Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22264 del 25/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 25/09/2017, (ud. 10/05/2017, dep.25/09/2017),  n. 22264

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18795/2011 R.G. proposto da:

Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, rappresentato e difeso,

per procura speciale allegata al ricorso, dall’avv. Roberto Di

Mario, con domicilio eletto in Roma, via Po, n. 28, e dichiarazione

di voler ricevere le comunicazioni e notificazioni relative al

processo presso il fax (OMISSIS) e la p.e.c. (OMISSIS);

– ricorrente –

nei confronti di:

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, rappresentata e difesa dall’avv.

Vieri Romagnoli, per procura speciale allegata al controricorso, con

domicilio eletto in Roma, via M. Prestinari 15, presso lo studio

dell’Avv. Valter Calvieri che dichiara di voler ricevere le

comunicazioni e notificazioni relative al processo presso il fax

(OMISSIS) e la p.e.c. (OMISSIS);

– controricorrente –

nonchè nei confronti di:

Banca di Cavola e Sassuolo Credito Cooperativo s.c.;

e

C.M.A. Cooperativa Modenese Autotrasportatori;

– intimate –

e sul ricorso incidentale proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione;

– ricorrente incidentale –

nei confronti di:

Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e nei confronti di:

Banca di Cavola e Sassuolo Credito Cooperativo s.c.;

e

C.M.A. Cooperativa Modenese Autotrasportatori;

– intimate –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 760/2011

emessa il 20 maggio 2011 e depositata l’8 giugno 2011, RG. n.

550/11;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 maggio

2017 dal Consigliere Giacinto Bisogni.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Soldi Anna Maria, del seguente tenore:

“1. La Curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ricorre per cassazione contro la pronuncia della Corte di Appello di Bologna 760/2011 che, accogliendo il reclamo, ha revocato il fallimento della società (OMISSIS) a rl in liquidazione;

2. Il ricorso principale è infondato e, pertanto, non merita di essere accolto.

La Corte di Appello di Bologna, discostandosi sul punto dalla sentenza del Tribunale di Reggio Emilia (che aveva dichiarato il fallimento della società (OMISSIS) ritenendo come la modifica della proposta concordataria depositata all’udienza del 3/2/2011, fissata ex art. 162 l.f., non potesse essere esaminata nel merito poichè predisposta senza la preventiva autorizzazione del Tribunale), ha ritenuto di poter valutare la ammissibilità del concordato nei nuovi termini prospettati nel corso della udienza di cui all’art. 162 l.f. sulla base di tre considerazioni:

1) ogniqualvolta il Tribunale convoca l’imprenditore che ha proposto domanda di concordato ad una udienza fissata ex art. 162 l.f. per la declaratoria di inammissibilità di quest’ultima, di fatto, seppure implicitamente consente al proponente di difendersi formulando i chiarimenti necessari e procedendo alla integrazione della originaria proposta;

2) il Tribunale non può negare la concessione del termine per la integrazione della proposta se non giustificando il suo operato con adeguata motivazione, così implicitamente evidenziando come il diniego del Tribunale di Reggio Emilia fosse sostanzialmente “immotivato”;

3) la modificazione della proposta depositata il 3.2.2011 dal debitore, non potendo essere definita una mera integrazione, ma dovendo piuttosto ritenersi l’esito di una sostanziale riformulazione di quella originaria doveva ritenersi consentita, a prescindere dalla autorizzazione del Tribunale, giusta il disposto dell’art. 175 l.f..

La questione di diritto posta all’attenzione della Corte (con i primi due motivi che, ponendo lo stesso quesito possono essere esaminati congiuntamente) è, pertanto, la seguente: si tratta di stabilire se l’imprenditore che abbia proposto domanda di concordato possa procedere ad una modificazione della proposta originariamente formulata quando il Tribunale, formulati i rilievi in merito alla inammissibilità di quest’ultima, abbia fissato l’udienza ex art. 162 l.f. senza, tuttavia, concedere termine al debitore ai sensi del primo comma della disposizione da ultimo citata A tale proposito è ragionevole sostenere che il debitore proponente possa procedere ad una integrazione ovvero ad una modificazione sostanziale dei contenuti della originaria proposta, tanto più se, sulla falsariga dei rilevi di inammissibilità formulati dal Tribunale, provvede al suo deposito nel corso della udienza fissata ex art. 162 l.f., e ciò anche a prescindere dalla concessione a cura del Tribunale di un termine accordato a tali fini.

Nonostante il tenore letterale dell’art. 162, comma 1, l.f. non sia inequivoco sul punto poichè effettivamente pare subordinare l’iniziativa del debitore ad una specifica autorizzazione, non si può sostenere che il debitore non possa esplicare le sue difese intervenendo sul contenuto di una proposta che a dire del Tribunale risulta inammissibile. Invero, poichè la convocazione del debitore per l’udienza ex art. 162 l.f. ha proprio la finalità di consentire a quest’ultimo di interloquire scongiurando la ipotesi di inammissibilità del concordato, è irragionevole ipotizzare che non possa recepire le indicazioni del Tribunale ritoccando con interventi più o meno incisivi la originaria proposta.

Muovendo da questa ottica potrebbe allora sostenersi che, ogniqualvolta il Tribunale fissi l’udienza ex art. 162 l.f. formulando i suoi rilievi, di fatto, conceda termine al debitore per esercitare a tutto campo il suo diritto di difesa. La previsione dell’art. 162 l.f. nella parte in cui consente al tribunale di autorizzare la presentazione di una integrazione ovvero di depositare nuovi documenti potrebbe allora più propriamente essere ricollegata al caso in cui il debitore, non avendo provveduto per l’udienza fissata ex art. 162 l.f. a difendersi adeguatamente, chieda un rinvio onde ovviare ai rilievi del tribunale. E’ solo in tale ultima ipotesi che il Tribunale, operando una comparazione degli interessi in gioco, potrebbe negare il termine invocato ritenendo prevalente l’interesse del ceto creditorio alla limitazione degli effetti protettivi ex art. 168 L.f. ed al tempestivo esame delle eventuali istanze di fallimento.

Diversamente opinando, ove si ritenesse che il termine per la integrazione ed il deposito di nuovi documenti deve essere espressamente concesso anche in vista della celebrazione della udienza ex art. 162 L.f., si perverrebbe alla discutibile conclusione che il Tribunale, con scelta discrezionale e non sindacabile, possa decidere in quali casi ed entro quali limiti è data facoltà all’imprenditore di scongiurare la declaratoria di inammissibilità del concordato. Conforta le conclusioni sin qui raggiunte la circostanza che l’art. 161, comma 3, L.f. stabilisce come una “modifica sostanziale” della originaria proposta e del correlato piano di concordato debba essere corredata dal deposito di una “ulteriore” attestazione del professionista. Tale disposizione, invero, proprio perchè collocata tra le norme che disciplinano la fase che precede l’ammissione al concordato, sembra confermare l’assunto secondo cui l’imprenditore possa, indipendentemente da una autorizzazione espressa del Tribunale, formulare una nuova proposta. L’art. 161, comma 3, L.f. non deve, infatti, essere letto come disposizione strettamente collegata all’art. 162, comma 1, L.f. (nella parte in cui prevede che il tribunale possa concedere termine per integrazione) atteso che l’integrazione della proposta e la modifica sostanziale di quest’ultima configurano interventi diversi.

Per completezza non può tralasciarsi di considerare che l’intera legge fallimentare evidenzia uno speciale favore del legislatore per la soluzione negoziale della crisi ragion per cui tra due interpretazioni possibili di unìstessa disposizione, se si ha riguardo alla ratio legis, è bene favorire quella che preservi la soluzione concordataria tutte le volte in cui essa non pregiudichi in modo sostanziale l’interesse del ceto creditorio, circostanza che si verifica solo ove l’ipotesi di integrazione o di modificazione siano prospettate in chiave di abuso al fine di conseguire il protrarsi dell’udienza ex art. 162 l.f..

Per le ragioni che precedono, deve, pertanto, ritenersi, che la soluzione adottata dalla Corte di Bologna risulti corretta.

Restano da valutare le censure svolte dal ricorrente principale con i motivi nn. 3 e 4. Inammissibile risulta innanzitutto la censura svolta con il motivo n. 3 atteso che, anche ammettendo che dinanzi ad una modifica sostanziale della proposta concordataria fosse necessario acquisire una nuova delibera ex art. 152 L.f., il difetto di tale delibera incide sulla ammissibilità della proposta di guisa che tale contestazione, contrariamente a quanto accaduto nel caso di specie, avrebbe dovuto essere svolta in sede di reclamo e non per la prima volta con il presente ricorso.

Inammissibile risulta anche l’ultima censura atteso che essa mira a sconfessare valutazioni di merito svolte dalla Corte di Appello e sostenute da congrua motivazione.

Quanto all’appello incidentale, anche ammettendo che quest’ultimo, in quanto proposto dalla parte vittoriosa in appello, debba intendersi condizionato, esso resta assorbito dal rigetto del ricorso principale per questi motivi conclude per il rigetto del ricorso principale e per la declaratoria di assorbimento del ricorso incidentale da intendersi condizionato”.

2.- lette le memorie depositate dalle parti;

ritenuto che le conclusioni del P.G. e le argomentazioni che le sorreggono sono interamente condivise dal Collegio.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale e, ritenuto assorbito il ricorso incidentale condizionato, condanna il Fallimento ricorrente alle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 5.200 Euro di cui 200 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2017

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