Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22277 del 25/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 25/09/2017, (ud. 05/07/2017, dep.25/09/2017),  n. 22277

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 5487/2012 r.g. proposto da:

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) S.A.S DI (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE,

E DEL SOCIO ILLIMITATAMENTE RESPONSABILE L.F., rappresentata

e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso,

dall’Avv. Stefano Cavallini, unitamente al quale elettivamente

domicilia in Roma, alla via G. G. Belli n. 36, presso lo studio

dell’Avv. Ornella Manfredini;

– ricorrente –

contro

BANCA CAMBIANO 1884 s.p.a. (già Banca di Credito Cooperativo di

Cambiano soc. coop. per azioni), cod. fisc. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante Direttore Generale, dott. B.F.,

con sede in (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura

speciale apposta in calce alla memoria di costituzione di nuovo

difensore del 12 giugno 2017, dagli Avv.ti Antonio Rovini,

Alessandro Fiumalbi e Paolo Panariti, unitamente ai quali

elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma,

alla via Celimontana n. 38;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso incidentale proposto da:

BANCA CAMBIANO 1884 s.p.a., come sopra rappresentata e difesa;

– ricorrente incidentale –

nei confronti di:

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) S.A.S DI (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE,

E DEL SOCIO ILLIMITATAMENTE RESPONSABILE L.F., come sopra

rappresentata e difesa;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI FIRENZE, depositato il

20/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2017 dal Consigliere dott. Eduardo Campese;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del secondo e

terzo motivo del ricorso principale, nonchè del terzo motivo di

quello incidentale;

udito, per la controricorrente, l’Avv. Paolo Panariti, che ha chiesto

rigettarsi il ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La Curatela del Fallimento della (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) in liquidazione e del socio accomandatario L.F. ricorre per cassazione, nei confronti della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano soc. coop. per azioni, oggi Banca Cambiano 1884 s.p.a. (d’ora in avanti, per brevità, indicata, più semplicemente, come Banca), articolando quattro motivi avverso il decreto emesso dal Tribunale di Firenze il 20 gennaio 2012, che – in riforma del provvedimento assunto dal giudice delegato in sede di verificazione dello stato passivo – aveva ammesso la Banca al passivo della procedura.

1.1. In sede di verifica, più in particolare, detto giudice aveva escluso la domanda di insinuazione, in via chirografaria, presentata dalla Banca per la somma di Euro 150.808,61 a titolo di saldo debitore di conti correnti intrattenuti con la società poi fallita, rilevando che “il ricorso non contiene gli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la domanda. Non ha indicato i dati probanti della riduzione del proprio passivo al 17/12/2009”.

1.2. Il tribunale, invece, decidendo l’opposizione, – con la quale la Banca aveva rappresentato che il credito di cui era chiesta l’insinuazione si era ridotto a seguito non di compensazioni dalla stessa operate, ma di incasso di crediti oggetto di cessione ai sensi della legge n. 52 del 1991, mentre la Curatela, ivi costituitasi, aveva eccepito la inapplicabilità della menzionata legge, altresì evidenziando che il negozio intercorso tra le parti, lungi dal potersi qualificare come cessione, doveva propriamente intendersi come mandato a riscuotere con causa gestoria, e che la Banca aveva omesso di specificare la compensazione, così cercando di renderla opponibile alla Curatela dopo aver richiamato il principio reso da Cass., S.U. n. 16508 del 2010 (“Quando il creditore richiede l’ammissione al passivo per un importo inferiore a quello originario deducendo la compensazione, l’esame del giudice delegato investe il titolo posto a fondamento della pretesa, la sua validità, la sua efficacia e la sua consistenza. Ne consegue che il provvedimento di ammissione del credito residuo nei termini richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa, riconoscimento che determina una preclusione endofallimentare, che opera in ogni ulteriore eventuale giudizio promosso per impugnare, sotto i sopra indicati profili dell’esistenza, validità, efficacia, consistenza, il titolo dal quale deriva il credito opposto in compensazione”), in ossequio al quale, “attese le difese della Curatela”, oggetto del proprio giudizio sarebbe stata “la legittimità del provvedimento di esclusione dallo stato passivo del credito della Banca di Cambiano e, conseguentemente, la valutazione della fondatezza della eccezione di compensazione svolta dalla Curatela”, ha ritenuto: 1) che era incontestato tra le parti che l’originario credito della Banca fosse maggiore di quanto richiesto in sede di insinuazione allo stato passivo, ridotto, come da domanda per l’avvenuto incasso di somme successivamente alla proposizione di una pregressa istanza concordataria; 2) che doveva escludersi che tali incassi potessero giustificarsi come effetti di cessioni di crediti ex L. n. 52 del 1991, o alla stregua dell’art. 1260 c.c.e ss.; 3) che gli stessi dovevano ritenersi avvenuti, ad opera della Banca, in forza di un rapporto di fatto di mandato all’incasso, e quindi con valutazione dell’operazione al momento del singolo incasso; 4) che non era quindi opponibile alla Curatela, nei limiti da quest’ultima indicati, la compensazione effettuata dalla Banca con riferimento a crediti da essa incassati, in virtù dell’appena descritto rapporto intercorso con la società poi fallita, dopo la suddetta domanda concordataria; 5) che “consegue, altresì, che il credito della Banca, desumibile nella sua interezza dagli atti, deve essere ammesso al lordo delle compensazioni effettuate (per l’importo indicato dalla Curatela, e non contestato, di ulteriori Euro 149.584,91) per l’intera somma risultante dagli scoperti invocati, pari ad Euro 300.393,52 in chirografo”, ed in tali sensi ha reso la propria pronuncia.

2. Nei confronti del ricorso presentato dalla Curatela del Fallimento resiste la Banca con apposito controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale affidato a tre motivi, a sua volta resistito dalla prima.

3. I motivi svolti dalla Curatela fallimentare ricorrente denunziano i seguenti vizi.

3.1. Il primo lamenta, in specie, “violazione o falsa applicazione della L. Fall., artt. 93 e 98, (art. 360 c.p.c., n. 3) perchè il Tribunale ha ritenuto ammissibile una domanda nuova nell’ambito dell’opposizione allo stato passivo”. Si assume che il giudice a quo avrebbe dovuto limitarsi ad esaminare la richiesta contenuta nella insinuazione (avente ad oggetto un credito chirografario di Euro 150.808,61) che risultava inammissibile perchè priva dei requisiti previsti dalla L. Fall., art. 93, n. 3, e che il fondamento di tale eccezione di inammissibilità, riproposta dalla Curatela costituendosi in sede di opposizione, non era stato esaminato dal tribunale che, anzi, in violazione della L. Fall., art. 98, aveva ritenuto corretto introdurre nel relativo giudizio (senza che ne fosse stata fatta domanda dall’opponente) un petitum del tutto nuovo e di maggiore entità.

3.2. Il secondo censura, poi, “violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 70 (art. 360 c.p.c., n. 3) che consente l’ammissione al passivo dell’importo corrispondente all’intero suo credito solo al soggetto che, subita una revoca della compensazione, abbia già restituito quanto aveva ricevuto e/o trattenuto”. Si rappresenta che il tribunale, ammettendo l’intero credito della banca, aveva interpretato erroneamente la L. Fall., art. 70, in quanto la Banca, che aveva trattenuto le somme oggetto di compensazione dichiarata inopponibile alla procedura, era stata arbitrariamente equiparata al creditore che avesse effettivamente restituito gli importi percepiti.

3.3. Il terzo, rubricato “Nullità della sentenza o del provvedimento (art. 360 c.p.c., n. 4) per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 c.p.c.)”, ascrive al decreto impugnato di essersi pronunciato al di là di quanto domandato dalla Banca, la quale mai aveva avanzato richiesta di ammissione per l’intero credito.

3.4. Il quarto rileva, infine, “omessa o contraddittoria e/o insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) circa la ritenuta illegittima compensazione effettuata e la decisione di ammettere il creditore per l’intera somma con riferimento alla L. Fall., artt. 70,93 e 98”.

4. Con i formulati motivi del ricorso incidentale, la Banca ha prospettato:

1) “Omessa insufficiente e/o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) circa la ritenuta illegittima compensazione effettuata dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano”;

2) “Violazione o falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) della L. Fall., art. 56, in relazione alla L. n. 52 del 1991, ed all’art. 1260 c.c.”;

3) “Nullità del decreto impugnato (art. 360 c.p.c., n. 4) per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato”, per avere il tribunale ammesso al passivo la Banca per un importo maggiore di quello richiesto sia nella domanda di insinuazione che nel successivo atto di opposizione L. Fall., ex art. 98.

5. Il primo motivo del ricorso principale è infondato per le ragioni di seguito esposte.

Rileva il Collegio che, come agevolmente emerge dall’odierno ricorso (cfr. pag. 3), la Curatela, nel riscontrare la domanda di ammissione al passivo della Banca, aveva contestato la legittimità della compensazione effettuata da quest’ultima, invitandola ad integrare l’istanza di insinuazione, ritenuta carente, L. Fall., ex art. 93, di un’adeguata esposizione dei fatti e dei motivi di diritto dalla medesima posti a base della propria pretesa; la Banca, a sua volta (cfr. pag. 4 del ricorso), aveva reiterato la sua tesi di aver incassato crediti oggetto di cessione, contestualmente negando, di aver operato alcuna compensazione.

Si legge ancora nel ricorso (cfr. pag. 4) che “All’udienza di verifica dello stato passivo del 31.5.2011, non viene ammesso il credito (della Banca. Ndr) di Euro 150.808,61, sia per non incorrere nella implicita accettazione della compensazione, secondo l’orientamento della massima e più autorevole giurisprudenza, sia per la inammissibilità dell’istanza risultata priva dei requisiti previsti ex lege”.

Muovendo, allora, da tali specifiche circostanze, non sembra ravvisabile, ad avviso del Collegio, nel provvedimento oggi impugnato, il vizio ascrittogli con il motivo in esame.

Invero, è innegabile che, in sede di verifica, l’indagine concretamente compiuta dal giudice delegato ebbe certamente ad investire anche la questione della legittimità, o meno, della compensazione che, secondo la prospettazione della Curatela, la Banca aveva implicitamente effettuato nel predisporre la sua domanda di insinuazione (altrimenti non giustificandosi, al di là della dicitura formalmente adottata dal giudice delegato nel suo provvedimento di non ammissione, l’assunto che la relativa adozione era avvenuta per non incorrere nella implicita accettazione della compensazione), sicchè, correttamente almeno in parte qua, il Tribunale adito L. Fall., ex art. 98, dalla Banca stessa (che ha ivi insistito nell’ammissione del proprio credito nella misura originariamente richiesta, ribadendo – cfr. pag. 3 dell’opposizione – di non aver operato alcuna compensazione e che l’importo dovutole si era ridotto grazie all’incasso di crediti oggetto di cessione ai sensi della L. n. 52 del 1991) ha riferito il proprio giudizio, alla “legittimità del provvedimento di esclusione dallo stato passivo del credito della Banca di Cambiano” e, conseguentemente, alla “valutazione della fondatezza della eccezione di compensazione svolta dalla Curatela”.

6. Sono invece fondati, per quanto appresso si dirà, il secondo ed il terzo motivo del ricorso in esame, derivandone, così, l’assorbimento del quarto.

Può senz’altro stimarsi acquisito, perchè assolutamente incontroverso tra le parti, che – in sede di domanda insinuazione L. Fall., ex art. 93 – la Banca abbia limitato la propria pretesa creditoria alla minor somma di Euro 150.808,61, senza in alcun modo richiamarsi a quella, maggiore, di Euro 300.393,52 poi riconosciutale nel decreto oggi impugnato.

Il resoconto della dinamica caratterizzante la fattispecie concreta, che viene portato dal detto decreto, fa emergere in specie che la Banca ha riscosso delle somme per crediti della società poi fallita e le ha trattenute presso di sè.

Sul diritto di questa di trattenere tali somme è sorta questione tra le parti, sia in punto di titolo (discutendosi se il rapporto eventualmente corrente tra Banca e società poi fallita registrasse cessioni di credito ex L. n. 52 del 1991, o cessioni di credito ex art. 1260 c.c. e ss., o un mandato all’incasso), sia in punto di tempo delle riscossioni medesime (se anteriori, o meno, all’apertura della procedura di concordato preventivo che nei fatti ha preceduto il fallimento della s.a.s. (OMISSIS)).

In proposito, il Tribunale fiorentino ha ritenuto: 1) che doveva escludersi che tali incassi potessero giustificarsi come effetti di cessioni di crediti ex L. n. 52 del 1991, o alla stregua dell’art. 1260 c.c. e ss.; 2) che gli stessi dovevano ritenersi avvenuti, ad opera della Banca, in forza di un rapporto di fatto di mandato all’incasso, e quindi con valutazione dell’operazione al momento del singolo incasso; 3) che, in caso di ammissione del debitore al concordato preventivo, la compensazione tra i suoi debiti ed i crediti da lui vantati nei confronti dei creditori postula, ai sensi della L. Fall., art. 56 (richiamato dall’art. 169 della medesima legge), che i rispettivi crediti siano preesistenti all’apertura della procedura concorsuale; essa, pertanto, non può operare nell’ipotesi in cui il debitore abbia conferito ad una banca un mandato all’incasso di un proprio credito, attribuendole la facoltà di compensare il relativo importo con lo scoperto di un conto corrente da lui intrattenuto con la medesima banca; a differenza della cessione di credito, infatti, il mandato all’incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, ma l’obbligo di quest’ultimo di restituire al mandante la somma riscossa, e tale obbligo non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all’atto della riscossione del credito, con la conseguenza che, qualora quest’ultima debba aver luogo dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non sussistono i presupposti per la compensazione (cfr. Cass. n. 10548 del 2009); 4) che non era, quindi, opponibile alla Curatela, nei limiti da quest’ultima indicati, la compensazione effettuata dalla Banca con riferimento a crediti da essa incassati, in virtù dell’appena descritto rapporto intercorso con la società poi fallita, dopo la suddetta domanda concordataria.

Fermo quanto precede, rileva il Collegio che le argomentazioni appena riportate sub i) e il) non possono essere oggetto di nuovo esame in questa sede perchè, sui corrispondenti punti, non vi è stata specifica impugnazione della Curatela (che, peraltro, sarebbe stata probabilmente carente di interesse a proporla), mentre, come si vedrà in seguito, il ricorso incidentale della Banca (i cui primi due motivi censuravano, in parte qua, il decreto di cui si discute) è inammissibile.

Acquisita, quindi, la qualificazione in termini di mandato all’incasso, sebbene instauratosi di fatto, tra la Banca e la società poi fallita, del rapporto in forza del quale la prima aveva proceduto agli incassi che avevano portato alla riduzione del proprio credito come invocato nella domanda ex art. 93 legge fall., risulta pienamente condivisibile l’ulteriore affermazione del menzionato tribunale nella parte in cui, avvalendosi del già riportato principio sancito dalla Suprema Corte con la richiamata sentenza n. 10548 del 2009, che questo Collegio intende ribadire, aveva concluso nel senso che non era opponibile alla Curatela, nei limiti da quest’ultima indicati, la compensazione effettuata dalla Banca con riferimento a crediti da essa incassati, in virtù dell’appena descritto rapporto intercorso con la società poi fallita, dopo la suddetta domanda concordataria.

L’errore compiuto dal tribunale deve, invece, ravvisarsi nell’ulteriore sua affermazione, cui ha fatto seguito la corrispondente statuizione nel proprio dispositivo, secondo la quale “consegue, altresì, che il credito della Banca, desumibile nella sua interezza dagli atti, deve essere ammesso al lordo delle compensazioni effettuate (per l’importo indicato dalla Curatela, e non contestato, di ulteriori Euro 149.584,91) per l’intera somma risultante dagli scoperti invocati, pari ad Euro 300.393,52 in chirografo”.

Invero, la presentazione di una domanda di insinuazione al passivo con “scomputo della compensazione” fatta in proprio dal creditore – così come sostanzialmente accaduto nella specie concreta – tendeva, evidentemente, a sottrarre titolo e misura della compensazione stessa alla verifica ed al controllo degli organi della procedura fallimentare, essendo noto che, secondo quanto ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., S.U., 14 luglio 2010, n. 16508), l’eventuale “provvedimento di ammissione del credito residuo nei termini richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa, riconoscimento che determina una preclusione endofallimentare, che opera in ogni eventuale giudizio promosso per impugnare… il titolo dal quale deriva il credito opposto in compensazione”.

Proprio per questo, del resto, la struttura stessa del procedimento di verifica del passivo è compatibile con l’esame della compensazione, se si pensa che al giudice delegato sono attribuiti ampi poteri, sconosciuti al giudice del processo ordinario, che gli consentono di escludere un credito o un diritto in forza di una eccezione normalmente riservata alle parti, come la prescrizione o l’annullabilità, o di rilevare d’ufficio la simulazione o l’eccesso di penalità o di procedere alla revoca del titolo o della prelazione vantati dal creditore, o di opporre un controcredito del fallito in compensazione; e se questa può diventare oggetto di esame del procedimento di verifica quando è sollevata dagli organi fallimentari, allo stesso modo può diventarlo se è il creditore che partecipa al concorso ad aver effettuato la compensazione, sicchè al giudice residua il potere di escluderla.

E’ palese allora l’errore in cui è incorso il tribunale fiorentino (ed altrettanto sarebbe a dirsi per il risultato iniquo che il decreto di quest’ultimo comporterebbe) che, dopo aver ritenuto illegittima la compensazione effettuata dalla Banca, nell’ammettere, poi, quest’ultima al passivo del fallimento della procedura odierna per il suo complessivo credito “al lordo delle compensazioni effettuate (per l’importo indicato dalla Curatela, e non contestato, di ulteriori Euro 149.584,91) per l’intera somma risultante dagli scoperti invocati, pari ad Euro 300.393,52 in chirografo”, ha chiaramente violato – oltre all’art. 112 c.p.c., essendo l’originaria istanza della Banca riferita al minore importo di Euro 150.808,61 – la L. Fall., art. 70, comma 2, che (così come già l’abrogato L. Fall., art. 71) non consente la compensazione con i crediti nascenti da revocatoria “non ancora accolta”.

In altri termini, ammettendo la Banca per l’intero credito predetto, quel tribunale ha erroneamente equiparato quest’ultima al creditore che abbia effettivamente restituito (diversamente da quanto, invece, pacificamente accaduto nella fattispecie de qua) gli importi a suo tempo percepiti: la definitiva statuizione del decreto oggi impugnato avrebbe, cioè, avuto una sua giustificazione esclusivamente ove fosse stato fondato sul presupposto – si ribadisce, qui pacificamente insussistente – della già avvenuta restituzione, da parte della Banca ed in favore della Curatela, per effetto di condanna dalla prima riportata in favore della seconda, in un separato giudizio avente ad oggetto un’azione revocatoria, degli importi di cui alla compensazione ritenuta illegittimamente effettuata dal tribunale.

Ne consegue che, alla stregua di quanto dal medesimo affermato circa l’inopponibilità alla Curatela di tale compensazione, oltre che dell’art. 112 c.p.c., l’invocata ammissione al passivo della Banca sarebbe dovuta avvenire per la sola somma fin dall’origine richiesta da quest’ultima (e, cioè, Euro 150.808,61, in via chirografaria, anch’essa incontroversa come può desumersi dal medesimo decreto oggi impugnato), posto che, una volta esclusa l’operatività della compensazione suddetta, l’eventuale differenza (Euro 149.584,91) rispetto al suo maggior credito di Euro 300.393,52, invece erroneamente riconosciutole ed ammessa dal tribunale, avrebbe richiesto la dimostrazione – mancata (evincendosi, anzi, il contrario dalle argomentazione dei rispettivi scritti difensivi) – della già avvenuta restituzione della corrispondente somma.

7. Il ricorso incidentale della Banca deve dichiararsi inammissibile. Invero, i motivi in esso articolati non sono preceduti da una sufficiente esposizione sommaria dei fatti di causa, ivi leggendosi, in proposito, esclusivamente: “Con ricorso notificato il 21.2.2012, la Curatela del Fallimento (OMISSIS) s.a.s. di F. L. & C. in liquidazione e del socio i.r. Sig. L.F. ha proposto ricorso per cassazione avverso decreto R.D. n. 267 del 1942, ex art. 99, dell’11.1.2012, depositato e comunicato via fax in data 20.1.2012, con il quale il Tribunale di Firenze – Collegio Fallimentare – ha ammesso il credito della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano allo stato passivo per l’importo di Euro 300.393,52, in chirografo. Si costituisce nel presente giudizio la Banca di Credito Cooperativo di Cambiano ((OMISSIS)) Soc. Coop. per Azioni, contestando in toto le deduzioni, eccezioni e domande ex adverso formulate e chiedendone l’integrale rigetto perchè infondate in fatto ed in diritto, nonchè proponendo ricorso incidentale avverso il medesimo decreto per i seguenti motivi..”.

Deve, quindi, trovare applicazione il principio, condiviso da questo Collegio, secondo cui il controricorso, avendo la sola funzione di contrastare l’impugnazione altrui, non necessita dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, potendo richiamarsi a quanto già esposto nel ricorso principale; tuttavia, quando detto atto racchiuda anche un ricorso incidentale, deve contenere, in ragione della sua autonomia rispetto al ricorso principale, l’esposizione sommaria dei fatti della causa ai sensi del combinato disposto dell’art. 371 c.p.c., comma 3, e art. 366, comma 1, n. 3. Ne consegue che il ricorso incidentale è inammissibile tutte le volte in cui si limiti ad un mero rinvio all’esposizione del fatto contenuta nel ricorso principale, potendo il requisito imposto dal citato art. 366, reputarsi sussistente solo quando, nel contesto dell’atto di impugnazione, si rinvengano gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalla parti, senza necessità di ricorso ad altre fonti (cfr., in termini, Cass. n. 76 del 2010, nonchè, in senso sostanzialmente conforme, la più recente Cass. n. 18483 del 2015).

8. In conclusione, previo accoglimento, per quanto di ragione, del ricorso principale, e declaratoria di inammissibilità di quello incidentale, il decreto impugnato deve essere cassato.

Ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la Corte constatato che non vi è alcuna necessità, o esigenza, di ulteriori accertamenti di fatto – decide altresì nel merito, e, per l’effetto, ammette la Banca Cambiano 1884 s.p.a. (già Banca di Credito Cooperativo di Cambiano soc. coop. per azioni) al passivo del Fallimento (OMISSIS) s.a.s. di F. L. & C. in liquidazione e del socio illimitatamente responsabile L.F., in via chirografaria, per la somma di Euro 150.808,61, esclusa la richiesta compensazione.

Giusta l’art. 385, secondo comma, cod. proc. civ., infine, la Corte provvede sulle spese anche di tutti i precedenti giudizi, che, tenuto conto dell’esito complessivo della lite e del peculiare sviluppo dell’intero iter processuale, possono interamente compensarsi tra le parti.

PQM

 

accoglie, per quanto di ragione, il ricorso principale, dichiarando inammissibile quello incidentale. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ammette la Banca di Cambiano 1884 s.p.a. (già Banca di Credito Cooperativo di Cambiano soc. coop. per azioni) al passivo del Fallimento della (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) in liquidazione e del socio accomandatario L.F., in via chirografaria, per la somma di Euro 150.808,61, esclusa la compensazione. Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2017

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