Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22303 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/09/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 05/09/2019), n.22303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29916-2017 proposto da:

TRAVAGLIATI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo

studio dell’avvocato PANARITI PAOLO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato NEGRI GIANLUCA;

– ricorrente –

contro

CIRIO DEL MONTE SPA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei

suoi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato

SANTONI GIUSEPPE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6246/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ACIERNO

MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello ha rigettato l’appello proposto dalla s.p.a. Travagliati Industria Cartotecnica avverso la s.p.a. Cirio Del Monte Italia volto a far accertare l’erroneità e illogicità della sentenza emessa dal Tribunale di Roma – n. 5895/11 – la quale, in accoglimento delle domande formulate ai sensi della L. Fall., art. 67, aveva dichiarato inefficaci e revocato i pagamenti eseguiti dalla attrice in favore della convenuta, provvedendo alla condanna di quest’ultima alla restituzione dell’importo complessivo di Euro 79.132,73 nonchè dell’importo di Euro 121.666,54.

In particolare, la Corte d’Appello ha ritenuto che dalle affermazioni ammissive contenute negli atti di primo grado fosse emerso in maniera inequivocabile che la Travagliati era ben a conoscenza della precaria situazione finanziaria in cui versava il gruppo Cirio del Monte. La presunzione della scientia decoctionis era stata ricavata altresì dalla massiva diffusione a mezzo della stampa estera e nazionale della situazione del dissesto finanziario in cui verteva Cirio, nonchè dal fatto che i pagamenti fossero stati effettuati nel luglio 2003, ossia in una fase successiva rispetto a quella di pubblicazione degli articoli (2001 – 2002). La Corte non ha considerato dirimente, come prova contraria alla conoscenza dello stato di insolvenza, il fatto che nel biennio 2000 – 2001 fosse stato approvato un piano di riassetto aziendale avallato dagli istituti di credito nazionali maggiormente rappresentativi in quanto, tale emergenza fattuale non poteva valere ad escludere la scientia decoctionis per le operazioni effettuate nel biennio 2002 2003, ossia in un periodo in cui la perdurante situazione di dissesto aveva conclamato l’esito negativo dell’operazione. I pagamenti infine risultavano effettuati con ritardi al di fuori dei termini d’uso e sostanzialmente nella fase terminale della crisi finanziaria della società fallita.

Avverso suddetta pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione la s.p.a. Travagliati Industria Cartotecnica formulando un unico motivo di ricorso. Ha resistito con controricorso accompagnato da memoria la s.p.a. Cirio del Monte in amministrazione straordinaria.

La ricorrente censura l’omesso esame di un fatto decisivo e la erroneità e illogicità della motivazione per avere la Corte d’Appello ritenuto che la conoscenza della insolvenza fosse desumibile dalle affermazioni ammissive contenute negli atti del primo grado di giudizio. La censura, al di là della sua formale formulazione mira a richiedere una valutazione dei fatti accertati nel provvedimento impugnato alternativa a quella esaurientemente argomentata dalla Corte d’Appello. Al riguardo l’esame è stato ampio e non limitato alle predette affermazioni ammissive. Essa è, pertanto inammissibile limitandosi a dare una lettura ed un’interpretazione opposta a quella posta a base dell’accertamento insindacabilmente compiuto sulla scientia decoctionis. Non è, peraltro, indicato nella censura il fatto decisivo di cui sarebbe stato omesso l’esame.

In conclusione il ricorso è inammissibile. Deve essere applicato il principio della soccombenza in relazione alle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente da liquidarsi in Euro 5000 per compensi, Euro 100 per spese oltre accessori di legge.

Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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