Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22294 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 15/10/2020), n.22294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1532-2019 proposto da:

K.T., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARIAGRAZIA STIGLIANO;

– ricorrente-

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositato il 13/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

K.T., senegalese, ricorre per cassazione con due motivi contro il decreto del tribunale di Bari, che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, 7,14,16 e 17, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 10, T.U. immigrazione, artt. 5 e 6, e art. 10 Cost., in relazione al rigetto della domanda di protezione sussidiaria e umanitaria;

il motivo, nel quale il ricorrente promiscuamente svolge considerazioni in punto di valutazione di credibilità e di asserita sussistenza dei presupposti delle invocate forme di protezione, è inammissibile per la ragione che segue;

il tribunale, dopo aver motivatamente indicato le ragioni per le quali il racconto del richiedente non poteva considerarsi credibile, ha dato conto anche dell’inesistenza nella zona di provenienza del medesimo di situazioni di violenza indiscriminata da conflitto armato;

tale valutazione è assorbente e, munita dei riferimenti alle fonti di prova, integra un accertamento di fatto insindacabile in cassazione;

seppure mentovata in rubrica, nessuna pertinente censura è prospettata, nell’indicato primo mezzo, con riferimento alla protezione umanitaria;

col secondo motivo il ricorrente denunzia il vizio di motivazione e la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, del T.U. immigrazione, artt. 5 e 19, art. 8 CEDU, sostenendo che il tribunale non abbia illustrato le ragioni del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, nè tenuto conto del pieno inserimento del richiedente in Italia e del pregiudizio in caso di rientro nel paese di provenienza;

il motivo è inammissibile per genericità;

il tribunale anche in tal caso ha dato conto della valutazione spesa a proposito dell’inesistenza dei presupposti della protezione umanitaria secondo la versione discendente dal testo normativo pro tempore vigente;

in particolare ha sottolineato che nessuna concreta spiegazione era stata fornita in ordine allo stato di persona vulnerabile, quanto alla patita lesione di diritti fondamentali nell’intero paese di provenienza, nè in ordine alla eventuale connessione esistente con il transito per il territorio libico, siccome potenzialmente incidente sulla sua condizione personale; ha quindi osservato che l’unico elemento a sostegno della domanda era stato riferimento all’integrazione lavorativa in Italia, elemento di per sè non sufficiente a ravvisare il fondamento dell’istituto;

a fronte di tale motivazione il ricorrente si è limitato a elencare i principi giurisprudenziali affermati dalla giurisprudenza in materia, senza tuttavia specificare in qual modo e in qual senso se ne dovrebbe ricavare l’erroneità in diritto della decisione impugnata; per converso nessun fatto storico risulta specificato in vista dell’apprezzamento del vizio di motivazione, anche in tal caso dedotto in modo assolutamente generico (v. Cass. Sez. U n. 8053-14).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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