Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22280 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. I, 03/11/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 03/11/2016), n.22280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25107-2011 proposto da:

D.A., (c.f. (OMISSIS)) – anche in proprio, D.L.

(c.f. (OMISSIS)), D’.LU. (c.f. (OMISSIS)),

D.F.S. (c.f. (OMISSIS)), tutti nella qualità di eredi di

G.C., elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato

ROCCO SATRIANO, rappresentati e difesi dagli avvocati VITO CESCHINI,

ANDREA D’AQUINO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGEA, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

SAN PAOLO BANCO DI NAPOLI S.P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 545/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 01/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2016 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Fracesca, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell'(OMISSIS) i coniugi d.A. e G.C. convenivano in giudizio l’A.I.M.A. (Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo) e la s.p.a. Banco di Napoli, per sentire: 1) dichiarare che la società di fatto G.A., trasformatasi in G. Conserve s.r.l., nulla doveva all’A.I.M.A. a titolo di risarcimento danni per l’erogazione in favore della società stessa del contributo CEE alla trasformazione del pomodoro per la campagna del 1979; 2) dichiarare che la fideiussione n. (OMISSIS) – che il Banco di Napoli aveva rilasciato, a seguito della instaurazione di procedimento penale in relazione alla suddetta erogazione, a garanzia della restituzione del 15% del contributo- era divenuta inefficace, attesa la definizione del procedimento penale stesso con sentenza in data 29.12.1990 di non doversi procedere nei confronti di A. e G.G. in relazione ai reati loro ascritti (derubricata l’originaria imputazione di truffa aggravata nel meno grave reato previsto dalla Legge speciale n. 898 del 1986, art. 2) perchè estinti per amnistia; 3)ordinarsi quindi all’A.I.M.A. di restituire agli attori la fideiussione stessa; 4)ordinarsi al Banco di Napoli la restituzione agli attori del certificato di deposito Mediobanca da essi, quali soci della Galano Conserve srl, costituito in pegno nel novembre 1989 su richiesta del Banco di Napoli a garanzia della quota di fideiussione non coperta da polizza assicurativa.

Nel contraddittorio delle parti, il Tribunale di Salerno rigettava le domande, ritenendo – quanto alle prime tre – la carenza di legittimazione attiva degli attori essendo legittimata la società, e, quanto alla domanda di restituzione del certificato di deposito costituito in pegno personalmente dagli attori, la mancanza di prova in ordine all’insussistenza di danni subiti da A.I.M.A. (e quindi della sopravvenuta inefficacia della garanzia fideiussoria, oggetto di accertamento incidentale ai fini della pronuncia relativa alla restituzione del pegno) e l’infondatezza della eccezione di intervenuta prescrizione del credito stesso (ai medesimi fini).

Proponevano appello i coniugi d. – G., cui resistevano l’AGEA (subentrata nei rapporti attivi e passivi dell’A.I.M.A.) e la s.p.a. Sanpaolo Banco di Napoli (quale successore del Banco di Napoli), quest’ultima proponendo anche appello incidentale per l’omessa pronunzia sulla domanda proposta nei suoi confronti. Con sentenza depositata l’1 giugno 2011, la Corte d’appello di Salerno ha rigettato l’appello principale e, in accoglimento dell’incidentale, ribadito espressamente il rigetto (già evincibile dalla motivazione della sentenza impugnata) anche della domanda nei confronti del Banco di Napoli, ha condannato i coniugi d. al pagamento in favore dell’Istituto delle spese del giudizio di primo grado. La corte ha motivato il rigetto dell’appello principale osservando, in sintesi: a)che, quanto alla legittimazione degli appellanti all’esercizio di azioni spettanti alla Galano Conserve s.r.l., essi hanno solo allegato l’intervenuta estinzione della società (cui in effetti conseguirebbe, a norma dell’art. 2495 c.c., comma 2 modificato dalla riforma del 2003, la legittimazione ad causam degli ex soci in relazione ai rapporti non ancora esauriti), senza fornirne alcuna dimostrazione, tale non potendo ritenersi il verbale della delibera di scioglimento da essi prodotto, in mancanza di prova della cancellazione della società dal Registro imprese all’esito del procedimento di liquidazione; b) che parimenti infondato è il motivo di appello concernente la prescrizione del diritto di credito di A.I.M.A. – garantito dalla fideiussione e, indirettamente, dal pegno -, atteso che il termine quinquennale di prescrizione non decorre dal giorno di emanazione del provvedimento di amnistia allorchè, come nella specie, il beneficio consegua alla derubricazione in sentenza del reato originariamente contestato, bensì dalla data in cui la sentenza stessa è divenuta irrevocabile: sì che, essendo la sentenza penale stata emessa il 29 dicembre 1990, alla data di instaurazione del presente giudizio (27 ottobre 1994) l’azione civile non era prescritta. Infine, la corte distrettuale ha ritenuto che la sentenza n. 1039/2009, prodotta da ultimo dagli appellanti, con la quale il Tribunale di Salerno aveva rigettato la domanda proposta da AGEA nei confronti della Galano Conserve s r.l. per sentirla condannare alla restituzione dei contributi per la campagna di trasformazione del pomodoro dell’anno 1980, è priva di rilevanza diretta nel presente giudizio, avente ad oggetto il perdurare delle garanzie prestate per assicurare il risarcimento dei danni conseguenti all’accertamento dell’eventuale illecita percezione di contributi per la campagna di trasformazione dell’anno 1979.

Avverso tale sentenza d.A., in proprio e quale erede di G.C., nonchè gli altri eredi della medesima ( Lu., L. e d.F.S.), hanno, con atto notificato il 24 ottobre 2011, proposto ricorso affidato a tre motivi, illustrati anche da memoria, cui resiste la AGEA con controricorso.

L’intimata s.p.a. San Paolo Banco di Napoli non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo, articolato, motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione, lamentando che la corte distrettuale non abbia considerato: a) che la fideiussione di cui si discute, avendo validità fino al 18.9.1982 ed essendo stata rinnovata – secondo quanto affermato nella comparsa di risposta dell’A.I.M.A. in primo grado – sino al 18.9.1993, era ormai venuta meno quando questo giudizio è iniziato; b) che con la sentenza, in atti, emessa nell’altro giudizio instaurato nel 2002 dall’AGEA nei confronti della Galano Conserve srl e dei suoi soci d.A., G.C. e G.G., il Tribunale di Salerno ha accertato l’inesistenza di ogni e qualsiasi debito dei convenuti nei confronti dell’AGEA. Sostengono quindi che, se avesse esaminato i documenti di cui sopra, la corte distrettuale avrebbe dovuto accogliere la domanda restitutoria avanzata in questo giudizio da essi ricorrenti.

Tali doglianze non meritano accoglimento. Sotto il primo profilo, si osserva che la questione relativa alla mancata rinnovazione non risulta (nè dal ricorso nè dalla sentenza impugnata) essere stata sollevata ed esaminata nel giudizio di merito, e non può quindi essere oggetto di valutazione per la prima volta in questa sede di legittimità. Sotto il secondo profilo, va evidenziato come la corte distrettuale abbia congruamente motivato la valutazione, ad essa riservata, circa l’irrilevanza della sentenza resa nell’altro giudizio precisando come in quel giudizio l’AIMA avesse richiesto la restituzione del contributo comunitario relativo alla campagna del 1980, non del 1979 (di cui qui si discute), e come costituisse insufficiente collegamento tra le due distinte debitorie la sola circostanza che la erogazione del contributo relativo alla campagna 1980 fosse stata condizionata dall’AIMA all’esito del procedimento penale relativo al contributo dell’annata precedente. Nè l’illustrazione del motivo di ricorso contiene indicazioni specifiche circa ulteriori risultanze che la corte non avrebbe esaminato nell’operare detta valutazione, della cui (pretesa) erroneità in definitiva i ricorrenti si dolgono non utilmente in questa sede di legittimità.

2. Con il secondo, articolato, motivo i ricorrenti censurano la ritenuta carenza di legittimazione attiva in capo ad essi in relazione alle prime tre domande proposte, aventi ad oggetto l’accertamento negativo del credito in favore dell’AIMA garantito dalla fideiussione, la sopravvenuta inefficacia di tale garanzia e la sua restituzione agli attori. In particolare, lamentano: a) la violazione dell’art. 100 c.p.c., in quanto la corte distrettuale non avrebbe rilevato che l’interesse ad agire in capo ad essi attori con riferimento anche alle suddette domande deriva dal collegamento intercorrente tra la restituzione del pegno da essi costituito, la efficacia della fideiussione e la sussistenza del credito garantito; b) la violazione dell’art. 2495 c.c., comma 2 e degli artt. 2267 e 2275 c.c. per avere la corte distrettuale ritenuto applicabile la prima norma, regolante la liquidazione delle società di capitali, ad una società di fatto, per la quale il procedimento di liquidazione è solo facoltativo, sì che ove a seguito del suo scioglimento sopravvengano attività queste rimangono oggetto di mera comunione fra gli ex soci, dunque legittimati a farle valere in giudizio. L’illustrazione del motivo indica poi un’ulteriore censura (pervero non coordinata con le altre contenute nel motivo) di omessa pronuncia sulla domanda di restituzione del pegno.

Anche tali censure non meritano accoglimento.

Premessa l’inammissibilità della doglianza di omessa pronuncia (in quanto priva di specifiche indicazioni circa il motivo di appello eventualmente non esaminato dalla corte distrettuale, che in sentenza ha rilevato come i motivi di gravame riguardassero le questioni della legittimazione attiva relativamente alle prime tre domande e della prescrizione del credito per danni eventualmente spettante ad AIMA), si osserva quanto al resto: a) che il collegamento fra le varie questioni poste dalle domande degli attori è stato rettamente tenuto presente sia dal tribunale sia dalla corte d’appello nella misura in cui hanno ritenuto di dover esaminare in via meramente incidentale, ai fini della decisione sulla domanda relativa alla restituzione del pegno costituito dagli attori (non anche, evidentemente, sulla domanda relativa alla restituzione della fideiussione, che spetta alla società), le questioni relative alla persistenza del credito garantito con la fideiussione; b)che altrettanto rettamente la corte distrettuale ha fatto riferimento nella specie alla norma (art. 2495 c.c.) che prevede l’estinzione delle società di capitali a seguito del compimento del procedimento di liquidazione e della cancellazione dal Registro imprese: è pacifico infatti (cfr. sentenza impugnata e ricorso pagg. 3 e 4) che la iniziale società di fatto si era trasformata già da tempo, al momento della instaurazione del presente giudizio, nella Galano Conserve s.r.l., sì che i diritti ad essa spettanti potevano essere esercitati solo dalla società trasformata (non dai singoli soci) sino alla sua estinzione, della quale – come precisato dalla corte distrettuale in sentenza senza ricevere censure specifiche sul punto – non è stata data prova nel giudizio di merito.

3. Nè meritano accoglimento le censure mosse nel terzo motivo, sotto il profilo della violazione dell’art. 2947 c.c. e della L. n. 898 del 1986, art. 4 alla conferma del rigetto della eccezione di prescrizione espressa nella sentenza impugnata. La corte distrettuale non si è invero discostata dall’orientamento espresso più volte da questa Corte di legittimità (cfr. le pronunce richiamate nella sentenza Sez. 3 n. 13832/10; id. n. 8399/01), recentemente anche a sezioni unite (cfr. n. 8348/13), secondo cui l’art. 2947 c.c., comma 3 va interpretato nel senso che, nel caso – qui ricorrente – in cui il fatto illecito generatore del danno sia considerato dalla legge come reato, la prescrizione dell’azione civile ove il reato stesso sia estinto per amnistia decorre non dalla emenazione del provvedimento di clemenza bensì dalla data di irrevocabilità della sentenza nella ipotesi – qui ricorrente – in cui l’applicazione del provvedimento stesso consegua ad una derubricazione dell’originaria imputazione. A tale orientamento, che il Collegio condivide, deve qui darsi continuità, non emergendo dalla illustrazione del motivo elementi idonei a giustificare un mutamento, bensì non conducenti -oltre che inammissibili perchè nuove – argomentazioni relative alla decadenza ed alla prescrizione dell’azione diretta al pagamento delle sanzioni pecuniarie per irregolarità amministrative nella erogazione dei contributi, irregolarità che, a norma della richiamata L. n. 898 del 1986, artt. 3 e 4 prescindono dalla responsabilità civile (di cui qui si discute) per il reato previsto dall’art. 2 stessa legge, nella specie contestato alla Galano Conserve ed estinto per amnistia. 4. Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti in solido al rimborso in favore della parte resistente delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 7.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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