Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2230 del 30/01/2017


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Cassazione civile, sez. I, 30/01/2017, (ud. 06/12/2016, dep.30/01/2017),  n. 2230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4856/2013 proposto da:

AMADEUS S.P.A., (p.i./c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

NIZZA 59, presso l’avvocato ASTOLFO DI AMATO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSIO DI AMATO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del

Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., già ENTE FERROVIE DELLO STATO

S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 99, presso

l’avvocato CARMINE PUNZI, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati ANTONIO PUNZI, GIOVANNI LAZZARA, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza non definitiva n. 4929/2007 e la sentenza n.

3495/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositate il 26/11/2007 e

il 02/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato A. DI AMATO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

uditi, per la controricorrente RETE FERROVIARIA ITALIANA, gli

Avvocati C. PUNZI e G. LAZZARA che hanno chiesto il rigetto del

ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Roma è stata adita in unico grado, con una pluralità di domande, dalla Amadeus S.p.A., una società di navigazione che, al fine di attivare un servizio di collegamento navale con il porto di (OMISSIS), aveva chiesto l’accosto allo scivolo 0 del porto di (OMISSIS), utilizzato dalla RFI (Rete Ferroviaria Italiana) S.p.A. (ossia dal gestore della infrastruttura ferroviaria nazionale, non comprendente il collegamento marittimo portuale in esame) in forza di un atto di sottomissione convenuto da detto gestore con l’Ufficio locale Marittimo, in data 3 luglio 2001.

1.1. Secondo la società attrice, la RFI SpA con le sue navi effettuava non solo l’attività di traghettamento dei vagoni ferroviari ma anche quella dei cd. mezzi gommati, utilizzando in via esclusiva l’infrastruttura oggetto della sua richiesta d’uso (il terminale portuale de quo).

1.2. Perciò l’attrice ha chiesto al giudice distrettuale sia la declaratoria di nullità di ogni atto o comportamento restrittivo della concorrenza sia la condanna di RFI SpA e dell’Amministrazione statale al risarcimento dei danni subiti, per la violazione dell’art. 41 Cost., della L. n. 287 del 1990, artt. 2, 3 e 8.

2. La Corte territoriale, con la sentenza non definitiva n. 4929 del 2007, respinte le diverse eccezioni in rito formulate dalle parti, ha rigettato la domanda dell’attrice relativa al diritto di autoproduzione per la mancanza del monopolio legale del servizio di traghettamento del materiale gommato, atteso che un tale diritto, ai sensi della L. n. 287 del 1990, art. 9, sussisterebbe solo quando vi sia – ex lege – un monopolio sul mercato rilevante, mentre nella specie la stessa società attrice avrebbe postulato l’esistenza di un monopolio di fatto, istituito mediante l’atto di sottomissione concordato con l’amministrazione periferica.

3. Con la successiva sentenza definitiva n. 3495 del 2 luglio 2012, la stessa Corte ha affermato che il dedotto abuso di posizione dominante, attuata da RFI con il concorso dell’Amministrazione marittima, doveva essere escluso in ragione del mancato esame del ruolo rivestito da altra società privata (la Caronte & Tourist S.p.A.) che – secondo quanto affermato dalla stessa attrice nelle sue difese – aveva ottenuto dall’Amministrazione la concessione di ben quattro scivoli (addirittura sovradimensionati rispetto alle proprie necessità), in relazione ai quali impediva l’accesso agli altri attori del mercato interessati al loro utilizzo.

3.1. La tardiva proposizione di domande nei riguardi di tale altra società, se ne escludeva il coinvolgimento nell’attuale giudizio (anche ai fini dell’accertamento di un’ipotizzata intesa restrittiva illecita, relativa al mercato dell’attività di traghettazione nell’area dello Stretto di Messina), non impediva di pervenire alla conclusione giudiziale che nel porto di (OMISSIS) non operava soltanto la società che l’attrice aveva qualificato come monopolista ma anche un altro operatore privato, così come emergente dagli stessi provvedimenti adottati dall’AGCM del periodo 1995-1998.

3.2. Secondo il giudice del merito, perciò, da questa conclusione sarebbe derivata la non configurabilità di una domanda risarcitoria fondata sull’esistenza di un preteso abuso di posizione dominante che avrebbe dovuto (e non lo era stato) essere proposta nel contraddittorio di tutti gli operatori del detto mercato rilevante.

3.3. Senza dire che, secondo il provvedimento dell’Autorità Garante del 2002 (n. 18879), ai fini dell’attività di traghettamento nello stretto di Messina, i porti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) avrebbero configurato un unico mercato rilevante, non considerato nelle prospettazioni della parte attrice.

3.4. In terzo luogo, l’esame degli atti amministrativi pronunciati in favore di RFI SpA (quand’anche in alcuni casi annullati dal GA) non comportava conseguenze rilevanti ai fini dell’accertamento dell’esistenza (posta in essere con il concorso con l’Amministrazione concedente) di un monopolio, anche nell’ambito dell’attività di traghettazione dei cd. mezzi gommati, da parte della società concessionaria dell’infrastruttura ferroviaria, atteso che l’utilizzazione dell’invasatura 0 non era stata neppure rifiutata dalla detta concessionaria alla quale non risultava essere stata inoltrata – da parte della società Amadeus – alcuna richiesta, così come era stato indicato alla parte nella nota del 2004 dell’Ufficio locale marittimo.

3.5. Senza dire che, in quel periodo temporale (2000-2004), la società odierna ricorrente non avrebbe posseduto requisiti soggettivi per ottenere dall’amministrazione le necessarie concessioni demaniali, per le informazioni antimafia – D.P.R. n. 252 del 1998, ex art. 10 – sarebbero risultate negative, per l’esistenza di pericolo d’infiltrazioni che aveva indotto la Capitaneria di porto di Reggio Calabria a respingere la richiesta di concessione di area demaniale marittima finalizzata ad installare un prefabbricato da adibire a biglietteria nel porto di (OMISSIS) ossia alle concessioni propedeutiche al servizio di traghettamento, ciò che comporterebbe la carenza di interesse a dolersi delle presunte restrizioni concorrenziali o di abusi di posizione dominante concernenti il servizio in esame.

4. Avverso tale decisione la Amadeus S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tredici motivi, illustrati anche con memoria, contro cui resistono il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e la RFI S.p.A., con controricorsi e, quest’ultima, anche con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso (Illegittimità della sentenza ND per violazione e falsa applicazione della L. n. 287 del 1990, art. 9 (art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente ha chiesto, per la violazione della L. n. 287 del 1990, art. 9, la cassazione con rinvio della sentenza non definitiva della Corte d’appello di Roma che avrebbe erroneamente escluso il proprio diritto all’autoproduzione del servizio anche in una ipotesi, come questa, in cui il monopolio dell’impresa di traghettazione non era il frutto di un provvedimento legislativo ma di uno (o più) atti amministrativi di rango secondario (quali le concessioni amministrative relative agli scivoli di attracco delle navi utilizzate per quel servizio).

1.1. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la sussistenza di una situazione di monopolio legale in favore della società RFI, potendo quest’ultima essere integrata anche dall’ipotesi in cui l’esercizio di quella certa attività economica sia stato attribuito in via esclusiva ad un’impresa privata mediante una concessione amministrativa (riserva cd. indiretta della posizione di dominio).

2.Con il secondo mezzo del ricorso (Illegittimità della sentenza definitiva per omessa motivazione in ordine al fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla violazione da parte dei resistenti degli obblighi nascenti dalla L. n. 287 del 1990, art. 8 (art. 360 c.p.c., n. 5) la ricorrente ha chiesto, la cassazione con rinvio della sentenza definitiva della Corte d’appello per omessa motivazione in ordine al fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla violazione da parte dei resistenti degli obblighi nascenti dalla L. n. 287 del 1990, art. 8, con particolare riferimento a quelli stabiliti dal comma 2-bis, in base ai quali, per esercitare legittimamente l’attività di traghettamento (costituente un cd. servizio a valle), la società concessionaria di una rete avrebbe dovuto assicurare una separazione tra l’ente concessionario dell’infrastruttura e quello svolgente l’attività sul mercato della traghettazione.

3. Con il terzo (Illegittimità della sentenza definitiva per violazione e falsa applicazione della L. n. 287 del 1990, art. 3 (art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente ha chiesto la cassazione con rinvio della sentenza definitiva della Corte d’appello che, in violazione della L. n. 287 del 1990, art. 3, avrebbe erroneamente escluso la possibilità di configurare un “abuso di posizione dominante”, anche in presenza di intese restrittive della concorrenza, quale quella lamentata dalla essa ricorrente circa una “spartizione del mercato” (fra RFI S.p.A. e Caronte & Tourist S.p.A.) della traghettazione relativo all’intero Stretto di Messina.

3.1. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe, inoltre, ulteriormente errato omettendo di verificare se, anche a prescindere dalle intese con Caronte & Tourist S.p.A. (non chiamata in causa in questo procedimento), comportamenti posti in essere da essa RFI avrebbero integrato, di per sè soli, l’illecito di cui all’art. 3 già invocato.

4.Con il quarto (Illegittimità della sentenza definitiva per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 287 del 1990, art. 3 (art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente ha chiesto la cassazione con rinvio della sentenza definitiva della Corte d’appello che avrebbe erroneamente applicato, in violazione della L. n. 287 del 1990, art. 3, la portata della nozione di “mercato rilevante”, non cogliendo il dato della non interscambiabilità tra l’infrastruttura del porto di (OMISSIS) con quella del porto di Reggio Calabria e, conseguentemente, che il mercato rilevante nella traghettazione era solo quello della struttura di Villa e non anche l’altra, menzionata.

5. Con il quinto (Illegittimità della sentenza definitiva per insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alle marcate differenze esistenti tra il porto di (OMISSIS) e quello di (OMISSIS) (art. 360 c.p.c., n. 5) la cassazione con rinvio della sentenza definitiva della Corte d’appello è chiesta, dal ricorrente, per insufficiente motivazione in quanto la decisione avrebbe erroneamente applicato la nozione di “mercato rilevante”, non cogliendo i dati differenziali, che non sarebbero stati interscambiabili, tra il porto di (OMISSIS) e quello di (OMISSIS), conseguentemente non cogliendo che il mercato rilevante nella traghettazione era solo quello di Villa.

6.Con il sesto (Illegittimità della sentenza definitiva per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 287 del 1990, art. 3 (art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente ha chiesto la cassazione con rinvio della sentenza definitiva della Corte d’appello che avrebbe erroneamente applicato la nozione di “abuso di posizione dominante”, con violazione della L. n. 287 del 1990, art. 3, non cogliendo il fatto essenziale dell’attribuzione esclusiva della banchina portuale (lo scivolo 0) ad un’unica società (REI), la quale così avrebbe ricevuto una posizione di forza inusitata.

7. Con il settimo (Illegittimità della sentenza definitiva per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio, afferente alla natura abusiva del comportamento adottato da RFI (art. 360 c.p.c., n. 5) la ricorrente ha chiesto, per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, la cassazione con rinvio della sentenza (definitiva) della Corte d’appello che avrebbe erroneamente escluso la natura abusiva del comportamento adottato da RFI, dando rilievo alle circostanze (ritenute inessenziali) secondo cui Amadeus S.p.A. non aveva contattato RFI, allo scopo di conseguire l’accesso all’infrastuttura, essendo invece rilevante e propedeutico il rilascio del provvedimento amministrativo di autorizzazione all’accosto allo scivolo 0, prima di intraprendere qualunque attività imprenditoriale.

8. Con l’ottavo (Illegittimità della sentenza definitiva per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente ha chiesto, per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., la cassazione con rinvio della sentenza definitiva della Corte d’appello che avrebbe erroneamente escluso la natura abusiva del comportamento adottato da RFI non ammettendo le prove addotte da Amadeus per dimostrare la sussistenza del comportamento abusivo.

9. Con il nono (Illegittimità della sentenza definitiva per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio, afferente alla natura abusiva del comportamento adottato da RFI (art. 360 c.p.c., n. 5) la ricorrente ha chiesto, per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, la cassazione con rinvio della sentenza definitiva della Corte d’appello che avrebbe erroneamente omesso di valutare le prove addotte da Amadeus per dimostrare la sussistenza del comportamento abusivo.

10. Con il decimo (Illegittimità della sentenza definitiva per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 252 del 1988, art. 10, D.Lgs. n. 490 del 1994, art. 4 e L. n. 575 del 1965, art. 10 (art. 360 c.p.c., n. 3) essa ha chiesto la cassazione con rinvio della sentenza definitiva della Corte d’appello, per violazione e/o falsa applicazione degli artt. sopra menzionati, laddove avrebbe erroneamente mancato di rilevare che, per l’autorizzazione all’approdo allo scivolo in contestazione, non sarebbe richiesta la certificazione antimafia e che, comunque, l’informativa de qua, avente natura temporanea (semestrale), non poteva rilevare per il periodo temporale successivo all’anno 2000, giungendo a precludere le proprie posizioni fino al 2004.

11. Con l’undicesimo (Illegittimità della sentenza definitiva per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio, afferente alla natura limitata della informativa prefettizia antimafia (art. 360 c.p.c., n. 5) la ricorrente ha chiesto la cassazione con rinvio, per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, della sentenza definitiva della Corte d’appello che avrebbe erroneamente omesso di valutare natura temporanea (semestrale) della documentazione antimafia, che non poteva rilevare per il periodo temporale successivo all’anno 2000, giungendo a precludere le proprie posizioni dal 2002 fino al 2004, e che era stata annullata dal TAR nel 2002, con sentenza confermata nel 2004.

12. Con il dodicesimo (Illegittimità della sentenza definitiva per violazione e falsa applicazione della L. n. 87 del 1953, art. 24 (art. 360 c.p.c., n. 3) essa ha domandato la cassazione con rinvio, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. sopra menzionato, della sentenza definitiva della Corte d’appello che avrebbe erroneamente mancato di motivare la (implicita) reiezione della eccezione di incostituzionalità, sollevata con riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 97 Cost., del D.P.R. n. 252 del 1988, art. 10, relativo alla preclusione dell’autorizzazione all’accosto in presenza di certificazioni antimafia negative.

13. Con il tredicesimo (Illegittimità della sentenza definitiva per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) ha chiesto la cassazione con rinvio, per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, della sentenza definitiva della Corte d’appello che avrebbe erroneamente omesso di motivare la (implicita) reiezione della eccezione di incostituzionalità, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 97 Cost., del D.P.R. n. 252 del 1988, art. 10, relativo alla preclusione dell’autorizzazione all’accosto in presenza di certificazioni antimafia negative.

14. Il primo mezzo del ricorso pone il problema dell’interpretazione della L. n. 287 del 1990, art. 9 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), ossia se esso sia applicabile, oltre che alla situazione del monopolio legale (il caso del ” la riserva per legge allo Stato ovvero a un ente pubblico del monopolio su un mercato” (comma 1), anche all’ipotesi in cui l’esercizio di una attività economica venga attribuito, in via esclusiva, ad un’impresa privata mediante un provvedimento concessorio (riserva cd. indiretta), sicchè anche in quest’ultimo caso troverebbe luogo la regola secondo cui quella posizione di preminenza comunque “non comporta per i terzi il divieto di produzione di tali beni o servizi per uso proprio, della società controllante e delle società controllate” (comma 1), (secondo la previsione richiamata, inoltre “2. L’autoproduzione non è consentita nei casi in cui in base alle disposizioni che prevedono la riserva risulti che la stessa è stabilita per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale, nonchè, salvo concessione, per quanto concerne il settore delle telecomunicazioni”).

14.1. Questa Corte ha avuto modo di intervenire sul tema generale dell’autoproduzione enunciando, nella motivazione della sentenza, il seguente principio di diritto: “Quando non ricorre il caso del monopolio legale, il diritto all’autoproduzione da parte del privato trova 11 suo fondamento non nella L. n. 287 del 1990, art. 9, ma in base al diritto della libertà di iniziativa economica consacrato dall’art. 41 Cost.”. Infatti, “se non vi è monopolio o riserva legale, tutti hanno diritto di produrre i beni ed i servizi occorrenti all’esercizio dell’attività di ognuno, pur nel rispetto delle eventuali discipline specificamente previste dalla normativa vigente ((nella specie:) segnatamente il codice della navigazione, per quanto attiene al battellaggio)” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 746 del 2000).

14.2. Nel caso al nostro esame, relativo ai servizi di traghettazione dei mezzi gommati, la società ricorrente aveva richiesto che la Corte territoriale affermasse il suo diritto (soggettivo) all’autoproduzione del servizio, per l’esistenza di un monopolio di fatto che tuttavia, com’è stato poi meglio affermato nella sentenza definitiva, è da escludere in concreto.

14.3. Infatti, nella sentenza definitiva è detto che: a) nel porto di (OMISSIS) non operava soltanto la società che l’attrice aveva qualificata come monopolista (ossia RFI S.p.A.) ma anche un altro operatore privato (la Caronte & Tourist S.p.A), così come emergeva dagli stessi provvedimenti dell’AGCM del periodo 1995-1998; b) pertanto, era da escludere una situazione di monopolio di fatto, generata dai provvedimenti (concessori) dell’autorità amministrativa.

14.4. In conclusione: per poter affermare un proprio diritto all’autoproduzione, una volta escluso pacificamente il monopolio legale (nel caso, per ipotesi condivisa, non ricorrente), la società istante avrebbe avuto la necessità di provare l’esistenza in concreto del postulato monopolio di fatto (che invece stato escluso) e la compromissione del proprio diritto nascente dalla fonte costituzionale (ex art. 41 Cost.: cfr. Cass. n. 746 cit.) che, tuttavia, secondo la migliore dottrina, pienamente condivisibile, comunque non è un diritto assoluto ed incondizionato in quanto esige la verifica, da parte dell’autorità amministrativa addetta alla sua regolazione, che non vi siano ulteriori interessi pubblici ad una limitazione dell’uso dell’infrastruttura la quale, per essere posta su beni demaniali caratterizzati da un loro accesso limitato, esigono il contemperamento di tali interessi e delle modalità di esercizio dei diritti contemperati.

15. Con riferimento al secondo mezzo di cassazione, la società ricorrente lamenta la violazione, da parte della concessionaria di una rete (nella specie: ferroviaria), degli obblighi nascenti dalla L. n. 287 del 1990, art. 8, con particolare riferimento a quelli stabiliti dal comma 2-bis in base ai quali la concessionaria, per esercitare legittimamente l’attività di traghettamento (cd. servizio a valle) avrebbe dovuto assicurare una separazione societaria tra l’ente concessionario dell’infrastruttura e quello svolgente l’attività sul mercato dei traghetti.

15.1. In effetti nella motivazione della sentenza impugnata tale aspetto del problema non è affrontato, ma l’omissione non è decisiva atteso che – come sopra si è detto – nel caso in esame non versandosi in una situazione di monopolio (non solo legale, ma anche per l’inesistenza del monopolio di fatto per l’utilizzo di altri quattro scivoli da parte di un altro operatore privato) la posizione di RFI S.p.A. non integrava una posizione tale che ad essa potessero applicarsi le disposizioni antitrust riguardanti l’obbligo della separazione societaria, con riferimento ai mercati a valle, atteso che l’attività di traghettamento – come si è detto – era svolta da almeno un altro soggetto privato, con l’utilizzazione di ben quattro scivoli (ossia tre in più di quello dato in concessione a RFI), soggetto non evocato come parte in questo giudizio.

15.2. Tali violazioni, pertanto, ove esistenti, potranno formare oggetto di valutazioni amministrative (e sanzionatorie) ma non acquistano incidenza causale in relazione alla domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente contro uno solo degli attori di quel mercato rilevante.

16. Il terzo mezzo di ricorso è inammissibile, anzitutto in ordine alla prospettazione dell’abuso posto in essere, con il proprio “comportamento collusivo”, da parte di RFI, atteso che ponendo il quesito della violazione della L. n. 287 del 1990, art. 3, con particolare riferimento alle intese concluse con altre società (nella condotta di abuso della posizione dominante della società concessionaria), la ricorrente non si avvede di travisare la motivazione che è posta a base della decisione del giudice distrettuale: quella dell’esclusione del diritto al risarcimento del danno della attrice, per quattro ragioni sostanziali, prima delle quali proprio la mancanza della postulata posizione dominante di RFI sul mercato dei servizi di traghettamento dei mezzi su gomma.

16.1. Infatti, la Corte territoriale ha affermato che il dedotto abuso (della ipotizzata posizione dominante) attuato da RFI, con il postulato concorso dell’Amministrazione marittima, doveva essere escluso in ragione del mancato esame del ruolo rivestito da un’altra società privata (la Caronte & Tourist S.p.A.) che – secondo quanto affermato dalla stessa attrice nelle sue difese – aveva ottenuto dall’Amministrazione la concessione di ben altri quattro scivoli (addirittura sovradimensionati rispetto alle proprie necessità), ai quali impediva l’accesso agli altri attori del mercato che erano interessati al loro utilizzo.

16.2. La Corte, quindi, ha considerato insussistente il presupposto di partenza per l’applicazione dell’art. 3, invocato, mancando propriamente quella supposta posizione dominante (quand’anche de facto), esclusa in presenza dell’attività svolta attraverso l’utilizzazione di ben altre quattro infrastrutture marittime da parte di una seconda società (concorrente), non utilmente chiamata in causa dall’attrice che, perciò, si sarebbe preclusa, in tal modo, la possibilità di chiedere un accertamento nel contraddittorio con tutti gli attori del mercato rilevante.

16.3. Il terzo mezzo di ricorso, non tiene conto di questa argomentazione del giudice distrettuale e perciò la censura non si rivela correttamente proposta, incorrendo nel vizio di inammissibilità per il travisamento della ratio decidendi del provvedimento giurisdizionale impugnato.

17. Il quarto ed il quinto motivo del ricorso, ponendo il medesimo problema, sia pure riguardandolo sotto due diversi profili (il vizio di violazione di legge e quello motivazionale), impone il loro esame congiunto.

17.1. Con essi si lamenta l’erronea applicazione della nozione di “mercato rilevante”, non avendo il giudice di merito colto la non interscambiabilità delle infrastrutture portuali di (OMISSIS) e di (OMISSIS) cosicchè, conseguentemente, il mercato rilevante nella traghettazione sarebbe stato solo quello di (OMISSIS).

17.2. Ma, ancora una volta, i due mezzi di cassazione (unitamente considerati) si rivelano inammissibili atteso la corte d’appello ha escluso la posizione dominante anche con riferimento al solo porto di (OMISSIS), anche se poi (seconda ratio decidendi) ha aggiunto che comunque il mercato rilevante avrebbe dovuto includere l’infrastruttura portuale di (OMISSIS), come peraltro accertato dall’AGCOM in alcuni suoi provvedimenti amministrativi.

17.3. Infatti, l’accertamento che ha escluso il carattere di dominanza della posizione di RFI sul mercato del traghettamento svolto con la propria base nel porto di (OMISSIS) (prima ratio decidendi) è stata fondata, come si è già più volte ripetuto, proprio sull’esistenza dell’accesso alle infrastrutture portuali (gli scivoli nn. 0, 1, 2 e 3) da parte di almeno due operatori, astrattamente concorrenti, in ordine allo stesso mercato (salve intese restrittive illecite non oggetto di domanda giudiziale perchè non tempestivamente, e perciò ritualmente, proposta nei confronti del secondo).

17.4. In tale contesto motivazionale, la seconda ratio, si rivela un ulteriore apporto al ragionamento giudiziale, ma la sua ipotizzata infondatezza, da parte della ricorrente, nulla toglie alla prima basilare affermazione, che i due mezzi in esame non sono idonei a scalfire: di qui la loro sostanziale inammissibilità, in quanto non capace di conseguire il risultato utile perseguito.

18. Pure il sesto mezzo appare inammissibile, atteso che non coglie la ratio decidendi contenuta nella sentenza impugnata, laddove si afferma che la RFI non era concessionaria esclusiva dello scivolo 0, così come risultava dai provvedimenti dell’Autorità marittima locale, la quale, per il suo utilizzo anche da parte di Amadeus, aveva espressamente richiesto che detta società procedesse attraverso intese con la spa RFI.

19. Il settimo, ottavo e nono motivo, ponendo il medesimo problema, sia pure riguardandolo sotto due diversi profili (il vizio di violazione di legge e quello motivazionale) comportano la necessità di un loro esame congiunto.

19.1. Gli stessi, tuttavia, vanno – ancora una volta – dichiarati inammissibili in quanto invocando il travisamento delle prove o la loro obliterazione – pongono sostanzialmente un problema di una nuova e diversa valutazione delle risultanze istruttorie, che in questa sede non è reiterabile, in relazione al giudizio sintetico finale di esclusione del carattere abusivo del comportamento tenuto da RFI S.p.A., con riferimento alla propria posizione che si assume essere stata quella di abusante della posizione dominante sul mercato rilevante.

20. Il decimo e l’undicesimo motivo, ponendo il medesimo problema, sia pure riguardandolo sotto due diversi profili (il vizio di violazione di legge e quello motivazionale), comportano la necessità di un loro esame congiunto.

20.1. Con essi, infatti, si censura la sentenza definitiva della Corte d’appello che non avrebbe rilevato che per l’autorizzazione all’approdo non sarebbe richiesta la certificazione antimafia e che, comunque, l’informativa de qua, avente natura temporanea (semestrale), giungendo a precludere le proprie posizioni dal 2002 fino al 2004, era stata anche annullata dal TAR nel 2002, con una sentenza confermata dal giudice di appello nel 2004.

20.2. I due mezzi sono del pari inammissibili, atteso che: a) (primo profilo di inammissibilità) la Corte d’appello, con riferimento alla certificazione antimafia, ha fatto riferimento alla sua ostatività al conseguimento non già delle autorizzazioni all’accosto ma alle concessioni propedeutiche al servizio di traghettamento (con particolare riferimento alla concessione dell’area demaniale per il prefabbricato da posizionare ed adibire a biglietteria aperta al pubblico); b) e, in ordine alla temporaneità della certificazione (secondo profilo di inammissibilità), la presunta mancanza della sua attualità non era stata affatto esclusa dai giudizi del GA il quale, invece (p. 9 della sent. impugnata) con la pronuncia resa nel giudizio di ottemperanza (sentenza n. 6973/04) aveva prescritto all’autorità amministrativa solo di completare l’iter istruttorio, il quale avrebbe potuto essere favorevole all’impresa ove questa avesse ottenuto una certificazione positiva (che non ebbe).

21. Il dodicesimo e il tredicesimo motivo, ponendo il medesimo problema, sia pure riguardandolo sotto due diversi profili (il vizio di violazione di legge e quello motivazionale), impongono la necessità di un loro esame congiunto.

21.1. Ma ancora una volta, essi sono inammissibili: “la prospettazione di una questione di costituzionalità, essendo funzionale alla cassazione della sentenza impugnata”, postula “la prospettazione di un motivo che giustificherebbe la cassazione della sentenza una volta accolta la questione di costituzionalità” (Cass., sez. un., sent. n. 28050 del 2008; Cass., 3 sez., s. n. 4072 del 2007). Infatti, “la questione di legittimità costituzionale di una norma, in quanto strumentale rispetto alla domanda che implichi l’applicazione della norma medesima, non può costituire oggetto di un’autonoma istanza rispetto alla quale, in difetto di esame, sia configurabile un vizio di omessa pronuncia, ovvero (nel caso di censure concernenti le argomentazioni svolte dal giudice di merito) un vizio di motivazione, denunciabile con il ricorso per cassazione: la relativa questione è infatti deducibile e rilevabile nei successivi stati e gradi del giudizio che sia validamente instaurato, ove rilevante ai fini della decisione” (Cass., 1 sez., sent. n. 26319 del 2006 e Sez. L, s. n. 17224 del 2010).

21.2. In sostanza la questione di legittimità costituzionale è rilevabile anche d’ufficio (Cass., sez. un., sent. n. 1181 del 1970), ma solo se siano state riproposte le questioni “alle quali quella di costituzionalità si riferisca” (Cass., sez. L, sent. n. 396 del 1981; Cass., 3 sez., s. n. 5892 del 1984; Cass., sez. L, s. n. 3471 del 1984; Cass., sez. L, s. n. 5694 del 1986; Cass., sez. L, s. n. 16245 del 2003), perchè “la verifica della certa ed evidente costituzionalità della norma denunciata, che comporta il riconoscimento della manifesta infondatezza del prospettato contrasto e il diniego di accesso alla Corte costituzionale, va effettuata in via autonoma e non dipende dalla correttezza o meno del ragionamento svolto dalla sentenza impugnata, ma postula un riesame dei termini di attendibilità della proposta questione in sè e per sè” (Cass., 1 sez., s. n. 2714 del 1977; Cass., 3 sez. s. n. 3381 del 1980).

21.3. In sintesi, la questione di legittimità costituzionale, dovendo essere esaminata in via solo incidentale, non può essere proposta o rilevata in via autonoma, ma solo quando attenga alla norma giuridica della cui interpretazione o applicazione si discuta e, ovviamente, può essere delibata dal giudice di legittimità indipendentemente dalla motivazione esibita dal giudice del merito che l’abbia già dichiarata manifestamente infondata.

22. In conclusione, il ricorso deve essere respinto e le spese di questa, in favore delle due parti controricorrenti, unitamente al riconosciuto raddoppio del contributo unificato in favore dell’Erario, poste a carico della società soccombente e liquidate come da dispositivo.

PQM

Respinge il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase che liquida, in favore di ciascuno dei resistenti, in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2017

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