Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22277 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. I, 03/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 03/11/2016), n.22277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19777-2014 proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANA SOCIETA’ PER AZIONI (c.f. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso l’avvocato

LUCIO GHIA, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

GLEISMAC ITALIANA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, GE.CO.MAR. S.R.L.;

– intimate –

Nonchè da:

GLEISMAC ITALIANA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, già GLEISMAC ITALIANA

S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BOSIO 2,

presso l’avvocato LORENZO GRISOSTOMI TRAVAGLINI, che la rappresenta

e difende, giusta procura speciale per Notaio GIUSEPPE DI TRANSO di

NAPOLI – Rep.n. 132440 del 9.10.2014;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SOCIETA’ PER AZIONI (c.f. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso l’avvocato

LUCIO GHIA, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine

del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

GE.CO.MAR. s.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1171/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/09/2016 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato PIVANTI ANDREA, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

GRISOSTOMI TRAVAGLINI LORENZO che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto del primo motivo del

ricorso principale, accoglimento dei motivi secondo, terzo e quarto,

assorbimento del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 21.2.2014, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato risolto, per inadempimento della committente, l’appalto per la realizzazione di alcuni lavori della stazione di (OMISSIS) affidati dall’Ente Ferrovie dello Stato, oggi Rete Ferroviaria Italiana-RFI S.p.A., alla Ge.co.mar S.p.A., alla quale era subentrata l’acquirente del ramo d’azienda Gleismac Italiana S.p.A. Dopo aver riportato le tappe salienti del rapporto contrattuale, la Corte territoriale ha ritenuto che l’andamento anomalo dei lavori, dovuto sia alla consegna di aree inidonee per la presenza di ostacoli di vario genere, sia alla fornitura di elaborati progettuali carenti, sia alla modifica del progetto originario, era addebitabile alla committente e tale inadempimento, di non scarsa importanza, era tale da giustificare la domanda di risoluzione. In relazione alle statuizioni risarcitorie, i giudici del merito hanno escluso che la riserva per l’anomalo andamento dei lavori fosse intempestiva, in relazione all’art. 44 delle condizioni generali di contratto: trattandosi di impedimenti di natura continuativa la loro concreta idoneità a produrre danno poteva essere apprezzata, solo, dopo la seconda sospensione totale dei lavori, ed hanno liquidato i maggiori oneri sostenuti, per tutto il periodo di sospensioni illegittime, in relazione alla ridotta produttività dell’impresa ed a specifiche voci, per la somma di Euro 735.352.08, in essa compresi rivalutazione ed interessi.

Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso Rete Ferroviaria Italiana con quattro mezzi, ai quali la Società appaltatrice resiste con controricorso, con cui ha proposto un motivo di ricorso incidentale, resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

1. Col primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., per avere la Corte territoriale pronunciato la risoluzione senza valutare la gravità dell’inadempimento sulla base di un “criterio relativo”, ed, in particolare, senza considerare il comportamento tenuto dalle parti, come, invece, avrebbe dovuto, nè la circostanza che, nonostante le disposte sospensioni, i lavori erano stati ultimati il 31.12.1998 dall’appaltatrice, che aveva, così, dimostrato di attribuire scarsa importanza, nell’economia del contratto, all’inadempimento di essa committente.

2. Col secondo, il terzo ed il quarto motivo, si deduce rispettivamente, la violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4; la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1366, 1367, 1372 e 1375 c.c.; la violazione del R.D. n. 350 del 1895, art. 54, per avere l’impugnata sentenza: a) ritenuto, con motivazione del tutto illogica, tempestiva la riserva espressa dall’Impresa il 18 maggio 1998 per la quantificazione di danni ed oneri subiti fin dal (OMISSIS) in riferimento all’art. 44 delle condizioni generali di contratto, secondo cui la riserva va esplicata “entro 15 giorni dal momento in cui i fatti e le circostanze su cui si fondano erano conoscibili dall’appaltatore”; b) interpretato tale disposizione nel senso di dar rilievo alla conoscibilità dell’idoneità dannosa delle sospensioni, anzichè la conoscibilità dei fatti e delle circostanze dalle quali avrebbe potuto astrattamente derivare un danno; c) disatteso il principio secondo cui, nel caso di sospensione illegittima, l’onere di apporre riserva non può mai essere assolto in epoca successiva al momento della ripresa dei lavori, di talchè in relazione alla sospensione totale, iniziata il 31.10.1996 e terminata il 16 luglio 1997, la riserva apposta il 18.5.1998 era tardiva.

3. Col proposto ricorso incidentale, la Società lamenta, da opposto profilo ed in via condizionata, la violazione dell’art. 1362 c.c. nell’interpretazione dell’art. 44 delle condizioni generali di contratto, del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 165; D.P.R. n. 207 del 2010, artt. 190 e 191; 32 del D.M.n. 145 del 2000, e art. 1458 c.c. in relazione al principio dell’inapplicabilità del regime della decadenza correlato alla tempestività dell’iscrizione delle riserve in ipotesi di risoluzione del contratto. La ricorrente incidentale evidenzia che quando, come nella specie, vengano dedotti inadempimenti tali da comportare la risoluzione del contratto, il regime delle riserve, che ne presuppone il regolare svolgimento, non viene in rilievo.

4. Disattesa, in riferimento al primo motivo, l’eccezione di novità delle questioni dedotte, che attengono ai presupposti in diritto della declaratoria di risoluzione, il motivo va rigettato.

5. Va premesso che la giurisprudenza invocata dalla ricorrente (Cass. 14 aprile 1987 n. 3712; n. 4630 del 1994), secondo cui la parte adempiente che preferisce dare esecuzione al contratto, invece di chiedere la risoluzione o far ricorso all’eccezione d’inadempimento, dimostra con ciò di attribuire scarsa importanza all’inadempimento avversario nell’economia del negozio, non detta una chiave di lettura univoca in tal senso a siffatto contegno del contraente adempiente, ma costituisce un indicatore della scarsa importanza dell’inadempimento, che il giudice del merito, cui è demandato il relativo apprezzamento, può porre a base del suo convincimento ad un esame complessivo di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, che connotano il caso. 6. Ma, nella specie, muovendo dalla considerazione che i lavori avrebbero dovuto avere una durata pari a 360 giorni, mentre per effetto delle sospensioni il tempo complessivo era stato di 1019 giorni, la Corte territoriale è pervenuta ad una conclusione diversa: dopo aver affermato che tale anomalo andamento era ascrivibile ad esclusiva responsabilità della committente ed aveva costretto l’impresa “a far fronte ad una costante riprogrammazione delle tempistiche lavorative”, ha ritenuto che l’inadempimento della prima era di non scarsa importanza, ma di gravità tale da determinare uno squilibrio del rapporto negoziale.

Tale ricostruzione in fatto, in sè incensurata, è coerente con l’invocato principio secondo cui ai fini della pronuncia di risoluzione, il giudice, nel valutare la gravità dell’inadempimento, deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale: la critica, che non si appunta sui dati oggettivi, qualifica in termini di protratta tolleranza il comportamento mantenuto dall’impresa, con argomenti che attingono al fatto e che, peraltro, non tendono conto del tenore del documento, in data 18.5.1998 (trascritto dalla stessa ricorrente) con cui l’appaltatrice contesta l’inadempimento avversario, che afferma essere “insostenibile”. 7. La circostanza che i lavori siano stati terminati al 31.12.1998 (cfr. pag 7 della sentenza) non è in sè decisiva, in quanto, come correttamente dedotto dalla controricorrente, prima dell’approvazione del collaudo, pacificamente mai avvenuta (l’impresa nega pure esser stato emesso il certificato di ultimazione dei lavori), l’appalto non può dirsi concluso (cfr. Cass. n. 2307 del 2016; n. 1509 del 2015; n. 15013 del 2011; n. 14460 del 2004 e, 10992 del 2004), residuando le riserve dell’appaltatore e le facoltà di contestazione dell’appaltante che solo il collaudo vedrà sciolte. Era, in conseguenza, integra per l’appaltatrice, parte adempiente, la facoltà di scelta, alla stessa concessa dall’art. 1453 c.c., di adire il giudice o al fine di chiedere l’esecuzione dell’appalto, e così ottenere l’esame della riserva, o di porvi termine, mediante una pronuncia risolutoria, onde assicurarsi le connesse statuizioni risarcitorie e restitutorie, ex artt. 1453 e 1458 c.c..

8. I motivi secondo, terzo e quarto del ricorso principale vanno, in conseguenza, accolti. 9. Premesso che con essi la ricorrente non si limita a far valere la questione meramente formale relativa alla tempestività della riserva – come presuppone la controricorrente con la formulazione del motivo di ricorso incidentale – ma ne censura anche l’accoglimento, contestandone l’ammontare (pag. 37), va rilevato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, ogni qualvolta si faccia questione di invalidità del contratto e dei modi della sua estinzione, quale è appunto la risoluzione per inadempimento, le pretese derivanti dall’inadempimento della stazione appaltante non vanno valutate, come pure rammenta l’Impresa, in relazione all’istituto delle riserve (cfr. Cass. 22036 del 2014; n. 19531 del 2014; n. 388 del 2006; n. 1217 del 2000; n. 1728 del 1982), nè incontrano remore procedimentali nell’inosservanza dell’onere di tempestiva iscrizione, ma seguono i principi generali di cui agli artt. 1453 e 1458 c.c.. 10. Infatti, come costantemente affermato da questa Corte, l’onere di iscrivere tempestiva riserva nel registro di contabilità, previsto dal R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54, si riferisce ad ogni pretesa dell’appaltatore che comporti il riconoscimento di compensi o indennizzi aggiuntivi rispetto al prezzo contrattuale originariamente convenuto, in dipendenza di qualsiasi situazione insorta nel corso dell’esecuzione dell’opera appaltata. Da tale ambito restano, quindi, escluse quelle pretese che, in quanto non attinenti alla quantificazione della prestazione spettante all’appaltatore, ma all’esistenza stessa del contratto, non si riflettono sul corrispettivo globalmente dovuto dall’Amministrazione per la realizzazione dell’opera (cfr. Cass. n. 3455/15; n. 8960/10; 7470/01).

11. L’errore in cui sono incorsi i giudici del merito è dunque evidente, avendo gli stessi accolto l’istanza di maggiori compensi e risarcimenti per gli inadempimenti contrattuali denunciati tramite la riserva, dopo aver pronunciato la risoluzione del contratto, senza avvedersi dell’incompatibilità logico-giuridica tra le due statuizioni, tenuto conto che in caso di declaratoria di risoluzione del contratto non è più a parlare di inadempienze delle parti, nè delle regole procedimentali connesse, ma esclusivamente di danno emergente e lucro cessante che devono esser dedotti e dimostrati secondo le regole ordinarie, e senza che sia, in particolare, possibile trasformare tout court in poste risarcitorie le inadempienze dedotte con le riserve.

11. Il ricorso incidentale resta assorbito.

12. Il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie gli altri, assorbito l’incidentale, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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