Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22260 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/10/2011, (ud. 20/09/2011, dep. 26/10/2011), n.22260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5225-2006 proposto da:

N.N., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. ZANARDELLI

36, presso lo studio dell’avvocato PUCCIONI PAOLO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato COSTA VITTORIO, giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 106/2004 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 28/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO ALESSANDRO, che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del 2^ motivo di ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La sig.ra N.N. ricorre nei confronti dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna che ha rigettato l’appello avverso la sentenza di primo grado che, confermando in parte qua un avviso di accertamento IRPEF e ILOR 1992, aveva ritenuto legittimo il recupero a tassazione della plusvalenza derivante dalla cessione di un’azienda.

La Commissione Tributaria Regionale, dopo aver affermato che l’appello della contribuente sarebbe stato carente dell’esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici dell’impugnativa, motivava la propria decisione con l’affermazione che la produzione documentale effettuata in grado d’appello dalla sig.ra N. – ancorchè intrinsecamente idonea a provare le sue ragioni (ossia che la contribuente aveva effettivamente sostenuto costi di immobilizzazione il cui computo conduceva ad escludere l’esistenza di plusvalenze) – non sarebbe stata ammissibile, in quanto “in appello prove costituenti dementi di giudizio nuovi sono da considerarsi eccezioni nuove e perfino da ritenersi inammissibili ai sensi di quanto disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 5”.

Il ricorso della sig.ra N. si fonda su due motivi, entrambi riferibili al vizio di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3;

con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. lamentando che erroneamente la Commissione Tributaria Regionale avrebbe ritenuto l’appello della ricorrente carente dell’esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici dell’impugnativa; con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e 58 e si lamenta che erroneamente la Commissione Tributaria Regionale avrebbe ritenuto inammissibile la produzione documentale effettuata in appello dalla ricorrente.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso e il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20.9.011, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disattesa l’eccezione della contro ricorrente di inammissibilità dei motivi di ricorso per omessa formulazione dei motivi ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.; tale disposizione infatti non si applica, ai sensi del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2, ai ricorsi che come quello per cui è causa, siano proposti avverso una sentenza pronunciata prima dell’entrata in vigore di detto decreto.

Il primo motivo di ricorso va giudicato inammissibile per carenza di interesse, perchè censura una argomentazione contenuta nella sentenza impugnata – quella secondo cui il ricorso in appello sarebbe stato difforme dal paradigma fissato dall’art. 342 c.p.c., in quanto carente delle sommaria esposizione dei fatti e degli specifici motivi d’impugnazione – priva di influenza decisoria. La Commissione Tributaria Regionale, infatti, non ha dichiarato la inammissibilità del ricorso in appello, ma ha conosciuto nel merito dell’impugnazione, cosicchè le affermazioni svolte in sentenza sui vizi dell’atto di appello risultano meramente esornative. Sul fermo principio di questa Corte secondo cui è inammissibile in sede di legittimità il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta “ad abundantiam” e, pertanto, non costituente una “ratio decidendi” della medesima a riguardo si vedano le sentenze nn. 13068/2007 4053/2009 e 8676/2009.

Quanto al secondo motivo di impugnazione, va preliminarmente disattesa l’eccezione della difesa erariale secondo cui tale motivo dovrebbe essere giudicato inammissibile per carenza di autosufficienza a causa della mancata trascrizione nel ricorso dei documenti della cui declaratoria di inammissibilità la ricorrente si duole. Tale trascrizione non è infatti necessaria nella specie, perchè il contenuto dei documenti in questione viene riferito nella stessa sentenza della Commissione Tributaria Regionale (pag. 3. primo rigo: “22 fotocopie di fatture di investimenti fatti, copia dei libro cespiti in origine e quello dei 1998”).

Passando all’esame del motivo, va preliminarmente osservato che la stessa sentenza gravata riferisce che la documentazione prodotta in appello dalla contribuente tendeva a fornire la prova (ritenuta insufficiente dal giudice di primo grado) del fatto – già dedotto nel ricorso avverso l’avviso di accertamento – che la contribuente aveva sostenuto costi per immobilizzazioni in considerazione dei quali doveva escludersi la sussistenza della plusvalenza asserita dal Fisco: le nuove prove documentali prodotte dalla contribuente non introducevano quindi alcun ampliamento del tema del decidere, ma tendevano a fornire fondamento probatorio alla domanda già proposta in prime cure.

Ciò premesso, l’equiparazione operata dalla Commissione Tributaria Regionale tra “prove costituenti elementi di giudizio nuovi” e “eccezioni nuove” va giudicata erronea, perchè la produzione documentale costituisce esercizio dei poteri probatori e non dei poteri di allegazione delle parti: essa cioè si risolve nella offerta di prova dei fatti allegati a fondamento di domande od eccezioni e non nella proposizione di domande od eccezioni.

Nel processo tributario il regime giuridico della produzione in appello di nuovi documenti è diverso da quello della proposizione in appello di nuove domande o eccezioni, in quanto, mentre questa è vietata (tranne che per le domande aventi ad oggetto gli interessi maturati dopo la sentenza impugnata e per le eccezioni che siano rilevabili di ufficio) dal D.Lgs. n. 546 del 1992, la prima espressamente consentita dall’art. 58, comma 2, del medesimo decreto, il quale – diversamente da quanto previsto per il giudizio civile dall’art. 345 c.p.c. – fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti (cfr. Cass. 12022/2009, Cass. 3611/2006 e altre).

Il secondo motivo di ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata.

Non si può peraltro procedere alla decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, richiesta in ricorso, perchè la concludenza probatoria della documentazione prodotta in appello dalla contribuente, ai fini della esclusione della plusvalenza ritenuta nell’impugnato avviso di accertamento, deve formare oggetto di un accertamento di fatto precluso a questa Corte. Nè in proposito rileva che nella sentenza gravata sia contenuta l’affermazione che la prova gravante sulla contribuente sarebbe stata conseguita mediante la produzione documentale in questione; detta affermazione è infatti estranea alla ratto deciderteli della sentenza impugnata, che risiede nella ritenuta inammissibilità della produzione documentale. La valutazione di ammissibilità di un documento è logicamente preliminare rispetto alla valutazione della sua concludenza probatoria, cosicchè la suddetta affermazione va considerata una mera ridondanza, priva di qualunque efficacia di accertamento tanto nel giudizio davanti a questa Corte quanto nel giudizio di rinvio.

Conclusivamente, alla cassazione della sentenza impugnata deve seguire il rinvio ad altra sezione della stessa Commissione Tributaria Regionale, che giudicherà la causa tenendo conto della documentazione prodotta dalla contribuente in grado di appello, erroneamente ritenuta inammissibile dalla sentenza cassata, e regolerà anche le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso e, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, che provvedere anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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