Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22289 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 05/09/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 05/09/2019), n.22289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5535/2015 proposto da:

F.S.K., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 7,

presso lo studio dell’avvocato EMANUELE SPATA, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MM TAPPEZZERIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA RICCARDO BALSAMO

CRIVELLI 50, presso lo studio dell’avvocato SELENE SABELLICO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 285/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 22/08/2014 r.g.n. 276/2013;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale Udine che aveva rigettato la domanda proposta da F.S.K. nei confronti della MM Tappezzeria s.r.l. volta ad ottenere l’accertamento della nullità dei contratti di somministrazione intercorsi nel periodo dal 17.9.2009 al 30.9.2009, la costituzione tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e la condanna al risarcimento del danno.

2. Il giudice di appello ha rilevato che nei contratti era individuato il settore di utilizzo del lavoratore, la funzione ed il motivo dell’assunzione e, perciò, ha ritenute sufficientemente specifiche le causali, idonee a delimitare le ragioni di utilizzo della somministrazione a termine ed a consentirne il controllo da parte del lavoratore. Quanto alla loro effettività, ha ribadito che i fatti allegati dalla società convenuta non erano stati contestati. Ha quindi ritenuto confermato che per la durata dei contratti non vi erano state flessioni negli ordinativi, i quali anzi erano aumentati, e che la società vi aveva fatto fronte senza poter contare sull’aiuto di una delle sue dipendenti, assente per malattia, che all’occorrenza era addetta alle funzioni di imballaggio assegnate al ricorrente. Ha accertato la novità dell’allegazione da parte del lavoratore di essere stato assegnato anche a mansioni diverse. In ogni caso ha ritenuto che l’occasionale adibizione a mansioni diverse non era incompatibile con l’effettività della causale indicata nel contratto di somministrazione e che il ricorso alla somministrazione di lavoro non era stato determinato da ragioni sostitutive e che, piuttosto, come era risultato provato, si giustificava per far fronte all’incremento dell’attività produttiva ed alla conseguente necessità di supportare l’attività di imballaggio.

2. Per la cassazione della sentenza ricorre F.S.K. con due motivi ulteriormente illustrati da memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis 1. c.p.c.. Resiste con controricorso la MM Tappezzeria s.r.l..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Il primo motivo di ricorso, con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 416 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è infondato.

4.1. Sostiene il ricorrente di aver contestato tempestivamente i fatti allegati che, erroneamente, la Corte territoriale avrebbe ritenuto invece non contestati.

4.2. Ritiene al riguardo il Collegio che la scelta della Corte territoriaale sia pienamente condivisibile atteso che la società aveva allegato sin dalla sua costituzione che non vi erano state flessioni negli ordinativi, che anzi vi era stato un incremento con necessità di rispettare le tempistiche di consegna nel periodo in questione; che alle mansioni di imballaggio era saltuariamente addetta in caso di necessità una dipendente che proprio durante quel periodo era assente. Orbene dal contenuto delle note conclusive di primo grado, riprodotte nel ricorso per cassazione, non si evince una contestazione specifica di questi fatti che, peraltro avrebbero potuto essere contestati in quella sede solo limitatamente a quelli risultanti dalle dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società. I fatti riportati dalla memoria di costituzione avrebbero dovuto, invece, essere puntualmente contestati già nella prima replica possibile, vale a dire alla prima udienza di discussione della causa.

5. Con il secondo motivo di ricorso è censurata la sentenza per avere, in violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 21 e 27, ritenuto che non fosse necessaria una specifica indicazione delle ragioni del ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato. Osserva poi il ricorrente che la Corte di merito avrebbe sostanzialmente elaborato una nuova e diversa causale e verificato la specificità di questa.

6. La censura è in parte infondata ed in parte inammissibile.

6.1. Da un canto il ricorrente sottopone alla Corte una diversa ricostruzione dei fatti non consentita al giudice di legittimità. Il giudice di appello ha ritenuto sufficientemente specifica la causale apposta al contratto e ne ha poi verificato, in concreto, l’effettività sottolineando come fosse ininfluente la circostanza dell’episodica adibizione del lavoratore a mansioni diverse da quelle previste nel contratto. La Corte ha in fatto accertato che le mansioni svolte erano proprio quelle previste dal contratto di somministrazione e che in concreto l’esigenza aziendale sottesa al contratto di somministrazione era proprio quella connessa alla produzione e non vi era una acclarata connessione con la necessità di sostituire lavoratori assenti.

7. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R..

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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