Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22270 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/09/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 05/09/2019), n.22270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24531-2018 proposto da:

I.Z.U., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LIA MINACAPILLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto N. R.G. 2399/2017de1 TRIBUNALE di CALTANISSETTA,

depositato il 21/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SAMBITO

MARIA GIOVANNA C..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 21.6.2018, il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato le istanze di protezione internazionale avanzate da I.Z.U. nato in Bangladesh, il quale aveva dichiarato di aver lasciato il suo Paese perchè la sua casa era stata distrutta dall’esondazione del fiume Podda, a seguito di un’alluvione, da circa quindici anni, lasciandolo in istato di povertà, di aver vissuto poi con una zia e di esser, quindi, giunto in Italia. Pur avendo reputato il richiedente credibile, il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria. Lo straniero propone ricorso per cassazione per due motivi, resistiti con controricorso dal Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ed afferma che in riferimento al contesto socio politico ed economico che caratterizza il Bangladesh, funestato da “livelli di violenze e calamità naturali frequenti, tali da concretare un elevato rischio per la sua incolumità personale” la protezione sussidiaria avrebbe dovuto esser riconosciuta, anche in riferimento a situazioni di “violenza indiscriminata presente in loco”. Il ricorrente fa presente che le motivazioni che lo hanno spinto ad espatriare sono irrilevanti, essendo decisivo l’elevato rischio per la sua incolumità personale, invoca il principio dell’onere della prova attenuato che vige nei giudizi aventi ad oggetto la protezione internazionale e l’onere di cooperazione istruttoria che incombe sull’Ufficio.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, per non esser stata riconosciuta la protezione umanitaria.

3. Esclusa, anzitutto l’ammissibilità delle censure riferite all’art. 112 c.p.c., la cui violazione è enunciata in entrambi i motivi, non essendo stata dedotta alcuna omessa pronuncia o, comunque, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, il primo motivo presenta profili d’inammissibilità e d’infondatezza.

4. Occorre rilevare che la definizione di “danno grave”, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria è fornita dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, il quale lo identifica: a) nella condanna a morte; b) nella tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante; c) nella minaccia grave e individuale alla vita derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Contrariamente all’assunto del ricorrente, che confonde l’onere di allegazione con quello della prova, questa Corte ha di recente ribadito (Cass. n. 3016 del 2019) che solo quando colui che richieda il riconoscimento della protezione internazionale abbia adempiuto l’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino i fenomeni tali da giustificare l’accoglimento della domanda, in altri termini, la cooperazione istruttoria si colloca non sul versante dell’allegazione, ma esclusivamente su quello della prova. Nella specie, il racconto del richiedente -incentrato sull’alluvione, con la perdita del terreno- non fa alcun cenno alle ipotesi di cui al menzionato art. 14, lett. a) e b) e nelle quali la riferibilità soggettiva e individuale del rischio di subire persecuzioni o danni gravi rappresenta un elemento costitutivo della protezione sussidiaria; laddove la valutazione della domanda al lume delle COI aggiornate ha comunque escluso che sussista alcuna ipotesi di conflitto armato interno, ed il relativo accertamento implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, il che non è stato dedotto, tendendo la censura ad una diversa valutazione di fatto.

5. Il secondo motivo è inammisstiile. La censura non incontra la sentenza, che, pur valorizzando la condizione di difficoltà del richiedente, dovuta alla catastrofe climatica, ha affermato che egli ha continuato a vivere in diversa abitazione in altra zona del Paese per altri dieci anni e che tornando in patria potrebbe far conto sull’aiuto di familiari e dunque reinserirsi. Inoltre, il ricorrente non indica alcuna specifica situazione di vulnerabilità, non rilevata dal Tribunale, fermo restando che tale situazione deve riguardare la vicenda personale del richiedente, diversamente, infatti, verrebbe in rilievo non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00, oltre a spese prenotate a debito. Dà atto dei presupposti per il versamento del doppio contributo D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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