Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22286 del 03/11/2016

Cassazione civile sez. VI, 03/11/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 03/11/2016), n.22286

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABATE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3585-2015 proposto da:

C.R., CU.GI., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CALABRIA 56, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI D’AMATO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO GRISPO,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI

27, presso lo studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS, rappresentato e

difeso dall’avvocato CORRADO LANZARA, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2694/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

10/06/2016, depositata il 12/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. SCALISI ANTONINO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.G., esponeva di essere proprietario in virtù di disposizione testamentaria della madre, P.L. degli immobili siti in (OMISSIS) contraddistinti dagli interni (OMISSIS) e (OMISSIS) di cui il primo parzialmente sovrapposto al secondo, confinante al nord con altra unità immobiliare facente parte dello stesso fabbricato condominiale, ma avente accesso dalla via (OMISSIS), acquistata dai coniugi Cu.Gi. e C.R.. Aggiungeva che costoro nel (OMISSIS), procedendo a lavori di ristrutturazione aprivano un varco e si impossessavano dell’immobile contraddistinto con il numero intero (OMISSIS). Risultate vane le diffide stragiudiziali e le querele sporte in sede penale, li conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli, chiedendo che venisse accertata l’illegittimità della loro occupazione con conseguente condanna al rilascio dell’immobile e al ripristino del muro divisorio, nonchè al risarcimento dei danni che indicava nella misura di Euro 5.000,00 o in quella diversa ritenuta dovuta.

Si costituivano i convenuti ( Cu.Gi. e C.R.) e in via preliminare contestavano la legittimazione attiva, dato che F. non aveva allegato un titolo idoneo a comprovare la sua proprietà, mentre essi avevano acquistato l’unità immobiliare nel (OMISSIS), chiedevano, pertanto, il rigetto della domanda attorea e in via subordinata che, comunque, venisse dichiarata l’usucapione decennale.

Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 8360 del 2009 accoglieva la domanda attorea.

La Corte di Appello di Napoli, pronunciandosi su appello proposto da Cu. e C., con contraddittorio integro, con sentenza n. 2694 del 2014, rigettava l’appello e condannava gli appellanti al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio. Secondo la Corte di Napoli, considerati i titoli di acquisto di entrambe le parti, gli appellanti ( Cu. e C.), non potevano vantare un titolo di acquisto astrattamente idoneo. Avrebbero potuto ottenere il riconoscimento della proprietà dell’unita abitativa contrassegnata con il n. (OMISSIS) in quanto possessori di buona fede ed, uti dominus, da almeno un ventennio e, non per un decennio come richiesto.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Cu. e Crescioni con ricorso affidato a due motivi. F.G. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= In via preliminare, va rigettata l’eccezione avanzata da parte controricorrente per mancata esposizione sommaria dei fatti, posto che la sentenza riprodotta nell’ambito del ricorso contiene un’esposizione del fatto distinta dalla motivazione, che consente di conoscere agevolmente i fatti di causa. Come è stato già affermato da questa Corte (Cass. n. 4782 del 2012), che qui si condivide e si conferma: il disposto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere a pena d’inammissibilità l’esposizione sommaria dei fatti di causa, può ritenersi osservato quando in esso sia stata trascritta la sentenza impugnata, purchè se ne possa ricavare la cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, senza necessità di ricorrere ad altre fonti.

2.= Con il primo motivo del ricorso Cu. e Cr. lamentano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 1159 c.c.. Secondo i ricorrenti, sarebbe, di palmare evidenza, l’errore materiale in cui sarebbe incorsa la Corte distrettuale, dato che non avrebbe considerato la circostanza che l’acquisto dell’immobile “(OMISSIS)” effettuato dai coniugi Cu. e C. è stato trascritto, oltre 10 anni prima dell’inizio dell’azione di rivendicazione, per cui sarebbe maturata l’usucapione abbreviata e per gli effetti di cui all’art. 1159 c.c..

1.1.= Il motivo è infondato ed essenzialmente perchè non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. Vero è che, secondo il nostro sistema normativo, la proprietà degli immobili può essere acquistata anche per usucapione cc.dd. abbreviata, in ragione di un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà, la trascrizione del titolo e il possesso in buona fede, protrattasi per almeno dieci anni, epperò, nel caso concreto, la Corte di Napoli ha escluso che l’atto di acquisto fornito dai coniugi Cu. e C. comprendesse il bene di cui si pretendeva l’acquisto per usucapione abbreviata. Infatti, come la sentenza afferma: “(…) le considerazioni che precedono inducono, altresì, ad escludere la fondatezza della domanda in via riconvenzionale avanzata, non potendo affatto ritenersi astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del bene in contestazione l’atto pubblico di compravendita stipulato a ministero del Notaio M. in data (OMISSIS) e, posto a fondamento della domanda dagli appellanti, non essendo affatto possibile desumere dallo stesso l’indicazione quale oggetto della vendita, anche dei locali contraddistinti dall’interno n. (OMISSIS) ed, anzi, desumendosi l’esatto contrario dalla indicazione dei confini catastali più innanzi già riportata (…)”. Pertanto, nel caso in esame la Corte di Napoli non avrebbe potuto applicare la normativa di cui all’art. 1159 c.c., come vorrebbero i ricorrenti, per mancanza del presupposto essenziale e, cioè, la mancanza di un titolo di acquisto astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del bene che si pretendeva fosse acquistato per usucapione abbreviata. E, come correttamente evidenzia la Corte di Napoli, gli appellanti, non potendo vantare un titolo di acquisto astrattamente idoneo, intanto avrebbero potuto ottenere il riconoscimento della proprietà in quanto possessori di buona fede e uti dominus da almeno un ventennio.

2.= Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 948 c.c.. Secondo i ricorrenti, sarebbe del tutto erronea la statuizione, contestata da Cu. e Cr., posto che parte attorea non aveva dimostrato tanto nel primo grado del giudizio, quanto nel secondo grado, i titoli idonei al diritto di proprietà sul quale si fonderebbe la propria azione di rivendica.

2.1.= Anche questo motivo, pur tralasciando di evidenziare la genericità della censura che la renderebbe inammissibile, è infondato ed, essenzialmente, perchè il ricorrente non tiene conto che la Corte distrettuale ha puntualmente affermato che, nel caso in esame era necessaria la prova rigorosa richiesta per la rivendica. Come afferma la sentenza: “(…) se chi propone la domanda di accertamento della proprietà non ha il possesso della cosa oggetto del preteso diritto, ha l’onere di offrire la stessa prova rigorosa richiesta per la rivendica (dimostrazione della titolarità del diritto mediante la prova di un acquisto a titolo originario eventualmente risalendo al titolo originario dei propri danti causa o quantomeno il possesso continuato del bene conforme al titolo, da parte del proprietario ed eventualmente dei suoi danti causa protratto per il tempo necessario all’usucapione del bene (…)”. Così come, il ricorrente, non tiene conto che la Corte distrettuale ha ritenuto che l’attore aveva dato la prova dell’acquisto della proprietà con atti risalenti ad oltre venti prima del lamentato spossessamento (dal (OMISSIS) fino allo spossessamento avvenuto nel (OMISSIS)). In particolare, la Corte distrettuale ha evidenziato che la parte attrice ha lamentato proprio la perdita della disponibilità del bene (cioè il possesso) ad opera dei convenuti essendosi gli stessi appropriati del vano contraddistinto dal numero interno (OMISSIS) sito in (OMISSIS), dopo aver abbattuto il muro divisorio che li separava dalla sua proprietà. La stessa parte attrice allegava a fondamento del suo diritto, l’atto di divisione ereditaria del (OMISSIS) relativo alla madre P.L., l’atto di esproprio del Comune di Napoli, che indicava tra i proprietari dei beni ablati (e tra questi il bene di cui si dice) P.L., fino al testamento olografo pubblicato il (OMISSIS), con il quale F.G. veniva istituto erede della madre P.L..

In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannati in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 13,, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di Cassazione che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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