Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22262 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/10/2011, (ud. 20/09/2011, dep. 26/10/2011), n.22262

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14104-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato

in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis; – ricorrente –

contro

MALESCI ISTITUTO FARMACOBIOLOGICO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COLA DI RIENZO 180 presso lo studio

dell’avvocato FIORILLI PAOLO, rappresentato e difeso dagli avvocati PISTOLESI FRANCESCO,

MICCINESI MARCO, giusta delega a margine; – controricorrente –

avverso la sentenza n. 30/2008 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE, depositata il 22/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/09/2011 dal Consigliere

Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO ALESSANDRO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato PISTOLESI FRANCESCO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha

concluso per l’inammissibilità in subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti della società Malesci Istituto Farmacobiologico spa per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana che, confermando la sentenza di primo grado, ha accolto la domanda della contribuente di pagamento del credito per rimborso IRPEG esposto nella dichiarazione dei redditi per Tanno 1990.

La Commissione Tributaria Regionale ha disatteso la tesi dell’Ufficio secondo cui il credito della contribuente per rimborso IRPEG 1990 si sarebbe estinto per effetto della presentazione della istanza di definizione di lite pendente avanzata dalla società Malesci ai sensi dellaL. n. 289 del 2002, art. 16, con riferimento ad un avviso di accertamento IRPEG/ILOR 1990, alla stessa notificato nel 1993, col quale il Fisco aveva ricostruito il reddito della contribuente e aveva conseguentemente riliquidato l’ILOR, non riliquidando l’IRPEF solo in quanto il maggior reddito accertato risultava compensato da perdite degli anni pregressi. Argomentava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale che il disposto dellaL. n. 289 del 2002, art. 16, comma 5, per il quale “la definizione non da comunque luogo alla restituzione delle somma già versate”, non riguarderebbe i rimborsi esposti in sede di dichiarazione dei redditi e non contestati dal’Ufficio.

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate si fonda su tre motivi.

Con il primo motivo, riferibile al vizio di omessa o insufficiente motivazioneex art. 360 c.p.c., n. 5, si censura la sentenza gravata laddove questa affermerebbe che oggetto dell’accertamento in relazione al quale era stata chiesta la definizione agevolataL. n. 289 del 2002, ex art. 16, sarebbe solo l’ILOR, non considerando le argomentazioni spese dall’Ufficio per evidenziare che tale accertamento – pervenendo alla ricostruzione del reddito della società per il 1990 – riguardava anche l’IRPEG e si era concluso senza riliquidazione dell’IRPEG solo perchè il maggior reddito accertato risultava compensato con perdite pregresse.

Con il secondo motivo, riferibile al vizio di violazione di leggeex art. 360 c.p.c., n. 3, si deduce che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe violato laL. n. 289 del 2002, art. 16, nel ritenere che il rimborso dell’IRPEG non fosse impedito dalla definizione della lite pendente richiesta dalla contribuente ai sensi di detta disposizione, ancorchè l’avviso di accertamento oggetto di detta lite concernesse anche l’IRPEG. Con il terzo motivo, pur esso riferibile al vizio di violazione di leggeex art. 360 c.p.c., n. 3, si deduce che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe violato laL. n. 289 del 2002, art. 16, anche sotto un ulteriore profilo, ritenendo che il divieto di restituzione previsto dal comma 5, di tale articolo riguardi solo le somme versate per il condono e non anche quelle versate a titolo di imposta.

La società Malesci si è costituita con controricorso e il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20.9.011, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso va giudicato inammissibile, in quanto non è pertinente alle argomentazioni svolte nella sentenza gravata; in tale sentenza, infatti, non si afferma che l’impugnato avviso di accertamento riguarderebbe solo l’ILOR, ma si afferma che il credito IRPHG esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi per il 1990 non aveva mai formato oggetto di riduzione o annullamento o compensazione da parte dell’Ufficio; il che, peraltro, è conforme a quanto affermato nel ricorso dell’Agenzia, laddove si precisa che il maggior reddito della società accertato per Tanno di imposta 1990 non era stato assoggettato all’IRPEG in quanto compensato dalle perdite pregresse.

11 secondo e terzo motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente, in quanto intimamente connessi. Con tali motivi in sostanza l’Agenzia assume che la presentazione della domanda di definizione di lite pendenteL. n. 289 del 2002, ex art. 16, precluderebbe al contribuente la possibilità di ottenere, per gli anni e per le imposte oggetto dell’accertamento da cui sia derivata la lite, i rimborsi di imposta richiesti in sede di dichiarazione.

Al riguardo si devono svolgere le seguenti precisazioni.

Come questa Corte ha avuto già modo di rilevare – sia con riferimento al condono di cui alD.L. n. 429 del 1982, convertito con laL. n. 516 del 1982(Cass. nn. 195e 15635 del 2004; 3163 del 1997;

3273 del 1996), sia con riferimento al condono di cui allalegge 289/02, tanto con riguardo alla disciplina dettata dall’art. 9 (v.

Cass. nn. 3682e6504 del 2007, Cass. SSUU n. 14828 del 2008), quanto con riguardo alla disciplina dettata dall’art. 15 (Cass. n. 22559/08) – il condono pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tira trattamenti distinti, che non si intersecano fra loro: o coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, ove del caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di ritiessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto sulla linea del procedimento ordinano.

Il principio di diritto ora menzionato – invocato dalla difesa erariale e sul quale sostanzialmente si fondano anche i precedenti giurisprudenziali citati nel ricorso (Cass. n. 15995/00, reso con riferimento al condono di cui aldecreto legge 564/94, convertito con laL. n. 656 del 1994, eCass. nn. 7729/908e22767/08, resi con riferimento all’articolo 7 della legge 289/02) – non è tuttavia dirimente ai fini della soluzione della questione di diritto oggi all’esame della Corte, la quale si caratterizza perchè il rimborso chiesto dal contribuente concerne una imposta – nella specie, TIRPEG – che, ancorchè contemplata nell’avviso di accertamento da cui era sorta la lite poi definita ai sensi dellaL. n. 289 del 2002, art. 16, non aveva tuttavia formato oggetto di alcuna pretesa impositiva esercitata con detto avviso.

In proposito deve aversi riguardo al disposto dellaL. n. 289 del 2002, art. 16, e, in particolare, al comma 5, di tale articolo, nella parte in cui, per quanto qui interessa, recita: “…..la definizione non da comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorchè eccedenti rispelto a quanto dovuto per il perfezionamento della definizione stessa. ” Dalla lettera della legge ora trascritta emerge che la “definizione” della lite costituisce, al contempo, fatto estintivo del credito restitutorio del contribuente (“la definizione non da comunque luogo alla restituzione”) e criterio di identificazione dei crediti restitutori investiti dalla vicenda estintiva (“quanto dovuto per il perfezionamento della definizione stessa”); poichè l’oggetto della definizione si identifica con l’oggetto della lite, le imposte in relazione alle quali la definizione agevolata della lite estingue i crediti restitutori del contribuente si identificano in quelle per le quali sussiste una pretesa impositiva del Fisco contestata dal contribuente (disputatimi).

Deve pertanto concludersi che – poichè l’oggetto della lite fiscale introdotta dall’impugnativa di un atto impositivo consiste nell’accertamento negativo del credito tributario azionato dal Fisco con l’atto impugnato – la lite fiscale introdotta dall’impugnativa di un avviso di accertamento nel quale siano state formulate pretese impositive in relazione ad alcune soltanto delle imposte ivi contemplate ha ad oggetto solo queste imposte e non anche quelle per le quali nell’avviso non sia stata formulata alcuna pretesa impositiva. Di tale assunto può peraltro rinvenirsi palese conferma nel disposto dellaL. n. 298 del 2002, art. 3, lett. c), art. 16, laddove il valore della lite “da assumere a base del calcolo per la definizione” viene identificato nell'”importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado”; è infatti evidente che, se la somma da versare per chiudere la lite fiscale pendente va calcolata in una percentuale dell’importo preteso dal Fisco con l’avviso di accertamento impugnato, l’effetto di preclusione alle restituzioni può riguardare solo quelle imposte in relazione alle quali il Fisco abbia esercitato una pretesa, la pretesa sia stata contestata e, infine, il contribuente abbia effettuato un versamento per la definizione;

mentre nessun effetto preclusivo può verificarsi in relazione alle imposte che, non avendo formato oggetto di pretese del Fisco, non hanno formato oggetto nemmeno di contestazioni in primo grado e, pertanto, non rilevano in alcun modo ai fini della determinazione della somma da versare per la definizione della lite fiscale.

In definitiva deve quindi affermarsi il principio che la definizione della lite fiscale ai sensi dellaL. n. 289 del 2002, art. 16, preclude al contribuente soltanto la restituzione delle somme versate per le imposte in relazioni alle quali l’avviso impugnato contenga una pretesa impositiva contestata e non preclude la restituzione delle somme versate per imposte che, pur contemplate nell’avviso, non abbiano formato oggetto di pretesa impositiva.

La correttezza della conclusione ora esposta risulta suffragata proprio dalla giurisprudenza citata dalla difesa erariale, laddove si afferma (Cass. 7729/08) che il condono “elide la pretesa impositiva unitamente all’impugnazione del contribuente”, in tal modo chiarendosi che gli effetti del condono operano nel perimetro segnato, da un lato, dalla pretesa impositiva dell’Ufficio e, dall’altro lato, dalla correlativa impugnazione del contribuente.

Il ricorso va quindi respinto.

La novità della questione giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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