Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22268 del 15/10/2020
Cassazione civile sez. VI, 15/10/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 15/10/2020), n.22268
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31015-2018 proposto da:
BRERA SERVIZI AZIENDALI SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del
liquidatore pro tempore, F.I.S. FACTORING INVESTIMENTI SERVIZI
FINANZIARI SPA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente
domiciliate in ROMA, VIA MARIO FANI 106, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMILIANO ROSSI, che le rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FEDERICO DI MAIO;
– ricorrenti –
contro
D.G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI
SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CAPOROSSI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO GIANCOLA;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 7363/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di
ROMA, depositata il 23/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA
ACIERNO.
Fatto
RAGIONI DELLA DECISIONE
La s.r.l. Brera Servizi Aziendali in liquidazione ha proposto ricorso per revocazione dell’ordinanza di questa Corte n. 7363 del 2018 con la quale, era stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso per conflitto d’interessi tra le parti F.I.S. e la s.r.l. ricorrente per essere rappresentate da comuni difensori in una controversia in cui la F.I.S. assumeva di aver effettuato un finanziamento, nell’interesse di un fiduciante ( D.) di cui chiedeva la restituzione alla s.r.l. Brera. Quest’ultima contestava di aver ricevuto il finanziamento, rilevando che era tenuto al rimborso il fiduciante. Il tribunale rigettava la domanda nei confronti del fiduciante e condannava la s.r.l. Brera. L’appello proposto da Brera e F.I.S. si concludeva con identica pronuncia. Afferma la Corte di Cassazione che la F.I.S. aveva richiesto la condanna sia del fiduciante che di Brera sia in primo grado che in appello ancorchè, in sede di gravame, in via subordinata. Ha, di conseguenza, ritenuto sussistente la situazione di contrasto sul piano processuale che configura il conflitto d’interessi, il quale rileva anche se virtuale.
A sostegno del ricorso per revocazione la Brera ha articolato tre motivi. Ha resistito con controricorso D.C.G., accompagnato da memoria.
Nel primo motivo viene dedotta la svista percettiva nell’aver dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto d’interessi virtuale enucleandolo dalla procura ad litem rilasciata al medesimo procuratore da Brera e F.I.S. non avendo rilevato invece che all’attualità l’interesse delle parti, partito come confliggente (tanto che inizialmente i difensori erano diversi), era diventato comune e diretto a contrastare le ragioni di D. (il fiduciante).
Il motivo è radicalmente inammissibile perchè la “svista percettiva” formalmente enunciata in rubrica, viene identificata nel giudizio sulla sussistenza del conflitto d’interessi desunto dall’interpretazione di atti processuali (la procura ad litem) e viene sostenuta da un’articolata ricostruzione alternativa dei rapporti giuridicamente rilevanti delle parti in conflitto, così contestando il nucleo costitutivo del giudizio e della decisione della Corte di Cassazione, ovvero richiedendo una riforma attinente alle ragioni giuridiche della decisione.
Nel secondo motivo la svista percettiva viene rilevata in relazione all’evidente finalità della chiamata in causa della s.r.l. Brera da parte di F.I.S. di acquisire la prova documentale che il finanziamento era stato ottenuto da Brera esclusivamente per D. e che la società aveva agito solo come fiduciaria ed ex lege poteva agire solo per conto terzi. Solo con la chiamata in causa F.I.S. poteva venire a conoscenza della documentazione in questione. La suddetta chiamata in conclusione ha svolto la funzione di mettere F.I.S. in condizione di esercitare il proprio diritto di credito nei confronti del fiduciante D..
La censura è inammissibile risolvendosi nella prospettazione dell’interpretazione delle ragioni della chiamata in causa, senza che possa neanche adombrarsi la indicata svista percettiva o comunque un errore qualificabile come revocatorio. Anche in essa è contestata proprio la valutazione delle condizioni giuridiche della configurabilità del conflitto d’interessi.
Nel terzo motivo viene individuato il vizio revocatorio nell’aver ignorato I principi elaborati dalle S.U. di questa Corte in tema di mandato senza rappresentanza e società fiduciarie.
La censura configura un error in iudicando ed è, conseguentemente, inammissibile.
In conclusione, il ricorso è inammissibile. Si applica il principio della soccombenza.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali da liquidarsi in E 3000 per compensi, E 100 per esborsi oltre accessori di legge.
Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 1 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020