Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22274 del 04/08/2021

Cassazione civile sez. I, 04/08/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 04/08/2021), n.22274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10558-2020 r.g. proposto da:

G.J., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Francesco Tartini, con cui elettivamente domicilia in Roma, via del

Canale Strozzi n. 31, presso lo studio dell’Avvocato Barberio;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro, rappresentato e difeso, ex

lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici in

Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia, depositata in

data 4.10.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/4/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da G.J., cittadino della (OMISSIS), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 23.7.2018 dal Tribunale di Venezia, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha narrato: i) di essere nato nel villaggio di (OMISSIS), nel (OMISSIS); ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché minacciato dalla (OMISSIS) che avrebbero voluto affiliarlo dopo la morte, in circostanze anomale, del padre.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso e perché il racconto non era neanche compatibile con le informazioni raccolte, tramite la consultazione di COI aggiornate, sulle caratteristiche organizzative della (OMISSIS); b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al (OMISSIS), stato (OMISSIS) di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché la mera allegazione di una integrazione nel paese di accoglienza non rappresentava circostanza di per sé rilevante ai fini del riconoscimento dell’invocata tutela se a ciò non si accompagnava anche la compressione del nucleo essenziale dei diritti umani.

2. La sentenza, pubblicata il 4.10.2019, è stata impugnata da G.J. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione degli artt. 25 e 102 Cost., dell’art. 158 c.p.c., e del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 110 con conseguente nullità della sentenza impugnata, per violazione del diritto di essere giudicato dal giudice naturale precostituito per legge.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, art. 27, comma 1bis e art. 35bis, n. 9, in ordine alla valutazione delle dichiarazioni del richiedente e per la omessa collaborazione degli accertamenti dei fatti.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ed oggetto di travisamento della prova.

4. Il quarto mezzo denuncia motivazione apparente e conseguente nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione alla domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. b.

5. Il ricorrente propone inoltre un quinto motivo di ricorso con il quale declina vizio di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria.

6. Il ricorso è infondato.

6.1 Il primo motivo è infondato.

Occorre infatti ricordare che è intervenuta da ultimo la sentenza n. 41/2021 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, artt. 62,63,64,65,66,67,68,69,70,71 e 72 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, in L. 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, art. 32 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della L. 28 aprile 2016, n. 57).

La Consulta ha infatti osservato che – allo scopo di evitare, nell’immediato, un pregiudizio all’amministrazione della giustizia – è possibile nell’attuale contesto normativo – che vede una riforma in progress della magistratura onoraria (D.Lgs. n. 116 del 2017), la cui completa entrata in vigore è già differita per vari aspetti al 31 ottobre 2025 (art. 32 di tale D.Lgs.) e che è attualmente oggetto di iniziative di ulteriore riforma, all’esame del Parlamento (D.D.L. n. S1516, testo unificato dei D.D.L. nn. 1438, 1555, 1582 e 1714) – dichiarare l’illegittimità costituzionale della normativa censurata nella parte in cui non prevede che essa si applichi fino al completamento del riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi contemplati dal citato D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 32. Il Giudice delle Leggi ha così riconosciuto – per l’incidenza dei concorrenti valori di rango costituzionale – una temporanea tollerabilità costituzionale, rispetto all’evocato parametro dell’art. 106 Cost., commi 1 e 2, della normativa denunciata di incostituzionalità, rimanendo – anche con riguardo ai giudizi a quibus – “legittima la costituzione dei collegi delle corti d’appello con la partecipazione di non più di un giudice ausiliario a collegio e nel rispetto di tutte le altre disposizioni, sopra richiamate, che garantiscono l’indipendenza e la terzietà anche di questo magistrato onorario” (così, expressis verbis, Corte Cost. n. 41/2021).

Ne consegue che il profilo di nullità della sentenza impugnata per la denunciata illegittimità di costituzione del collegio giudicante, ai sensi dell’art. 158 c.p.c., deve ritenersi infondata proprio in ragione del pronunciamento della Corte Cost. da ultimo ricordato.

1.3 Del pari infondata deve essere considerata l’ulteriore censura di irregolare costituzione del collegio giudicante in quanto integrato da un giudice non specializzato del distretto della corte di appello e collocato a rotazione nel collegio nelle materie di protezione internazionale, posto che il giudice integrante il collegio è un magistrato togato appartenente al distretto della corte di appello e per il quale non è dato comprendere il profilo di illegittimità denunciato, potendo in realtà il collegio di corte di appello essere integrato anche da altri magistrati togati appartenenti al distretto e non essendo rilevabile alcuna vizio di costituzione del giudice denunciabile ai sensi dell’art. 158 c.p.c..

Del resto, è affermazione costante nella giurisprudenza di questa Corte quella secondo cui la irregolare costituzione del giudice si determina solo nelle ipotesi in cui vi sia un difetto così grave da rivelare la totale carenza di legittimazione del giudice o dei singoli componenti del collegio, ovvero la loro assoluta inidoneità a far parte di un organo giurisdizionale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 15342 del 12/06/2018).

6.2 Il secondo, terzo e quarto motivo – che possono essere trattati congiuntamente, riguardando la contestazione della valutazione giudiziale di non credibilità del racconto – sono invece inammissibili perché volti a sollecitare questa Corte di legittimità ad un nuovo giudizio di merito in relazione al profilo della contestata credibilità, attraverso la rilettura degli atti istruttori, scrutinio quest’ultimo che è inibito alla Corte di Cassazione per essere rimesso invece alla cognizione esclusiva dei giudici del merito. E ciò a fronte di una motivazione che, in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, ha evidenziato plurime ragioni di inverosimiglianza e non credibilità del racconto, anche attraverso la consultazione di COI per la verifica di attendibilità della vicenda narrata rispetto alle informazioni raccolte sulla (OMISSIS), con particolare riferimento alla sua composizione e alle modalità di affiliazione.

6.3 Il quinto motivo – declinato in relazione al diniego dell’invocata protezione umanitaria – è anch’esso inammissibile.

6.3.1 Sul punto giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, nel regime normativo precedente al D.L. 4 ottobre 2018, n. 113 (conv. nella L. n. 132 del 2018), se i presupposti necessari al riconoscimento della protezione umanitaria devono essere individuati autonomamente rispetto a quelli previsti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria (non essendo tra loro sovrapponibili), i fatti storici posti a fondamento della positiva valutazione della condizione di vulnerabilità ben possono essere gli stessi già allegati per ottenere il riconoscimento delle protezioni maggiori, rientrando, invero, nei poteri di qualificazione giudiziale dei fatti la possibile riconduzione all’una o all’altra forma di protezione degli stessi. Ne consegue che, nel giudizio comparativo da svolgersi ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, può rilevare anche una situazione generalizzata di violazione di diritti umani ovvero di conflitto, ancorché di livello minore rispetto a quella rilevante per la concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, fatti quest’ultimi da valutarsi comparativamente in rapporto all’integrazione del richiedente nel paese di accoglienza. L’allegazione da parte del richiedente della situazione generale del paese di provenienza dovrà, tuttavia, proiettare – per essere positivamente apprezzata dal giudice del merito nella valutazione comparativa tra integrazione nel paese di accoglienza e la situazione del paese di provenienza – un riflesso individualizzante rispetto alla vita precedente del richiedente protezione, tale da evidenziare le condizioni di vulnerabilità soggettive necessarie per il riconoscimento dell’invocata tutela protettiva umanitaria, non potendosi ritenere pertinenti né rilevanti allegazioni generiche sulla situazione del paese di provenienza del richiedente in ordine alla privazione dei diritti fondamentali ovvero in ordine alla condizione di pericolosità interna che siano scollegate dalla situazione soggettiva dello stesso richiedente. L’assolvimento del predetto onere allegatorio innesca, come necessaria conseguenza, l’obbligo di cooperazione istruttoria del giudice del merito, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8, comma 3, per l’approfondimento di quelle condizioni del paese di provenienza, incidenti sulla situazione di vulnerabilità, allegate dal richiedente protezione (Cass. 2039/2021).

Ebbene, il motivo di censura ha mancato di indicare la situazione generale del paese di provenienza in relazione al profilo individualizzante di rischio rispetto alla vita precedente del richiedente protezione – tale, cioè, da evidenziare le condizioni di vulnerabilità soggettive necessarie per il riconoscimento dell’invocata tutela protettiva umanitaria – così rendendo, invece, la censura solo genericamente formulata e dunque non ricevibile in questo giudizio di legittimità.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021

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