Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2230 del 30/01/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2230 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 30224-2010 proposto da:
FERRARI IVAN FRRVNI53T11B328R, quale titolare della Ditta Bar
Giglio di Ivan Ferrari, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
GIULIO CESARE 118, presso lo studio dell’avvocato POLINARI
GIANFRANCO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al
ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– con troricorrente –

Data pubblicazione: 30/01/2013

avverso la decisione n. 1406/2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA CENTRALE di BOLOGNA DEL 20/10/2010,
depositata il 10/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

è presente il RG. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
«il sig. Ivan Ferrari ricorre contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza
con cui la Commissione Tributaria Centrale ha respinto il ricorso proposto dal contribuente
avverso la sentenza di secondo grado che aveva determinato in 5 milioni di lire (applicando il
beneficio della continuazione ex art. 8 1, 4/29) la sanzione dovuta dal contribuente per la
mancata emissione di 314 scontrini fiscali.
Il ricorso si fonda su due motivi.
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’articolo 5 D.M. L9,1931 (laddove dispone
che “può essere consentito l’abbandono totale delle pene pecuniarie … quando le violazioni
si riferiscono a casi dubbi di applicazione di tributi e, come tali, riconosciuti
dall’Amministrazione centrale”), in relazione alla circolare ministeriale n. 74 del 6.7.83
(laddove questa, secondo il ricorrente subordinerebbe la determinazione della sanzione alla
condotta pregressa del contribuente e della gravità del danno derivato dalla trasgressione).
Col secondo motivo si denuncia la violazione degli articoli 8 1. 4/29 e I D.M. 1.9.1931,
laddove prevedono, rispettivamente, l’istituto della continuazione e la possibilità di ulteriore
riduzione della sanzione ove si tratti di irregolarità di forma.
Entrambi i motivi concernono questioni (il primo, la questione della sussistenza di dubbi sulla
applicazione del tributo, la questione della condotta pregressa del trasgressore e la questione
della gravità def danno da lui prodotto nonché, il secondo, la questione della natura, formale o
sostanziale, delle trasgressioni per cui è causa) non trattate nella sentenza gravata. Quest’ultima,
infatti, non riporta tali questioni tra i motivi del ricorso del contribuente e fonda la propria
decisione solo sulla affermazione della irrilevanza della istanza di condono ex art. 8 d.l.83/9 l
proposta dal contribuente stesso dopo la sentenza di secondo grado, argomentando sulla
inapplicabilità di detto condono alla mancata emissione di scontrini fiscali.
Ciò posto, si rileva che nel ricorso per cassazione il contribuente non indica di aver dedotto le
suddette questioni davanti alla Commissione Tributaria Centrale come mezzo di gravarne
della sentenza di secondo grado, né, tanto meno, riporta per sunto o trascrizione i relativi
passi dei suoi atti difensivi di merito; dal che discende l’inammissibilità dei ricorso per

Ric. 2010 n. 30224 sez. MT – uci. 19-12-2012
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COSENTINO;

violazione del principio di autosufficienza e in tal senso si propone al Collegio di decidere.>›;

che l’Agenzia delle entrate è costituita con controricorso;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti
costituite;
che non sono state depositate memorie difensive.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio,

che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va dichiarato
inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a
rifondere alla Agenzia delle entrate le spese del giudizio di cassazione, che
liquida in C 2.000 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma il 19 dicembre 2012.

condivide le argomentazioni esposte nella relazione;

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