Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22300 del 25/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/09/2017, (ud. 16/05/2017, dep.25/09/2017),  n. 22300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20591-2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

via CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli avvocati ELISABETTA LANZETTA, LUCIA

POLICASTRO e MASSIMILIANO MORELLI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

C.M.G., B.R., S.G.,

B.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5640/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/08/2010, N. 9429/2007.

Fatto

RILEVATO

che C.M.G., B.R., S.G. e B.A., tutti dipendenti INPS in servizio (salvo Buccella, in pensione dall’1.7.2004), iscritti al Fondo interno di previdenza integrativa, contestarono il prelievo del 2% a titolo di contributo di solidarietà, di cui alla L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5, effettuato dall’ente datore di lavoro sulla retribuzione percepita in costanza di servizio e chiesero la restituzione di quanto pagato a tale titolo;

che, a seguito di accoglimento della domanda nei limiti delle prescrizione quinquennale, proposero appello l’INPS, in via principale, circa la debenza del contributo, e i dipendenti, quanto alla prescrizione;

che la Corte d’appello di Napoli (sentenza 18.08.2010) rigettò l’impugnazione principale ed accolse quella incidentale, applicando la prescrizione decennale, una volta ritenuto che si trattava di indebito oggettivo;

che per la cassazione della sentenza ricorre l’INPS con due motivi, mentre rimangono solo intimati i predetti dipendenti.

Diritto

CONSIDERATO

1. che col primo motivo l’Inps denunzia la violazione e falsa applicazione della L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64, comma 5, come interpretato dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 19, convertito in L. 15 luglio 2011, n. 111, assumendo che tale norma interpretativa ha chiarito che il contributo di solidarietà di cui trattasi è dovuto anche dai lavoratori iscritti al Fondo interno dell’ente ancora in servizio, per cui la circostanza che lo stesso venga corrisposto mediante trattenute sulle pensioni o sulle retribuzioni attiene solo alle modalità concrete delle erogazioni;

che, secondo l’Inps, la norma di interpretazione autentica aveva previsto che nell’ipotesi di lavoratori ancora in servizio il contributo era calcolato sul maturato di pensione integrativa alla data del 30 settembre 1999 (dal 1 ottobre 1999 avevano cessato di avere efficacia le disposizioni regolamentari relative ai fondi integrativi interni) ed era trattenuto sulla retribuzione percepita in costanza di attività lavorativa;

che, pertanto, doveva ritenersi che i dipendenti iscritti al Fondo interno di previdenza dell’Istituto, in attività di servizio alla data del 1 ottobre 1999, avevano tutti indistintamente maturato la prestazione integrativa determinata sulla base dell’anzianità contributiva utile che potevano far valere fino a tale data nell’ambito del Fondo stesso;

2. che col secondo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 2946,2948 e 2033 c.c., l’Inps rileva che nella fattispecie non era configurabile un’ipotesi di indebito oggettivo in quanto il credito rivendicato dagli interessati aveva natura retributiva, costituendo la somma trattenuta una quota di retribuzione non ancora corrisposta dal datore di lavoro, con la conseguenza che il diritto dei dipendenti ad ottenere la corresponsione di tale quota, soggetta a pagamento periodico, era sottoposta al termine breve di prescrizione e non a quello ordinario decennale;

3. che il primo motivo è fondato dal momento che si è già avuto modo di statuire che “in materia di contribuzione previdenziale, il contributo di solidarietà spetta, ai sensi della L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64, comma 5, come autenticamente interpretato dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 19, convertito nella L. 15 luglio 2011, n. 111, agli ex dipendenti sulle prestazioni integrative in godimento e ai lavoratori ancora in servizio, per i quali è calcolato sul “maturato” della pensione integrativa al 30 settembre 1999 ed è trattenuto sulla retribuzione, rispondendo la disciplina, come affermato dalla sentenza n. 156 del 2014 della Corte costituzionale, ad obiettivi di interesse generale e di rilievo costituzionale, quali quelli della certezza del diritto e del ripristino della uguaglianza e della solidarietà all’interno del sistema previdenziale” (Cass. sez. 6 – L, Ordinanza n. 18666 del 4.9.2014);

4. che a tal riguardo si è anche affermato (Cass. sez. 6 – L, Ordinanza n. 1497 del 2.2.2012) che “in materia di contribuzione previdenziale, la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 19, convertito nella L. n. 111 del 2011, secondo il quale le disposizioni di cui alla L. n. 144 del 1999, art. 64,comma 5, si interpretano nel senso che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria è dovuto anche dai lavoratori in servizio, è manifestamente infondata – oltre che con riferimento ai principi del giusto processo ex artt. 6 CEDU, 111 e 117 Cost., trattandosi di intervento legislativo che, nel fare proprio un plausibile significato della norma, ne realizza effettivamente l’interpretazione autentica ex art. 70 Cost. – anche con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., atteso che la sottoposizione delle retribuzioni dei lavoratori in servizio sia all’imposta sui redditi che al contributo speciale è giustificata in relazione al carattere differenziato della loro posizione previdenziale rispetto a quella della generalità dei cittadini e dei lavoratori”;

che la natura dirimente della fondatezza del primo motivo e della conseguente insussistenza del diritto alla restituzione del contributo di cui trattasi comporta l’assorbimento dell’esame della seconda censura vertente sul tipo di prescrizione applicabile nella fattispecie;

5. che, pertanto, il primo motivo va accolto con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza; inoltre, la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, col rigetto dell’iniziale domanda;

6. che la soluzione della controversia alla luce della nuova norma di interpretazione autentica della legge di riferimento induce questa Corte a ritenere interamente compensate tra le parti le spese dell’intero processo.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2017

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