Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2230 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. lav., 25/01/2019, (ud. 22/11/2018, dep. 25/01/2019), n.2230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12201/2017 proposto da:

R.A., domiciliato in ROMA presso LA CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FILIPPO BENNARDO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’Avvocatura

Centraledell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO;

RESAIS RISANAMENTO E SVILUPPO ATTIVITA’ INDUSTRIALI SICILIANE S.P.A.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LORIS LUCA MANTIA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 368/2016 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, pubblicata il 02/11/2016 r.g.n. 13/2015.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’appello di Caltanissetta con sentenza del 2 novembre 2016 ha respinto l’appello proposto da R.A. nei confronti di R.E.S.A.I.S – Risanamento e Sviluppo Attività Industriali Siciliane s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Caltanissetta, con la quale era stata rigettata la domanda del medesimo, ex dipendente dell’Italkali s.p.a. e beneficiario di una indennità di prepensionamento ai sensi della L.R. Siciliana n. 42 del 1975, art. 6, tesa ad ottenere l’accertamento dell’obbligo della R.E.S.A.I.S. s.p.a., a versare all’INPS i contributi previdenziali sulla quota dell’indennità di prepensionamento incrementata a seguito della transazione stipulata tra RESAIS s.p.a. e B., facendo seguito all’accordo regionale ed a quello integrativo rispettivamente del 5 novembre 1997 e dell’8 marzo 2000;

la sentenza impugnata, mutando i propri precedenti specifici, ritenuta l’interruzione del termine quinquennale di prescrizione dell’obbligazione contributiva volontaria accollata da Resais s.p.a. in favore degli interessati, ha ritenuto il diritto estinto per effetto della sottoscrizione del verbale di conciliazione presso l’Ufficio provinciale del lavoro di Enna del 6 marzo 2007 in atti;

R.A. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su quattro motivi illustrato da memoria;

RESAIS s.p.a. ha depositato contro ricorso; anche l’INPS resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L.R. Siciliana n. 42 del 1975 e succ. mod. ed integr., della L. n. 214 del 1982, L. n. 105 del 1991, L. n. 222 del 2005, L. n. 47 del 1983, D.P.R. n. 1432 del 1971 e artt. 11 e 12disp. gen.;

con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2114,2115 e 2116 c.c.;

con il terzo motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2113 c.c.;

con il quarto motivo, prospettato in via ipotetica e non reale in considerazione dell’esito diverso dal reale auspicato dall’appellante, denuncia la violazione e o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., posto che le spese avrebbero dovuto, in caso di esito vittorioso dell’appello, essere poste a carico di Resais s.p.a.;

in sostanza, con i primi tre motivi la sentenza è censurata: a) per aver attribuito effettiva natura volontaria alla contribuzione prevista dalla L.R. Siciliana n. 42 del 1975, art. 6, che invece costituisce obbligazione derivante dalla legge in quanto forma di diritto previdenziale dell’emergenza, affiancata al prepensionamento, alla cassa integrazione ed all’indennità di disoccupazione, in favore dei lavoratori del settore minerario siciliano; b) per aver attribuito natura retributiva anzichè assistenziale all’indennità di prepensionamento percepita dal R.; c) in relazione all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la contribuzione volontaria avrebbe formato oggetto di conciliazione innanzi all’ufficio provinciale del lavoro;

i motivi, tutti connessi per l’unicità del tema e quindi da trattarsi in modo unitario, in conformità con i precedenti di questa Corte nn. 20016 del 2017; n. 23413 del 2017; n. 24350 del 2017, con i quali sono state disattese le ragioni di Resais s.p.a., sono fondati;

la questione si inserisce nel più ampio contesto delle norme regionali siciliane (L.R. n. 42 del 1975, L.R. n. 23 del 1991, L.R. n. 8 del 1995, L.R. n. 5 del 1999) approntate per la tutela dei lavoratori nel settore minerario, dopo la soppressione dell’Ente minerario siciliano e di numerose società ad esso collegate, secondo le quali per i dipendenti in esubero in possesso di determinati requisiti di età o contributivi venne disposto il licenziamento con diritto alla corresponsione, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, di un’indennità mensile per quattordici mensilità, pari all’80 per cento dell’ultima retribuzione percepita;

ai sensi della L.R. n. 42 del 1975, art. 6, comma 4, rimasero “altresì a carico della regione gli oneri per l’assistenza sanitaria e per la contribuzione volontaria da parte degli interessati a fini pensionistici, nella misura massima consentita. La predetta indennità sarà rivalutata sulla base degli indici di contingenza riferiti alla misura dell’indennità stessa come sopra calcolata ovvero a meccanismi di adeguamento salariale al costo della vita che venissero stabiliti in sede nazionale in sostituzione di quelli vigenti”;

dunque, la stessa formulazione della norma cardine del peculiare sistema di tutela riconosciuto a questa categoria di lavoratori esprime in modo evidente che l’assunzione dell’obbligo contributivo da parte dell’Assessorato, a cui è oggi subentrata la Resais s.p.a. per effetto della L.R. n. 4 del 2003, si struttura come ulteriore e distinta obbligazione rispetto alla corresponsione dell’indennità di prepensionamento e che non si confonde in essa;

i profili dibattuti tra le parti e qui ancora rilevanti perchè posti a base dei motivi di ricorso sono essenzialmente due: a) l’inclusione nell’oggetto delle transazioni stipulate del diritto ad ottenere la regolarizzazione contributiva sulla quota di adeguamento dell’indennità di prepensionamento percepita dal R., che pure ha costituito oggetto della transazione; b) la eventuale illegittimità della rinunzia alla contribuzione dipendente dalla natura obbligatoria e non volontaria della stessa;

il primo profilo assume carattere preliminare, non solo dal punto di vista logico e giuridico, ma anche perchè la sentenza impugnata si fonda innanzi tutto sulla interpretazione dell’accordo transattivo e la questione della natura giuridica della contribuzione che assume rilievo solo eventuale è stata affrontata dalla Corte territoriale in quanto devoluta nel giudizio d’appello e solo a sostegno della prima ragione di decisione;

in materia di criteri interpretativi dell’atto di conciliazione, di indubbia natura negoziale, questa Corte di cassazione ha costantemente ritenuto (vd. da ultimo Cass. 11751/2015), che a norma degli artt. 1362 c.c. e segg., tale interpretazione si debba fondare principalmente sul significato desumibile dal tenore letterale del negozio, sia pure letto in connessione tra le varie parti dello stesso, mentre gli ulteriori canoni legali sulla interpretazione del contratti e quelli di interpretazione intervengono in caso che dall’applicazione di quello principale residui un dubbio;

la Corte territoriale ha valutato che il tenore letterale dell’accordo in questione fosse chiaro nell’indicare come oggetto della rinuncia, in modo lato, qualsiasi diritto derivante dal pregresso rapporto di lavoro ivi compresi quelli contributivi, ritenendo pertanto che l’atto transattivo riguardi anche la materia dei connessi oneri previdenziali in quanto vi è “rinuncia… a qualsivoglia pretesa vantata o potuta vantare… che abbia titolo, anche indirettamente, nel rapporto di lavoro pregresso, nelle disposizioni della legislazione regionale in materia di trattamenti assistenziali e negli accordi collettivi per il personale”;

è evidente che proprio dal contenuto della motivazione adottata si evince che il giudice d’appello abbia considerato il solo dato testuale, attribuendogli ampia valenza significante, e facondo dipendere l’esito di tale operazione dal riconoscimento della natura volontaria, ritenuta per ciò solo implicitamente disponibile attraverso negozio abdicativo, della contribuzione dovuta da Resais s.p.a. per effetto di una sorta di accollo ex lege;

per questa via non si è neppure ritenuta rilevante la incidenza della posteriorità rispetto al primo atto abdicativo della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 268, sulla base di calcolo della contribuzione, considerando già acquisito al patrimonio del lavoratore il diritto oggetto di abdicazione;

la motivazione addotta dalla sentenza impugnata è errata in quanto, a prescindere dai criteri utilizzati per interpretare l’accordo che non sono stati neppure censurati dal ricorrente, la stessa è inficiata da errore di diritto derivante dalla mancata considerazione della peculiare regolamentazione degli aspetti previdenziali relativi alla fuoriuscita occupazionale del personale cessato dal servizio presso le miniere siciliane introdotta dalla L.R. Siciliana n. 42 del 1975, art. 6, il cui sistema di finanziamento fu posto a totale carico dell’Assessorato al lavoro della regione Sicilia all’uopo autorizzato a stipulare convenzione con l’Inps (L.R. Siciliana n. 42 del 1975, art. 15);

è evidente che la forma di prosecuzione volontaria della contribuzione di cui alla L.R. Siciliana n. 42 del 1975, per il meccanismo obbligato di applicazione alle posizioni contributive di ciascun lavoratore interessato dalla cessazione forzata dell’attività mineraria e per i contenuti specifici relativi al metodo di finanziamento posto a carico di un soggetto pubblico regionale in via esclusiva, diverge notevolmente dallo schema generale al cui interno si colloca l’ordinario istituto della prosecuzione volontaria dell’assicurazione obbligatoria (disciplinata dal D.P.R. n. 1432 del 1971, cui ha fatto seguito la L. n. 47 del 1983 ed il capo 3^ del D.Lgs. n. 184 del 1997, che ha disposto una armonizzazione della materia), posto che questa è normalmente legata ad una specifica autorizzazione rilasciata dall’Ente previdenziale a chi si trova in possesso dei requisiti richiesti ed è sul richiedente che ricade l’onere della contribuzione;

la fattispecie in esame realizza nella sostanza, anche se attraverso il rinvio operativo allo schema della prosecuzione volontaria propria del sistema generale, una ipotesi del tutto peculiare di assunzione pubblica dell’onere contributivo previdenziale scaturente dalla scelta di dismettere l’attività mineraria da parte della regione siciliana e ciò in ragione: a) dell’art. 14 del testo dello Statuto Siciliano che riconosce una competenza legislativa esclusiva della Regione entro i limiti territoriali della Sicilia in un serie di materie, tra cui lo stato giuridico ed economico del personale regionale, che in ogni caso non può essere “inferiore a quello previsto per i dipendenti dello Stato”, nel rispetto delle leggi costituzionali e delle riforme agrarie ed industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano; b) dell’art. 17 dello stesso Statuto, entro il limite dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, e per soddisfare condizioni particolari ed interessi propri della Regione, fruisce di una competenza legislativa concorrente, fra l’altro, in materia di “legislazione sociale: rapporti di lavoro, previdenza ed assistenza sociale”, con l’ulteriore limite del rispetto dei “minimi stabiliti da leggi dello Stato”;

la natura di obbligazione di diritto pubblico di carattere previdenziale totalmente generata dalla legge rende il diritto del lavoratore interno al complesso dei diritti previdenziali riconosciuti al medesimo e tutelati dall’art. 38 Cost., per loro natura distinti da quelli retributivi, direttamente o indirettamente, correlati al rapporto di lavoro, e ciò comporta, inevitabilmente, che non possa farsi rientrare la medesima obbligazione, in sè considerata, nell’ambito del patrimonio personale dell’ex lavoratore che dunque non può certo disporne con atti transattivi di alcun genere;

invero, la sentenza impugnata non ha neppure considerato che per la giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. n. 6221 del 2009; Cass. n. 2483 del 1971) gli atti di disposizione, ai quali si applica la disciplina dell’art. 2113 c.c., debbono attenere alle mere conseguenze patrimoniali del mancato o irregolare versamento dei contributi e non già all’obbligo in sè considerato gravante sul soggetto obbligato a corrispondere i contributi all’INPS, perchè quest’obbligo non può mai venir meno per effetto di pattuizioni intercorse tra il soggetto obbligato al versamento della contribuzione ed il lavoratore, essendo queste espressamente travolte dalla nullità ex art. 2115 c.c., ed inoperanti nei confronti dell’ente previdenziale;

la sentenza impugnata, contravvenendo ai principi sin qui esposti, va dunque cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Palermo che esaminerà la domanda proposta da R.A. alla luce delle superiori considerazioni secondo le quali l’atto transattivo stipulato presso l’Ufficio provinciale del lavoro di Enna, tra lo stesso lavoratore e Resais s.p.a., non ha comportato l’estinzione del diritto ad ottenere che la base di calcolo dei contributi dovuti dalla Regione Siciliana, ora Resais s.p.a., per la prosecuzione volontaria dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, vecchiaia e superstiti venga determinata dall’importo dell’indennità mensile effettivamente liquidata allo stesso ricorrente;

allo stesso giudice del rinvio è pure demandato di regolare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo che regolerà le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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