Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2229 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2022, (ud. 13/01/2022, dep. 25/01/2022), n.2229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2082/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato e

presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei Portoghesi n.

12;

– ricorrente –

contro

Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Alberto

Mammola del foro di Roma, giusta procura speciale in calce al

presente atto, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in

Roma, viale Giulio Cesare, n. 2;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 3574/1/2014, depositata il 29 maggio 2014;

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 13 gennaio

2022 dal consigliere D’Orazio Luigi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Commissione tributaria regionale del Lazio, per quel che ancora qui rileva, rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma (n. 12732/2013), che aveva accolto in parte le doglianze della società contribuente Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., segnatamente con riferimento agli oneri diversi e di gestione e utilizzo del fondo rischi garanzie finanziarie, per l’anno 2004. Nell’atto di appello l’Agenzia evidenziava, in ordine all’utilizzo del fondo rischi garanzie finanziarie, che l’importo di Euro 9.160.700,22 era generato da un’operazione di customer financing, attuata nel 2003; si trattava di un credito detenuto da Ericsson Credit nei confronti di Is-Tim, garantito da Ericsson Telecomunicazioni, ceduto alla Deutsche Bank; quindi v’era stato lo svincolo della garanzia rilasciata, con conseguente eliminazione del rischio in capo alla Ericsson Telecomunicazioni e conseguentemente il fondo rischi per garanzie finanziarie risultava utilizzato per Euro 9.160.700,22. Per l’Agenzia delle entrate, tale costo non presentava il requisito della deducibilità, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, commi 4 e 5, per la mancanza di inerenza. Nella motivazione della sentenza si evidenziava che, alla fine del secondo semestre del 2004, poiché l’insoluto di Is-Tim nei confronti di Ericsson Credit, società finanziaria del gruppo Ericsson, garantito dalla contribuente Ericsson Telecomunicazioni, era rimasto invariato, quest’ultima aveva acconsentito a che il credito di Ericsson Credit venisse acquistato da parte della Deutsche Bank, a fronte del pagamento di una Commissione pari all’8% del credito, corrispondente a circa 9.000.000 di Euro, che venne posta a carico della società contribuente Ericsson Telecomunicazioni. La fattispecie veniva qualificata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 5, sussistendo, peraltro, i requisiti della certezza e precisione con riferimento alla perdita per effetto della cessione pro soluto dei crediti.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, depositando memoria scritta.

3. Resiste con controricorso la Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. (TEI), depositando anche memoria scritta.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce la “violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 5, e art. 109, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. La deducibilità dell’importo di Euro 9.160.700,22 era sorta da un’operazione di customer financing attuata nel 2003; infatti, la Ericsson telecomunicazioni s.p.a., nel 2000, aveva stipulato un contratto con l’operatore turco Is-Tim per la fornitura di una rete GSM in Turchia; tale contratto era stato realizzato in parte direttamente, ed in parte tramite una società controllata turca, la Ericsson Iletisim AS, posseduta al 99,6% dalla società contribuente; al termine del 2002, l’insoluto del cliente turco aveva raggiunto un importo considerevole, sicché entrambe le società avevano provveduto ad effettuare accantonamenti al fondo rischi su crediti. Il bilancio della Ericsson Iletisim presentava una consistente perdita, a fronte della quale la Ericsson Telecomunicazioni aveva provveduto ad effettuare accantonamenti ad un fondo destinato alla copertura della perdita, qualora realizzata, ammontante nel 2002 a circa 31.000.000 di Euro. E’ stata quindi posta in essere un’operazione di customer financing, della durata di un anno, tramite la Ericsson Credit, società consociata facente parte del gruppo internazionale Ericsson; la Ericsson Telecomunicazioni ha rilasciato una garanzia a favore della Ericsson Credit a fronte di un eventuale insolvenza del cliente; con tale operazione non era variato il rischio di insolvenza del cliente turco, mutando solo la natura dello stesso, da rischio di crediti a rischio di garanzia. E’ stata poi completata la fusione tra il gestore mobile turco IS Tim e l’operatore statale di telefonia fissa Turk Telecom; sarebbe dunque migliorato il grado di solvibilità del credito detenuto da Ericsson Credit; nel corso dell’anno 2004, il credito detenuto da Ericsson Credit, e garantito da Ericsson Telecomunicazioni, è stato ceduto, pro soluto, alla Deutsche Bank e contestualmente v’e’ stato lo svincolo della fideiussione rilasciata, con conseguente eliminazione del rischio in capo alla Ericsson Telecomunicazioni; tutto ciò a fronte del pagamento da parte di Ericsson Telecomunicazioni di una commissione pari all’8%, di circa Euro 9.200.000,00, corrispondente esattamente al costo sostenuto dalla Ericsson Credit per la cessione del credito alla Deutsche Bank; in realtà, però, per l’Agenzia delle entrate, a seguito della fusione tra Is Tim e l’operatore statale di telefonia fissa Turk Telecom, il rischio di inesigibilità del credito vantato da Ericsson Credit si era notevolmente ridotto; inoltre, la cessione del credito, con la formula pro soluto, era stata effettuata da parte di Ericsson Credit e non da Ericsson Telecomunicazioni; solo la Ericsson Credit avrebbe potuto dedurre i costi derivanti dall’operazione di cessione del credito, in quanto erano inerenti alla propria attività; inoltre, la cessione del credito da parte di Ericsson Credit rientrava nelle scelte imprenditoriali di quest’ultima, che avrebbe anche potuto decidere di attendere di incassare direttamente il credito dalla società turca; in tale circostanza la garanzia si sarebbe naturalmente svincolata al momento del pagamento e la Ericsson Telecomunicazioni non avrebbe sostenuto alcun onere; non si comprendeva, quindi, perché la società contribuente dovesse farsi totalmente carico di un onere dipendente da una operazione totalmente indipendente dall’operazione di finanziamento per il quale la garanzia fideiussoria era stata prestata. Di qui la mancanza di inerenza dell’onere sopportato. Non vi erano, comunque, i presupposti di certezza e precisione per la deducibilità delle perdite su crediti, in quanto il soggetto debitore, il cliente turco Is Tim, aveva effettuato un’operazione di fusione, tra gli altri, con l’operatore statale di telefonia fissa, migliorando il proprio grado di solvibilità. Pertanto, i costi derivanti dall’operazione di cessione del credito erano deducibili unicamente da Ericsson Credit; la cessione del credito pro soluto aveva costituito una libera scelta imprenditoriale di Ericsson Credit ed era, comunque, un’operazione del tutto indipendente rispetto alla prestazione della garanzia fideiussoria da parte di Ericsson Telecomunicazioni. Inoltre, la sentenza impugnata non aveva affrontato l’esame relativo ai benefici conseguibili su altri fronti da parte della società contribuente.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Si riportano in estrema sintesi i fatti di causa; nel giugno del 2001 la Ericsson Telecomunicazioni ha stipulato un contratto con l’operatore turco Is-Tim per la fornitura di una rete GSM in Turchia; il contratto è stato realizzato dalla società contribuente sia direttamente, sia tramite una controllata turca della contribuente, la Ericsson Iletisim, controllata al 98%; al termine dell’esercizio 2002 l’insoluto del cliente turco Is Tim aveva raggiunto la somma di 139.000.000 di dollari USA; pertanto la contribuente Ericsson Telecomunicazioni, a fronte di tale ragguardevole esposizione, aveva provveduto già nel 2002 a stanziare adeguati accantonamenti, sia a titolo di rischi su crediti, sia a titolo di copertura delle perdite della propria controllata. Nel 2003 la Ericsson Telecomunicazioni ha deciso di attuare un’operazione denominata customer financing; infatti, da un lato, vi era l’esigenza di cedere la partecipazione nella controllata Ericsson Iletisim, la cui valutazione era condizionata dai rischi concernenti crediti che quest’ultima vantava nei confronti di Is-Tim; dall’altro, vi era l’esigenza di conseguire liquidità; di qui la richiesta di intervento della Ericsson Credit, società consociata del gruppo Ericsson, la quale ha erogato un finanziamento di 139.000.000 di dollari USA alla IS Tim, in modo che questa disponesse di fondi specifici per poter far fronte ai propri impegni di pagamento dei debiti commerciali nei confronti di Ericsson Telecomunicazioni e della sua controllata Ericsson Iletisim; queste due ultime società, quindi, hanno incassato i crediti nei confronti di Is Tim, ma ovviamente la Ericsson Credit, società del gruppo, ha preteso il rilascio da parte di Ericsson Telecomunicazioni di una garanzia fideiussoria per l’intero ammontare del credito di 139.000.000 di dollari USA, oltre interessi. Con tale operazione, dunque, pur rimanendo immutato il rischio complessivo a carico di Ericsson Telecomunicazioni sulla possibile insolvenza di Is Tim, aveva però consentito un’enorme liquidità in favore della Ericsson Telecomunicazioni, che aveva provveduto al reinvestimento di tali risorse dell’attività di impresa. Inoltre, attraverso tale operazione, è stato possibile cedere la partecipazione detenuta da Ericsson Telecomunicazioni nella controllata Ericsson Iletisim, nel dicembre 2003, attraverso la quale la Ericsson telecomunicazioni ha conseguito una plusvalenza pari a oltre 2.600.000 di Euro. Il rischio di oneri derivanti dalla garanzia fideiussoria rilasciata in favore di Ericsson Credit è stato stimato in complessivi 55.000.000 di Euro, importo così accantonato da Ericsson Telecomunicazioni nel bilancio dell’esercizio 2003 in un apposito fondo. Alla fine del secondo trimestre 2004, nonostante la Is Tim si fosse fusa nel febbraio 2004 con l’operatore statale di telefonia turca Turk Telecom, l’insoluto era rimasto invariato; la Ericsson Telecomunicazioni, quindi, ha deciso di acconsentire alla proposta di acquisto del credito fatta ad Ericsson Credit da parte della Deutsche Bank; la Ericsson Telecomunicazioni ha dato istruzioni ad Ericsson Credit di provvedere a stipulare l’accordo con Deutsche Bank, indicando il limite complessivo posto a carico della Ericsson Telecomunicazioni in 11.000.000 di Euro; la Deutsche Bank ha, quindi, acquistato l’intero credito vantato da Ericsson credit nei confronti di Is Tim pari ad oltre 139.000.000 di dollari USA, a fronte però del pagamento di una commissione pari all’8%, ossia di 9,1 milioni di Euro, importo posto a carico della società contribuente Ericsson Telecomunicazioni; infatti, in adempimento dell’impegno fideiussorio assunto da Ericsson Telecomunicazioni, la Ericsson Credit ha “ribaltato” con fattura a Ericsson Telecomunicazioni l’onere relativo alle commissioni.

2. E’ vero, dunque, che la cessione del credito pro soluto, vantato nei confronti della Is Tim turca, è stata effettuata dalla Ericsson Credit in favore della Deutsche Bank, con il pagamento di una commissione pari all’8% dell’intera somma ceduta, di Euro 139.000.000 di dollari USA, mentre Ericsson Telecomunicazioni, con il pagamento di tale commissione di Euro 9,1 milioni, ha eliminato il proprio obbligo di fideiussione nei confronti di tale credito, ove fosse rimasto inadempiuto da parte di Is Tim turca, tuttavia non può dubitarsi dell’inerenza della somma versata dalla Ericsson Telecomunicazioni, trattandosi di una complessa organizzazione architettata dalla società contribuente, utilizzando varie società del gruppo, e segnatamente la Ericsson Credit, attraverso una operazione denominata customer financing. E’ pacifico che tutte le operazioni sono state realizzate su impulso della contribuente, sia con riferimento all’intervento del customer financing (Ericsson Credit), sia in relazione alla successiva cessione pro soluto del credito. L’interesse economico della intera operazione commerciale e finanziaria riguardava soprattutto la posizione della contribuente Ericsson Telecomunicazioni.

3. Quanto alla cessione del credito pro soluto, si rileva che, per questa Corte, nei pochi precedenti rinvenuti, l’ipotesi della cessione del credito pro soluto “a prezzo vile” rientra tra le “perdite su crediti” (Cass., sez.5, 03/03/2021, n. 5787).

In particolare, con la sentenza n. 13181 del 4 ottobre 2000, questa Corte ha affermato che i crediti possono essere ricompresi nelle immobilizzazioni o nell’attivo circolante. La distinzione tra le due voci si rinviene nell’art. 2424-bis c.c., in base al quale “gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente debbano essere iscritti fra le immobilizzazioni”. Pertanto, nel caso esaminato da quella decisione, trattandosi di crediti verso clienti, gli stessi non potevano rientrare fra le immobilizzazioni finanziarie e dovevano essere iscritti, in uno schema di stato patrimoniale, nell’attivo circolante, generando possibili perdite. Tali perdite non potevano essere confuse con le minusvalenze. Tale ultimo concetto, infatti, riguardava il minor valore di realizzo di beni inseriti nello stato patrimoniale, tra cui potevano essere incluse le svalutazioni di immobilizzazioni finanziarie che non costituivano partecipazioni, rispetto al costo di acquisizione, dedotte le eventuali quote di ammortamento per quanto atteneva i beni materiali strumentali.

Più recentemente questa Corte (Cass., 24/07/2014, n. 16823) ha ripreso tale tema (perdite derivanti da cessione di credito), in ragione dello squilibrio fra il valore nominale dei crediti ceduti ed il corrispettivo pattuito per la cessione. Si è ribadito, quindi, che la cessione pro soluto dei crediti ritenuti inesigibili non dà luogo a minusvalenze patrimoniali deducibili, ma comporta la deducibilità degli stessi solo laddove ricorrono le condizioni di cui al Tuir, art. 101, comma 5. E’ necessario, allora, che le perdite risultino da elementi certi precisi ovvero che il debitore sia stata assoggettata procedure concorsuali, non comportando la cessione pro soluto “comunque” la deducibilità delle perdite, ancorché in assenza di previsione in bilancio di un fondo accantonamento rischi su crediti, la cui esistenza comporta che le perdite sono deducibili soltanto per l’eventuale quota non coperta dall’accantonamento stesso (Cass., 11/11/2000, n. 15563).

Il corrispettivo pattuito per la cessione di un credito non ha in sé alcun rilievo ai fini dell’accertamento dell’esistenza di elementi “certi” e “precisi”, di cui al Tuir, art. 101, comma 5, in quanto è necessario che si dimostri che tale cessione corrisponda ad una effettiva riduzione di valore reale del credito stesso. Pertanto, solo nel caso di assoggettamento del debitore a procedure concorsuali si verifica un automatismo nella deducibilità delle perdite su crediti, proprio per le garanzie che le procedure concorsuali forniscono sul piano della certezza della insolvibilità e della precisione dell’entità delle perdite. Al contrario, in tutti gli altri casi è richiesta la prova dell’esistenza di elementi certi e precisi per la deducibilità delle perdite su crediti.

Ciò significa che ai sensi del Tuir, art. 101, comma 5, con riferimento alle ipotesi di perdite su crediti determinate da cessioni pro soluto, gli elementi di certezza e precisione non riguardano solo la perdita emergente dalla cessione in sé considerata, ma anche gli elementi che, a monte, hanno indotto alla cessione medesima, come dimostrato anche dalla valenza “presuntiva” attribuita nell’ambito della medesima norma all’assoggettamento del debitore a procedura concorsuale (Cass., sez. 5, 20/11/2001, n. 14568, sempre in tema di deducibilità delle perdite derivanti da cessione pro soluto di crediti ritenuti inesigibili; più recentemente Cass., sez. 5, 26/02/2020, n. 5183).

E’ onere, quindi, del contribuente, in caso di cessione di crediti pro soluto, documentare, attraverso elementi certi e precisi, che la perdita risultante dalla cessione sia da intendersi come oggettivamente definitiva.

Del resto, il discrimine tra “perdite su crediti” e “svalutazione di crediti” si correla alla “definitività” del venir meno della posta attiva, nel senso che, alla stregua di un giudizio prognostico, si ha perdita del credito quando esso è divenuto definitivamente inesigibile, mentre si ha svalutazione quando il credito è solo temporaneamente non realizzabile (Cass., sez. 5, 04/05/2018, n. 10686). Le perdite su crediti possono essere dedotte soltanto per la parte eccedente l’ammontare dell’accantonamento dei rischi su crediti nei precedenti esercizi (Cass., sez. 5, 03/04/2019, n. 9237).

Particolarmente chiara e’, poi, la pronuncia di questa Corte (Cass., 06/10/2011, n. 20450), con cui si è rilevato che il corrispettivo per la cessione del credito non ha alcun rilievo ove non si dimostri che esso corrispondeva ad una effettiva riduzione di valore reale del credito stesso, riduzione che, però, non può essere giustificata se non “con una riduzione della garanzia patrimoniale generale” offerta dalla società debitrice in misura tale da rendere impossibile la realizzazione completa del credito in questione. Non ha, del pari, alcun rilievo la circostanza che la cessione fosse o meno riconducibile in se stessa ad una razionale scelta imprenditoriale, l’unico dato rilevante essendo la riduzione del valore reale del credito.

2.1. Resta, peraltro, necessaria la sussistenza del requisito fondamentale della “inerenza”, Tuir ex art. 109, comma 5, che vale per tutte le componenti negative di reddito, siano esse minusvalenze ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 1, siano esse perdite su crediti, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 5 (Cass., sez. 5, 14/01/2015, n. 447).

Si è anche recentemente affermato, da parte di questa Corte che, ai fini della deducibilità della perdita su crediti, quali componenti negativi del reddito di impresa, il contribuente deve fornire la prova circa la loro inerenza all’attività imprenditoriale (Cass., sez. 6-5, 08/04/2019, n. 9784). Infatti, in tale decisione si è evidenziato che anche la dimostrazione, fornita dal contribuente dell’esistenza del credito, fatturato e accertato giudizialmente, e dell’insolvibilità del debitore, persino conclamata dalla dichiarazione di fallimento e dalla nota del curatore attestante la mancanza di riparto per i crediti chirografari, unitamente all’utilizzabilità della perdita di credito per l’anno d’imposta in cui venne pronunziata la dichiarazione di fallimento, non esimono, comunque, il contribuente dal comprovare che la deduzione si riferisse ad una pregressa tassazione del ricavo, poi divenuto inesigibile.

In dottrina si è chiarito che la perdita deve trovare collocazione temporale nel periodo d’imposta in cui diviene efficace l’atto traslativo (cessione del credito) e l’impresa si priva così in tutto o in parte della titolarità del diritto.

Tuttavia, entrambi gli orientamenti, sia quello che utilizza la categoria delle “minusvalenze patrimoniali”, sia quello che ricorre alla categoria delle “perdite su crediti”, convergono poi sulla piena rilevanza del differenziale negativo da cessione pro soluto nel calcolo del reddito dell’impresa cedente. Occorre, quindi, poi, valutare, in entrambe le ipotesi, l’inerenza della componente negativa del reddito all’attività imprenditoriale. Pertanto, sia che la cessione del credito pro soluto sia ricondotta alle minusvalenze patrimoniali di cui al Tuir, art. 101, comma 1, sia se incasellato invece tra le perdite di cui al Tuir, art. 101, comma 5, il differenziale negativo deve confrontarsi con l’ordinario giudizio di inerenza. In tal caso, si sottolinea che l’incongruenza di un onere sulla base del parametro medio dell’imprenditore può costituire un forte indicatore della non inerenza della componente negativa e del suo carattere erogatorio, anziché produttivo. Pertanto, la società che ha effettuato la cessione di credito pro soluto deve essere in grado di rappresentare le ragioni di convenienza economica che hanno determinato l’accettazione di un corrispettivo molto inferiore al valore nominale dei crediti ceduti.

3. Nella specie, dunque, la Commissione regionale, conformandosi alla pronuncia di prime cure, ha riconosciuto la sussistenza del requisito di inerenza, con riferimento al pagamento da parte della Ericsson Telecomunicazioni della somma di Euro 9.160.700,22, erogata per il pagamento della commissione relativa alla cessione del credito pro soluto da parte di Ericsson Credit in favore della Deutsche Bank, con il connesso svincolo della garanzia fideiussoria rilasciata da Ericsson Telecomunicazioni in favore della Ericsson Credit, per il finanziamento concesso alla Is Tim turca per circa 138.000.000 di dollari Usa.

Il giudice d’appello, condividendo “nella sua totalità” il ragionamento della Commissione provinciale ha affermato che la fattispecie si colloca nella previsione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 5. Ha anche chiarito che la Ericsson Telecomunicazioni, quale società appartenente ad un gruppo di rilevanza internazionale, è soggetta alla redazione del bilancio secondo i principi contabili internazionali (IAS) di cui al regolamento n. 1306 del 2002; si è affermato che per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi internazionale di cui al regolamento CE n. 1606 del 2002, gli elementi certi e precisi sussistono, per la perdita su crediti, in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operato in dipendenza di eventi estintivi, come verificatosi nel caso in esame.

Si rileva che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 5, fino al 31 dicembre 2007 non prevedeva espressamente la fattispecie della “cancellazione dei crediti dal bilancio” in dipendenza di eventi estintivi. Solo dal 12 agosto 2012, a seguito del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 33, comma 5, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, si è stabilito che “Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1686/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi”. Successivamente la L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 160, ha nuovamente modificato il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 5, eliminando ogni riferimento agli “eventi estintivi” ed estendendo la norma dalla società che utilizzavano gli Ias (principi contabili internazionali) alle imprese OIC-adopter. Pertanto, gli elementi certi e precisi per la perdita dei crediti sussistono in tutti i casi di “derecognition” dei crediti dal bilancio, anche per i soggetti che adottano gli standard contabili nazionali, in ipotesi di cessione del credito pro soluto.

4. Il ragionamento argomentativo del giudice d’appello è condivisibile, dovendosi anche tenere conto dell’esistenza di una doppia conforme decisione di merito sul punto ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c.. L’appello, infatti, è stato proposto dall’Agenzia delle entrate e depositato il 20 novembre 2013, sicché trova applicazione il disposto di cui all’art. 348-ter c.p.c., per gli appelli depositati a decorrere dall’11 settembre 2012, come previsto dal D.L. n. 83 del 2012.

Invero, anche se l’Agenzia delle entrate ha articolato il motivo del ricorso per cassazione, all’interno della griglia di cui all’art. 360 c.p.c., sotto il profilo della violazione di legge, e segnatamente del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 5, e art. 109, comma 5, in realtà, il motivo di ricorso tende a far compiere al giudice legittimità una nuova valutazione dei medesimi elementi istruttori, già congruamente verificati da parte della Commissione regionale.

5. Peraltro, la motivazione della sentenza del giudice d’appello e’, come detto, condivisibile, in quanto la scelta imprenditoriale della contribuente Ericsson Telecomunicazioni di eliminare la garanzia finanziaria dal proprio bilancio, pagando la commissione di 9,1 milioni di Euro per la cessione del credito effettuata dal Ericsson Credit in favore della Deutsche Bank, è maturata per la considerazione che il rischio effettivo a carico della contribuente poteva essere superiore al costo della commissione, tenendo conto dell’imponente finanziamento erogato dal Ericsson Credit in favore della Is Tim, per oltre 138.000.000 di dollari USA, con garanzia fideiussoria della Ericsson Telecomunicazioni. Inoltre, vi era anche l’esigenza di eliminare dal bilancio di Ericsson Telecomunicazioni, e quindi anche dal bilancio consolidato della capogruppo Ericsson s.p.a., quotata in borsa, una garanzia finanziaria, atipica per una società industriale, che aveva appesantito il bilancio con l’iscrizione di fondi rischi di importo elevato, che poteva avere effetti pregiudizievoli dinanzi alla comunità finanziaria e agli stessi azionisti in borsa.

Tra l’altro, anche l’avviso di accertamento era stato costruito in modo piuttosto contraddittorio, in quanto l’Agenzia delle entrate ha precisato che “fermo restando da un punto di vista civilistico il diritto di riaddebito dei costi in questione alla Ericsson Telecomunicazioni”, ammettendo sostanzialmente la deducibilità dei costi relativi al pagamento della commissione collegata alla cessione del credito da parte di Ericsson Credit alla Deutsche Bank, commissione poi pagata effettivamente da Ericsson Telecomunicazioni, proprio al fine di eliminare il proprio impegno fideiussoria per il debito da finanziamento a carico di Is Tim turca. Va, peraltro, precisato che, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 83, vale il principio di derivazione della dichiarazione dei redditi e del bilancio fiscale dal bilancio civilistico, sicché una volta ammessa l’indicazione dei costi da “commissione” nel passivo del conto economico, ne derivava anche la deducibilità degli stessi, soprattutto sussistendo il requisito dell’inerenza di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5. Pertanto, se effettivamente vi era il diritto della società Ericsson Credit di riaddebitare il costo nei confronti della Ericsson Telecomunicazioni, vi era il corrispondente obbligo da parte di Ericsson Telecomunicazioni di farsi carico del costo medesimo, tra l’altro anche per ripulire il proprio bilancio da una garanzia fideiussoria imponente, del tutto atipica per una società carattere industriale.

Ne’ si può sostenere che vi fosse un’assenza di interesse in capo alla Ericsson Credit per la cessione del credito alla Deutsche Bank, in quanto la prima avrebbe potuto attendere i tempi di pagamento della Is Tim turca; se dunque la Is Tim non avesse pagato, la Ericsson Credit si sarebbe rivolta alla Ericsson Telecomunicazioni, quale garante dell’obbligazione, per l’escussione della stessa. In realtà, però, si è in presenza di un imponente gruppo societario internazionale, sicché Ericsson Telecomunicazioni, aveva chiesto proprio l’intervento della consociata Ericsson Credit, per effettuare il finanziamento in favore della società Is Tim turca, sicché è proprio la contribuente l’unica responsabile della solvibilità o meno della propria cliente Is Tim, in quanto il credito nei confronti della società turca nasceva dal rapporto commerciale di fornitura effettuato dalla medesima Ericsson Telecomunicazioni. Sia l’operazione di customer financing attuata con l’intervento di Ericsson Credit, che ha consentito a Ericsson Telecomunicazioni di conseguire ingente liquidità per investire nell’attività e di cedere la propria controllata turca ottenendo una plusvalenza, sia la successiva cessione del credito alla Deutsche Bank, che ha eliminato il rischio di insolvenza di Is Tim, oltre alle poste passive iscritte in bilancio, sono state operazioni effettuate e volute su espressa richiesta di Ericsson Telecomunicazioni, da ritenersi unica responsabile delle stesse, connesse al proprio credito commerciale vantato nei confronti di Is Tim turca. E’ evidente, quindi, l’inerenza del pagamento della commissione relativa alla cessione del credito da parte della società contribuente.

6. Del resto, il cedente garantisce legalmente l’esistenza del credito, ma non garantisce la solvenza del debitore ceduto, ai sensi dell’art. 1267 c.c. (“il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia”). Pertanto, come rilevato dalla dottrina, il pericolo di non potere conseguire la prestazione è un rischio che grava di per sé sul creditore (Ericsson Credit), e che passa quindi normalmente al cessionario quale nuovo titolare del credito, nella specie la Deutsche Bank. Vi è solo la possibilità che il cedente assuma la garanzia negoziale della solvenza del debitore, ma ciò non è accaduto nella fattispecie in esame. Con la cessione pro soluto del credito vantato dal Credit Ericsson nei confronti di Is Tim turca alla Deutsche Bank, si è verificata la liberazione della società contribuente Ericsson Telecomunicazioni dalla fideiussione rilasciata in favore della Credit Ericsson per l’eventuale mancato pagamento del debito da finanziamento erogato alla Is Tim turca.

7. La fideiussione rilasciata da Ericsson Telecomunicazioni in favore della Ericsson Credit, per il finanziamento di 139.000.000.000 di dollari USA (139 miliardi di dollari) concesso alla Is Tim turca (customer financing) era, dunque, accessoria rispetto al credito vantato dalla Credit Ericsson nei confronti di Is Tim turca. La cessione di tale credito pro soluto alla Deutsche Bank, senza garanzia della solvenza della debitrice Is Tim turca, ha quindi comportato anche l’eliminazione della garanzia fideiussoria da parte della società contribuente. Il contratto di garanzia fideiussoria, infatti, è meramente accessorio al debito principale, sicché la sussistenza di elementi certi e precisi relativi alla perdita su crediti, in relazione alla cessione del credito effettuata dal Credit Ericsson, hanno comportato la sussistenza del requisito di inerenza anche con riferimento alla commissione pagata dalla società contribuente per l’acquisto del credito da parte dei Deutsche Bank.

8. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico dell’Agenzia delle entrate e si liquidano come da dispositivo.

9. Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass., 890/2017; Cass., 5955/2014).

PQM

rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle entrate a rimborsare in favore della società contribuente le spese del giudizio di legittimità che si liquidano, in complessivi Euro 10.000,00, di cui Euro 200,00 per esporsi, oltre Iva e cpa, oltre spese generali nella misura forfettaria del 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

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