Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22265 del 25/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 25/09/2017, (ud. 10/05/2017, dep.25/09/2017),  n. 22265

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27216/2011 R.G. proposto da:

Eurodemolizioni e Raccolta Ecologica s.r.l., rappresentata e difesa,

per delega in calce al ricorso, dall’Avv. Simonetta Pinna (fax

(OMISSIS), (OMISSIS)), con domicilio eletto in Roma, via Filippo

Lippi, n. 2, presso lo studio dell’Avv. Fabio Tomassini (fax

(OMISSIS) (OMISSIS));

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.p.a., rappresentato e difeso, giusta procura

in calce al controricorso, dall’Avv. Giovanni Giacomelli, con

domicilio eletto in Roma, via Cola di Rienzo, n. 69, presso lo

studio dell’avv. Aldo Ferretti, e dichiarazione di voler ricevere le

comunicazioni inerenti al presente giudizio al fax n. (OMISSIS)

ovvero all’indirizzo di posta elettronica certificata (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso il decreto n. 4704/2011 del Tribunale di Padova emesso il 6

ottobre 2011 e depositato il 10 ottobre 2011, RG. 11638/2009.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 maggio

2017 dal Consigliere Giacinto Bisogni;

1.- lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona

del Sostituto Procuratore generale Soldi Anna Maria, del seguente

tenore:

Fatto

FATTO E DIRITTO

“La Eurodemolizioni e Raccolta Ecologica s.r.l. ricorre per cassazione impugnando il decreto del Tribunale di Padova n. 4704/2011 con cui era stata rigettata la opposizione da essa proposta avverso il provvedimento del Giudice delegato recante il rigetto della sua domanda di ammissione al passivo del fallimento della (OMISSIS) s.p.a.;

Il ricorso è infondato e, pertanto, non merita di essere accolto.

La questione di diritto posta all’attenzione della Corte è la seguente: si tratta di stabilire se, in generale, il curatore, costituendosi nella opposizione a stato passivo introdotta da un creditore, in tutto o in parte non ammesso, possa, al fine di paralizzare l’altrui pretesa, svolgere eccezioni in senso stretto mai formulate nella fase di verifica svoltasi dinanzi al giudice delegato. Ed ancora, con specifico riguardo al caso in esame, è rilevante stabilire se la eccezione concernente la mancanza di data certa del documento comprovante il credito rientri tra le eccezioni in senso stretto il cui esame, nell’ottica restrittiva propugnata dal ricorrente, sarebbe precluso.

A tale proposito va prima di tutto evidenziato che la questione relativa alla data certa della scrittura posta a fondamento della domanda di ammissione al passivo costituisce oggetto di eccezione in senso lato e, dunque, trattasi di questione che, ove documentata dagli atti di causa, sarebbe stata, in ogni caso, rilevabile di ufficio dal Tribunale investito della opposizione allo stato passivo ex art. 99 l.f. (Cass. 4216/2013).

Muovendo da questa premessa potrebbe, in astratto, reputarsi irrilevante stabilire se il curatore avesse o meno la facoltà, costituendosi, di svolgere per la prima volta tale eccezione mai in precedenza formulata.

Per completezza giova, comunque, rilevare che, in generale, non vi è motivo per ritenere che al curatore sia precluso svolgere eccezioni in precedenza mai svolte.

E’, infatti, consolidata l’opinione secondo cui il procedimento di opposizione allo stato passivo costituisce espressione di giurisdizione cognitiva piena a carattere contenzioso, seppure semplificata nelle forme rispetto al processo di cognizione, ma, quantunque abbia carattere impugnatorio, non soggiace al divieto dello ius novorum sancito dall’art. 345 c.p.c.. In questa prospettiva, pur risultando pacifico come la domanda originaria del creditore non possa essere estesa, deve ritenersi che il creditore abbia facoltà di provare anche con mezzi di prova ulteriori la fondatezza della sua pretesa ed il curatore possa svolgere pure eccezioni nuove rispetto a quelle già formulate dinanzi al giudice delegato (Cass. 8929/2012; Cass. 8246/2013; Cass. 25728/2016).

Quanto sin qui esposto consente di ritenere assorbita la censura svolta con il terzo motivo atteso che essa presuppone la piena utilizzabilità del documento transattivo sul quale era fondata la domanda di ammissione al passivo che non può, invece, essere posto a fondamento di un eventuale accoglimento della domanda perchè ritenuto privo di data certa in virtù di statuizione da confermarsi per le ragioni esposte.

La censura svolta con il terzo motivo appare inammissibile per difetto di autosufficienza quanto alla dedotta omessa pronuncia in merito alla domanda di rivendica delle 38 cambiali non ancora scadute (la domanda in relazione alla quale non sarebbe stata resa alcuna statuizione non è stata, invero, riprodotta). La medesima censura è, peraltro, inammissibile anche laddove si contesta la decisione con cui è stato disposto il rigetto della richiesta di sequestro giudiziario delle predette cambiali. A tale proposito la parte ricorrente assume che la decisione sarebbe errata poichè il curatore avrebbe articolato le proprie difese dichiarando come le cambiali in oggetto non fossero state acquisite all’attivo della procedura concorsuale. Se cosi fosse, tuttavia, è agevole rilevare come la domanda di sequestro giudiziario, seppure per diversa ragione, non avrebbe potuto comunque essere accolta di guisa che il ricorrente deve ritenersi sprovvisto di interesse alla impugnazione.

La censura svolta con l’ultimo motivo è, infine, infondata atteso che la decisione circa la regolamentazione delle spese di lite si svolge di ufficio e prescinde da una espressa richiesta svolta dalla parte ritenuta vittoriosa.

Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve, dunque, essere rigettato”.

2.- lette le memorie depositate dalle parti;

ritenuto che le conclusioni del P.G. e le argomentazioni che le sorreggono sono interamente condivise dal Collegio.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi euro 10.200 di cui 200 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2017

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