Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22265 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/11/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 03/11/2016), n.22265

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19672-2015 proposto da:

A.D.B. CARBURANTI LUBRIFICAMI SRL, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ARNO, 38, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA MONCADA,

rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE LO GIUDICE, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI CAZNICATTI’, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1749/25/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO del 8/4/2013, depositata il 23/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osseina quanto segue.

1. In fattispecie relativa ad avviso di accertamento per Iva, Irpeg ed Irap dell’anno di imposta 2002, con il primo motivo di ricorso la società ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 12, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 33 e art. 18, comma 3, art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c. insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, per avere la C.T.R. erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Ufficio riportante in calce il timbro “Per il dirigente Dott. M.G. il capo area controllo Dott. C.G.”, ma senza la dicitura, nè alcun riferimento, ad una “eventuale delega rilasciata dal direttore dell’Ufficio”.

2. Con il secondo mezzo censura la “violazione e falsa applicazione art. 148 c.p.c. e art. 112 c.p.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, per avere la C.T.R. omesso di valutare e motivare l’eccezione di “nullità dell’avviso di accertamento impugnato per essere stata apposta la relata di notifica sul frontespizio anzichè in calce come stabilito dall’art. 148 c.p.c.”, senza possibilità di sanatoria ex art. 156 c.p.c., comma 2 c.p.c., “perchè l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo”.

3. Il terzo motivo attiene alla “violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2 e 1, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 1 e art. 118 disp.. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, in quanto “il giudice d’appello avrebbe dovuto descrivere… il processo razionale attraverso cui si è formato il giudizio enunciato” in punto di inerenza dei costi relativi al servizio di manutenzione – “ed altresì esaminare e motivare in modo specifico le censure formulate da parte appellata.. mentre invece la motivazione del giudice a quo non è in alcun modo idonea a far comprendere le ragioni della decisione che appare altresì viziata in quanto motivata attraverso la mera acquisizione, non altrimenti giustificata, di un convincimento altrui”.

4. Il quarto mezzo censura infine la “violazione e falsa applicazione L. n. 289 del 2002, artt. 8, 9, 9bis e 14, art. 112 c.p.c., art. 2697 c.c. nonchè, omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, in quanto la mancata notifica di un provvedimento di diniego della definizione condonistica ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 avrebbero dovuto indurre la C.T.R. a “ritenere e dichiarare la validità formale di essa”, con conseguente esclusione della “ripresa fiscale operata dall’ufficio” dei “costi di manutezione anno 2002”.

5. Tutti i motivi presentano profili di inammissibilità, prima ancora che di infondatezza. Invero, essi veicolano cumulativamente – ed inestricabilmente – diversi vizi di natura eterogenea (violazioni di legge e vizi motivazionali, errores in iudicando e in procedendo), in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso ed il persistente orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. 5471/08, 9470/08, 18202/08, 19443/11, 21611/13, 19959/14, 22404/14, 25982/14, 26018/14, 5964/15, 6735/16, 7656/16, 12926/16, 13729/16, 14257/16). Inoltre, le censure motivazionali sono affette da incongruenza logica, laddove assumono l’insufficienza e contraddittorietà di una motivazione che pretendono contestualmente, e più radicalmente, omessa.

6. In ogni caso, il primo motivo è infondato alla luce del consolidato orientamento di questa Corte per cui non è sufficiente la mera contestazione della controparte per fare insorgere l’onere in capo all’Amministrazione finanziaria di fornire la prova dell’atto interno di organizzazione adottato dal dirigente, nè è necessario che sia esibita in giudizio una specifica delega, dovendosi presumere che l’atto esprima la volontà dell’ufficio quando sia firmato da un funzionario dell’ufficio provvisto di delega generale, non solo indirettamente ricavabile dalla preposizione allo specifico settore, bensì anche implicitamente riconosciuta dallo stesso dirigente dell’ufficio locale (Cass. nn. 5201/16, 20628/15, 16.136/15, 10758/14, 6692/14, 6691/14, 3117/14, 220/14, 21546/11, 871/09, 13908/08, 12768/06, 14626/00).

7. Quanto ai motivi secondo e quarto, il corrispondente rilievo risulta proposto nelle controdeduzioni dell’appellato (v. pag. 8 e 15 del ricorso), dopo che le relative eccezioni erano già state dichiarate inammissibili dal giudice di prime cure, in quanto “motivi nuovi” sollevati solo “con le memorie difensive”, che pertanto non potevano avere accesso al presente giudizio.

8. In ogni caso, la mancata notificazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9-bis, non comporta alcuna decadenza a carico dell’Amministrazione finanziaria, nè si traduce in una violazione del diritto di difesa del contribuente, il quale resta legittimato a proporre tutte le censure deducibili avverso il provvedimento) presupposto, in sede di impugnazione del provvedimento impositivo, la cui notifica equivale a manifestazione implicita della volontà di negare l’ammissione al condono (Cass. nn. 4611/16, 763/12, 11458/10).

9. Il terzo motivo infine integra (al di là della genericità del momento di sintesi: v. pag. 15 del ricorso) una contestazione sul merito che è inammissibile in questa sede (ex plurimis, Cass. s.u. n. 7931/13; Cass. nn. 12264/14, 26860/14, 959/15, 961/15, 3396/15, 14233/15). Peraltro, i giudici regionali hanno sinteticamente ma chiaramente illustrato le ragioni della decisione, ritenendo che la mancata allegazione alle fatture del “rapporto dl lavoro” (come pure “espressamente previsto dal contratto di appalto” relativo al servizio di manutenzione ordinaria) integri una “omissione da parte del contribuente idonea ad escludere l’inerenza delle predette fatture, per le quali risulta assolutamente impossibile per l’Ufficio desumere l’effettiva natura delle prestazioni eseguite”. Ininfluente appare, invece, l’ulteriore riferimento della C.T.R. – contestato perchè acriticamente adesivo – “a precedenti analoghe pronunce di questa Commissione per altre annualità della medesima società”, trattandosi, all’evidenza, di un elemento meramente rafforzativo della specifica motivazione contestualmente assunta.

9. Il rigetto del ricorso segue la condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.300,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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