRIDA ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato CONDORELLI

CAFF FRANCESCO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 577/09 del TRIBUNALE di CATANIA – Sezione

Distaccata di MASCALUCIA, depositato il 09/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito per il controricorrente l’Avvocato Francesco Condorelli CAFF

che si riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA

CARESTIA che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso come da

relazione.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“il ricorso è inammissibile poichè proposto avverso un’ordinanza emessa a conclusione della fase svoltasi dinanzi al giudice dell’esecuzione del giudizio di opposizione agli atti esecutivi introdotto con ricorso proposto da D.A. nell’ambito della procedura esecutiva per rilascio avviata nei suoi confronti da D.B.R.; più precisamente, con tale ricorso l’esecutato si è opposto al verbale di rilascio dell’immobile redatto dall’Ufficiale Giudiziario il 20 novembre 2011, quando la procedura era stata già sospesa con ordinanza del 19 novembre 2011;

con l’ordinanza impugnata il giudice dell’esecuzione, dato atto di tale pregressa sospensione, ha dichiarato inammissibile la richiesta di (ulteriore) sospensione della procedura esecutiva, reputando l’istante carente di interesse ad agire; ha quindi compensato tra le parti “le spese della presente procedura esecutiva”;

malgrado il giudice dell’esecuzione non abbia fissato il termine per l’inizio del giudizio di merito, come disposto dall’art. 618 c.p.c., (omissione di cui si lamenta il ricorrente), il provvedimento impugnato non si può reputare definitivo, quindi suscettibile di ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost.;

in primo luogo, in quanto si tratta di un'”ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione”, essa si sarebbe potuta ritenere soggetta a reclamo ex art. 624 c.p.c., comma 2, ed in sede di reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., ben avrebbe potuto essere chiesto il riesame delle ragioni che avevano determinato la declaratoria di inammissibilità; giova aggiungere che, incontestata essendo l’ammissibilità del reclamo cautelare avverso l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione a seguito di opposizione all’esecuzione e di opposizione di terzo all’esecuzione, è discussa l’ammissibilità del reclamo cautelare avverso l’ordinanza di analogo tenore quando emessa ai sensi dell’art. 618 c.p.c., comma 2, primo inciso: in senso positivo, si è peraltro già espressa questa Corte nel precedente n. 11243/10, da intendersi qui integralmente richiamato;

inoltre, non può reputarsi precluso l’accesso dell’odierno ricorrente, già opponente, alla tutela a cognizione piena, malgrado il provvedimento non abbia assegnato il termine per l’introduzione del giudizio di merito, per le ragioni di cui appresso:

per come riconosciuto anche dal ricorrente, il giudizio di opposizione agli atti esecutivi è soggetto alla disciplina di cui agli artt. 617 – 618 c.p.c., nel testo sostituito, con decorrenza dal 1 marzo 2006, dalla L. n. 52 del 2006; la seconda di tali norme prevede che il giudice dell’esecuzione fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163 bis c.p.c., o altri se previsti, ridotti della metà; la norma va letta in combinato disposto con l’art. 617 c.p.c., e con la prima parte dello stesso art. 618 c.p.c., che prevedono che sia il giudice dell’esecuzione a provvedere sull’istanza di sospensione del processo esecutivo ovvero di adozione di provvedimenti indilazionabili;

– il sistema di norme modificate dalla L. n. 52 del 2006, ha innovato rispetto al regime precedente, secondo il quale era lo stesso giudice dell’esecuzione che all’udienza disponeva la prosecuzione del giudizio (relativo all’opposizione agli atti esecutivi) con le forme della cognizione ordinaria. Le nuove norme hanno escluso l’automatismo della prosecuzione con la cognizione piena; il giudice dell’esecuzione, dopo avere provveduto sull’istanza di sospensione, si limita a fissare un termine per l’introduzione della causa di merito ed è quindi rimesso all’iniziativa della parte interessata l’effettivo inizio di tale giudizio nel termine fissato;

il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito di un procedimento conforme alle previsioni normative degli artt. 617 – 618 c.p.c., nonchè dell’art. 185 disp. att. c.p.c., quanto al rito seguito dinanzi al giudice dell’esecuzione ed alla sua conclusione con un provvedimento avente la forma dell’ordinanza. Tale ordinanza, che ha deciso sulla sospensione, ha omesso di fissare il termine perentorio previsto per l’introduzione del giudizio di merito a cognizione piena;

– il provvedimento di fissazione del termine per l’inizio del giudizio di merito, concretandosi in una autorizzazione (peraltro dovuta ex lege) all’introduzione del giudizio di merito siccome ricollegato alla precedente Fase sommaria e diretto anche alla discussione sugli eventuali provvedimenti sommari adottati in quella fase, si connota come provvedimento lato sensu istruttorio, cioè sull’ordine del procedimento (così Cass. ord. n. 20532/2009 e n. 15630/2010). Il vizio del provvedimento consistente nell’omessa concessione del termine in parola trova un rimedio nell’ordinamento, precisamente nell’art. 289 c.p.c., secondo il cui comma 1 i provvedimenti istruttori che non contengono la fissazione dell’udienza successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti processuali, possono essere integrati su istanza di parte o d’ufficio, entro il termine perentorio di sei mesi dall’udienza in cui i provvedimenti furono pronunciati, oppure dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte;

il ricorrente, dunque, avrebbe dovuto chiedere al giudice dell’esecuzione di integrare il provvedimento ai sensi dell’art. 289 c.p.c. e non, sull’assunto della sua qualificazione come sentenza in senso sostanziale di definizione del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, ricorrere per cassazione; – peraltro, in fattispecie quale quella oggetto della presente decisione, il ricorso al rimedio dell’art. 289 c.p.c., non è neppure obbligato, dal momento che lo stesso ricorrente, anche a prescindere dalla formulazione di un’istanza ai sensi dell’art. 289 c.p.c., avrebbe potuto iscrivere la causa di opposizione al ruolo contenzioso (cfr. Cass. ord. n. 20532/2009 cit.);

– per di più, è da ritenere che, essendo il provvedimento reclamabile, la parte che intenda avvalersi di tale rimedio, per essere stata soccombente nella prima fase del procedimento (come accaduto nel caso di specie), possa dedurre, quale ulteriore motivo di reclamo, la mancata fissazione del termine per l’inizio del giudizio di merito; quindi, ulteriore rimedio a tale vizio del provvedimento emesso nella prima fase dinanzi al giudice dell’esecuzione può essere fornito dal corrispondente provvedimento adottato dal collegio in sede di reclamo; va precisato che le considerazioni che precedono non perdono rilevanza in ragione della pronuncia sulle spese contenuta nel provvedimento impugnato: per un verso, va sottolineato che la pronuncia di compensazione è stata riferita dal giudice alle “spese della presente procedura esecutiva”, così da escludere che il giudice intendesse liquidare le spese del giudizio di opposizione come avrebbe dovuto dire se avesse inteso attribuire all’ordinanza impugnata la natura di sentenza conclusiva del giudizio ex art. 618 c.p.c.; per altro verso, anche la pronuncia sulle spese, così come il merito del provvedimento, è soggetta alla delibazione riservata al giudizio a cognizione piena, rispetto al quale il provvedimento in esame riveste carattere provvisorio”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Le ragioni esposte e la giurisprudenza richiamata nella memoria depositata dal ricorrente non risultano attuali dopo la riforma di cui alla L. n. 52 del 2006, della quale si è ampiamente detto sopra.

Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida complessivamente in Euro 850,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 5 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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