Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22303 del 21/10/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 22303 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 16890-2012 proposto da:
FORGIONE SALVATORE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA NICOLO’ TARTAGLIA 21, presso il proprio studio,
rappresentato e difeso da se medesimo;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587,
BANCA D’ITALIA – TESORERIA PROVINCIALE DELLO
STATO;

inthnati

avverso la sentenza n. 1752/2012 del TRIBUNALE di ROMA del
18.1.2012, depositata il 27/01/2012;

Data pubblicazione: 21/10/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/09/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE
AMENDOLA.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA
DECISIONE

comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.
“Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:
1. L’avvocato Forgione, procuratore antistatario in un processo per
espropriazione forzata di crediti presso terzi promosso innanzi al
Tribunale di Roma contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze —
processo nel quale il terzo pignorato era la Banca d’Italia — propose
opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 cod. proc. civ., avverso
l’ordinanza di assegnazione di somme emessa dal giudice
dell’esecuzione in data 16/21 marzo 2011, assumendone l’illegittimità,
per avere il giudice d’ufficio espunto alcune voci del precetto, così
assegnando una somma inferiore a quella richiesta.
Domandò, quindi, che gli venisse riconosciuto l’importo di euro
645,57, con vittoria di spese.
2. Con sentenza del 27 gennaio 2012, nella contumacia del convenuto,
il giudice adito ha dichiarato inammissibile, e ha comunque rigettato
l’opposizione.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte Salvatore
Forgione, formulando due motivi e notificando l’atto al Ministero della
Giustizia e alla Banca d’Italia.
Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.

Ric. 2012 n. 16890 sez. M3 – ud. 24-09-2014
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È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente

3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata,
successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis,
inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in
applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi

Queste le ragioni.
4. Con il primo motivo l’impugnante denuncia violazione degli artt.
617, secondo comma, e 176 cod. proc. civ., ex art. 360, nn. 3 e 4 cod.
proc. civ.
Oggetto delle critiche è l’affermazione del giudice di merito secondo
cui, considerato che la conoscenza legale del provvedimento
impugnato doveva ritenersi acquisita il 25 marzo 2011, giorno in cui
l’opponente aveva chiesto il rilascio di copie autentiche dell’atto,
l’opposizione, proposta il 21 aprile 2011, era irrimediabilmente tardiva,
risultando ampiamente superato il termine di venti giorni previsto
dall’art. 617 cod. proc. civ.
Il ricorrente, ricordato che spetta al giudice di merito verificare,
attraverso l’esame del fascicolo d’ufficio, la tempestività o meno
dell’opposizione, a fronte della specifica deduzione dell’opponente che
la notifica da parte della cancelleria era avvenuta il 9 settembre 2011,
evidenzia che, nella fattispecie, le copie, richieste il giorno 25 marzo
2011, gli erano state rilasciate il successivo primo aprile di talché,
rispetto a tale data, l’opposizione era assolutamente tempestiva.
Con il secondo mezzo, lamentando violazione degli artt. 112 e 615
cod. proc. civ., nonché del D.M. 9 aprile 2004, ex art. 360, nn. 3 e 5,
cod. proc. civ., l’esponente segnala che egli aveva contestato la
legittimità dell’eliminazione di alcune voci di spesa indicate in precetto,
sostenendo che, in mancanza di opposizione del precettato, il giudice
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rigettato.

non poteva espungerle o ridurle d’ufficio, di talché l’arresto del
Supremo Collegio richiamato dal decidente, non aveva alcuna attinenza
con la fattispecie dedotta in giudizio, nella quale non era in discussione
l’ammontare del credito il cui pagamento era stato intimato
all’obbligato.

Come emerge dalla esposizione delle censure, il Tribunale ha, da un
lato, dichiarato inammissibile l’opposizione, per essere stata la stessa
tardivamente proposta e, ha, dall’altro, ritenuto l’opposizione stessa in
ogni caso infondata.
Ora, a prescindere dalla verifica dell’assolvimento dell’onere
probatorio in ordine alla tempestività del mezzo e dagli accertamenti
da svolgersi, sul punto, anche d’ufficio, accertamenti che
presuppongono l’acquisizione del fascicolo processuale, allo stato non
ancora trasmesso dalla cancelleria del giudice a quo, malgrado la
richiesta formulata dal ricorrente, ex art. 369 cod. proc. civ., assorbente
è il rilievo della assoluta infondatezza delle critiche relative al merito
della scelta decisoria adottata.
6. Questa Corte ha già avuto modo di stabilire, in termini definitivi ed
appaganti, che, nell’ambito del pignoramento presso terzi,
preliminarmente alla emissione dell’ordinanza di assegnazione, il
giudice dell’esecuzione ha il potere — dovere di verificare l’idoneità del
titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal
creditore nel precetto, con un accertamento dallo stesso impugnabile
nei modi e nei termini della opposizione agli atti esecutivi (confr. Cass.
civ. 8 aprile 2003, n. 5510).
E invero, il fatto che il debitore abbia il potere di contestare
l’ammontare del credito azionato nei suoi confronti, non significa che,
ove non lo faccia, il giudice dell’esecuzione debba limitarsi ad assumere
Ric. 2012 n. 16890 sez. M3 – ud. 24-09-2014
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5. Ciò posto, si osserva.

il credito esposto dalla parte istante nel precetto o nella istanza di
assegnazione, senza poter verificare la corrispondenza della sua
liquidazione al titolo esecutivo e la correttezza della quantificazione
delle spese di precetto. Né si vedono le ragioni per le quali l’ufficio, in
mancanza di rilievi dell’esecutato, debba astenersi da qualsivoglia

7. La giurisprudenza richiamata dall’impugnante non è, ad avviso del
relatore, conducente.
Il principio, a più riprese ribadito dalla giurisprudenza di legittimità,
secondo cui la parcella dell’avvocato costituisce una dichiarazione
unilaterale assistita da presunzione di veridicità, in quanto l’iscrizione
all’albo del professionista è una garanzia della sua personalità, di talché
le “poste” o le “voci” in essa elencate, in mancanza di specifiche
contestazioni del cliente, non possono essere disconosciute dal giudice
(confr. Cass. civ. sez. un. 18 giugno 2010, n. 14699; Cass. civ. 4 aprile
2003, n. 5321), attiene ai rapporti tra avvocato e cliente e nulla ha a che
vedere con la questione oggetto del presente giudizio, la quale riguarda
piuttosto il generale potere di verifica officiosa in ordine alla
correttezza della nota spese redatta dall’avvocato.
8. Ne deriva che, mentre non è in discussione che il precetto, in
quanto atto che precede l’esecuzione, ben può contenere anche
l’intimazione al pagamento delle spese ad esso relative, senza che
occorra una apposita liquidazione da parte del giudice dell’esecuzione,
costituendo le stesse un accessorio di legge a quelle processuali, come
avviene per le spese inerenti agli atti successivi e conseguenti alla
sentenza (confr. Cass. civ. 28 settembre 2011, n. 19791), va qui
ribadito che il giudice del merito, in presenza di una nota specifica
relativa alle competenze professionali, è legittimato a eliminare o
ridurre le voci a suo giudizio non dovute o dovute in misura inferiore,
Ric. 2012 n. 16890 sez. M3 – ud. 24-09-2014
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controllo su queste ultime.

purché motivi adeguatamente la scelta decisoria adottata (confr. Cass.
civ. 16 luglio 1981, n. 4652; Cass. civ. 23 ottobre 1979, n. 5337).
Sennonché non di questo si duole l’impugnante, posto che lo stesso,
pur avendo richiamato nell’intestazione del secondo motivo di ricorso
anche il n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., ha poi svolto le sue censure

qualsivoglia specificazione in ordine alle “voci” del precetto espunte
dall’ordinanza di assegnazione, e tanto, a tacer d’altro, in palese
violazione del criterio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione”.
A seguito della discussione sul ricorso, svoltasi in camera di consiglio,
il collegio ha condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte
nella relazione.
Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato.
La mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa preclude ogni
pronuncia in ordine alle spese di giudizio.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 settembre
2014.

esclusivamente in chiave di violazione di legge, omettendo anche

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