Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22297 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 15/10/2020), n.22297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7797-2019 proposto da:

T.MANDATORICCIO A., elettivamente domiciliata in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 86, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

CANDIANO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ANAS SPA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MONZAMBANO 10, presso lo studio

dell’avvocato VALERIA GRAZIOSI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CLEMENTE GIGLIO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il

07/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

SCALIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. T.Mandatoriccio A. ricorre in cassazione con due motivi, illustrati da memoria, avverso l’ordinanza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Catanzaro, decidendo ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c. e ss., ha dichiarato inammissibile l’opposizione alla stima proposta nei confronti di Anas S.p.A. ed avverso il decreto di esproprio in data (OMISSIS) prot. n. (OMISSIS) dei terreni, siti nel Comune di Mandatoriccio (CS), per la realizzazione di interventi di messa in sicurezza della S.S. Jonica, nella parte sulla determinazione della correlata indennità per ottenere il riconoscimento di ulteriori importi. La corte territoriale ha ritenuto, in sintesi, dopo l’ammissione e l’espletamento di una consulenza tecnica di ufficio, che l’intervenuta accettazione dell’indennità provvisoria – questione preliminare fatta chiara, sin dall’inizio, dagli atti di parte – avesse precluso alla ricorrente l’ammissibilità dell’opposizione alla stima ed il diritto ad una maggiore indennità.

2. Con il primo motivo la ricorrente fa valere l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti integrato dalle dedotte due diverse determinazioni dell’indennità provvisoria di esproprio e del rapporto tra le medesime. Come dedotto in ricorso:

a) erano intervenute infatti due determinazioni di quantificazione delle indennità provvisorie di esproprio, la prima del 28 gennaio 2014, allegata agli atti del giudizio di merito alla dichiarazione di accettazione del 12 febbraio 2014 e dell’importo di Euro 1.107.495,83, e la seconda, del 12 giugno 2014, di Euro 775.051,88, accettata il 16 giugno 2014;

b) la seconda determina aveva riconosciuto un importo inferiore per avere stralciato dalla proprietà alcune particelle che risultavano interessate da limitazioni edilizie o diminuite nel loro valore commerciale in conseguenza della realizzazione dell’opera pubblica;

e:) vi era stato pertanto da parte dell’espropriante un momentaneo accantonamento di talune aree in attesa della verifica dei danni determinati dall’effettiva incidenza della realizzazione dell’opera sulla loro destinazione ed utilizzabilità;

d) con la proposta domanda si era richiesto alla corte di merito di determinare il deprezzamento risentito da altre porzioni della proprietà, diverse da quelle indennizzate, all’esito della verifica di ulteriori vicende edilizio-urbanistiche;

e) l’espropriata aveva pertanto sì direttamente accettato la minore somma ma salva “la verifica finale sulla consistenza ed effettività dell’incidenza delle limitazioni legali nell’esecuzione dell’opera” (p. 10 ricorso, doc. 10-bis cit.), in tal modo non esprimendo una riserva sulla stima effettuata per le aree contemplate dal provvedimento dell’Anas, ma riferendosi a quella parte di indennità da determinarsi “in un momento successivo al frazionamento delle aree e, soprattutto, al posizionamento effettivo e concreto dell’opera, cioè al definitivo tracciato della strada” (p. 10 ricorso), come confermato dai quadri analitici formati dall’Anas in relazione alle due determine in cui erano riportati, rispettivamente, nel primo 26 e nel secondo 16 voci;

f) se la corte territoriale avesse adeguatamente valutato le emergenze fattuali avrebbe verificato il carattere ingiustificato del pagamento dell’acconto di Euro 200.096,00 effettuato in data 18 marzo 2014, e quindi prima della determina dell’indennità provvisoria del 12 giugno 2014, ed il carattere inverosimile ed illogico del rapporto percentuale tra acconto e saldo della seconda indennità e della condotta del privato che avrebbe accettato una somma minore di quella in precedenza già concordata ed in parte versata, in ragione, anche, del riconoscimento effettuato nella espletata c.t.u. per la causale di domanda di una ulteriore somma di Euro 190.445,00.

3. Il motivo è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

La ricorrente deduce un vizio di motivazione nei termini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, facendo valere una omessa ricostruzione del fatto controverso: la corte territoriale non avrebbe tenuto conto che la proposta dell’indennità provvisoria adottata dall’Anas con determina del 12 giugno 2014 ed accettata dall’espropriata il 16 giugno 2014 sarebbe stata parziale in quanto relativa a talune, e non tutte, le aree espropriate e che la prima avrebbe dovuto leggersi insieme alla precedente e più ampia proposta del 28 gennaio 2014 il cui maggiore importo sarebbe stato riconosciuto al privato previa verifica della incidenza dell’opera pubblica su quella parte del terreno espropriato che era stato solo momentaneamente stralciato.

Il fatto così ricostruito nei rapporti tra prima e seconda determina di esproprio non riesce a dare conto del diverso, rispetto a quello ritenuto dalla corte di appello di Catanzaro, suo svolgimento.

La natura parziale del secondo accordo sulla indennità di esproprio oggetto della determina del 12 giugno 2014, accettata dall’espropriata il 16 giugno 2014, resta affidata ad elementi fattuali privi del carattere della decisività, ponendosi, pertanto, nel suo complesso, come meramente alternativa a quella ritenuta dalla corte di appello. Tanto è destinato a valere: a) quanto alla dedotta natura parziale, per la locuzione contenuta nella determina del giugno 2014, della indennità provvisoria là dove si fa salva “la verifica finale sulla consistenza ed effettività dell’incidenza delle limitazioni legali nell’esecuzione dell’opera” (p. 10 ricorso), che si vorrebbe, in ricorso, indicativa del fatto che una parte della indennità sarebbe stata determinata in un momento successivo ed in esito, si aggiunge nell’atto difensivo, al “frazionamento delle aree” ed al “posizionamento effettivo e concreto dell’opera, cioè al definitivo tracciato della strada” (p. 10 ricorso); b) quanto al richiamo contenuto nel decreto di esproprio alla determinazione precedente del 28 gennaio 2014; e) quanto al pagamento dell’acconto in epoca precedente alla fissazione dell’importo finale; d) quanto al rapporto percentuale tra acconto corrisposto e saldo finale; e) quanto alla dedotta inverosimiglianza dell’acccttazione da parte del privato espropriato di un importo inferiore a quello inizialmente proposto; f) quanto agli esiti della disposta c.t.u. che aveva riconosciuto una indennità di oltre 190 mila Euro per il deprezzamento delle aree stralciate. Le articolate deduzioni sconfinano in valutazioni di merito non consentite in sede di legittimità (ex multis: Cass. SU n. 34476 del 27/12/2019) che, alternative alla ricostruzione operata dalla corte territoriale, non vincono dell’impugnata ordinanza il rilievo ivi contenuto circa la imtualità, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29 – il quale fissa il termine di opposizione dalla notifica del decreto di esproprio – di una opposizione ad un decreto ablativo che non contenga l’indicazione di alcuna indennità.

La corte territoriale rileva infatti che il decreto del 28 gennaio 2014, poi evoluto in quello del 12 giugno 2014 previo stralcio di talune particelle ablate, da solo atto dell’accettazione di una indennità offerta al privato espropriato che in tal modo beneficia di una determinazione non contenziosa dell’indennità non preceduta da una quantificazione amministrativa provvisoria, nel carattere preclusivo che una siffatta accettazione assolve rispetto al diritto a maggiori importi da conseguirsi in via giudiziaria, non trovando una siffatta ipotesi corrispondenza nel paradigma di legge.

Sulla indicata premessa i giudici di appello concludono quindi nel senso della impossibilità per il privato di ricevere una indennità di esproprio in misura parziale, o soggetta a riserva, ma solo un pagamento più contenuto su di un più consistente importo che sia esito di accordo intervenuto tra le parti.

Il pagamento diretto, nella fattispecie intervenuto, non mediato dal deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti di somme non accettate dall’ablato, viene inteso come dimostrativo dell’esaurimento della procedura e come tale non più contestabile in sede giudiziaria.

Gli indicati passaggi motivazionali che, forti tengono l’ordito dello svolto ragionamento, individuano la ratìo deriderla dell’impugnato provvedimento con cui non si trova a dialogare la deduzione difensiva che nella sua non concludenza offre, come tale, una ulteriore ragione di inammissibilità del proposto motivo.

3. Con il secondo motivo la ricorrente fa valere la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 20 e 33).

Il pagamento parziale non sarebbe intervenuto ai sensi dell’art. 20, comma 6, T.U. espropri a seguito della condivisione dell’indennità provvisoria ed a fronte della immissione in possesso poichè tanto si era già verificato il 28 dicembre 2012.

Sarebbe stato violato anche l’art. 33 cit. perchè l’impugnata decisione non avrebbe consentito all’espropriata di ottenere il giusto ristoro per il pregiudizio sofferto alla parte residua della proprietà consistente in una lottizzazione finalizzata alla realizzazione delle opere di urbanizzazione.

3.1. Il motivo è inammissibile perchè sconta un vizio di sussunzione là dove nella premessa la ricorrente contesta la ricostruzione della vicenda fattuale operata nella impugnata ordinanza.

Vale in tal senso il principio, costante nelle affermazioni di questa Corte di cassazione, per il quale “in tema di ricorso per cassatone, la deduzione del vizio di violatone di legge consistente nella erronea neon durone del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (ed. vizio di sussuntone) postula che l’accertamento infatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicchè è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruitone del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito” (Cass. n. 6035 del 13/03/2018; vd. anche Cass. n. 18715 del 23/09/2016).

3.2. Resta poi ferma l’inammissibilità da manifesta infondatezza del motivo.

Là dove vi sia una determinazione consensuale dell’indennità di espropriazione, l’espropriato è in facoltà di scegliere tra l’accettazione dell’indennità offerta e la contestazione giudiziaria della stessa, restandogli invece precluso d’invocare il pagamento dell’acconto e nel contempo di rifiutare o contestare l’indennizzo offerto dall’espropriante, nella incompatibilità di siffatta facoltà con l’opzione esercitata a cui si accompagna, necessariamente, l’accettazione dell’importo offerto dall’espropriante e l’automatica definizione del subprocedimento, avviato con la notificazione dell’offerta e la preclusione alla formulazione di eventuali contestazioni o dell’espressa riserva di agire successivamente per la determinazione dell’indennità.

3.3. L’accettazione dell’indennità offerta dall’espropriante non tollera l’apposizione di termini o condizioni, intrinsecamente incompatibili non solo con la portata vincolante dell’accordo nei rapporti tra l’espropriante e l’espropriato, sia pure condizionatamente all’emissione del decreto di espropriazione, ma anche con la finalità pubblicistica della sollecita conclusione del procedimento ablatorio (Cass. n. 27303 del 26/10/2018).

La mancata accettazione di una stima provvisoria integra infatti il presupposto il giudizio di determinazione dell’indennità di espropriazione e di occupazione d’urgenza (Cass. n. 1567 del 21/01/2009), principio che, correttamente applicato dalla corte di merito con l’impugnata ordinanza, espone il motivo ad una ulteriore ragione di inammissibilità nel mancato confronto del mezzo proposto con l’indicata ratio, applicativa della giurisprudenza di legittimità.

4. Il ricorso è conclusivamente inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto (ex Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere ad ANAS S.p.A. le spese di lite che liquida in Euro 3.500,00 per compensi ed Euro 100,00 per esborsi, spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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