Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2226 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. lav., 25/01/2019, (ud. 07/11/2018, dep. 25/01/2019), n.2226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13704-2013 proposto da:

INTESA SANPAOLO SPA, in persona del legale rapp.te p.t. elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 18, presso lo studio

dell’avvocato GENNARO CAPASSO, rappresentata e difesa dall’avvocato

LUCA CIRILLO;

– ricorrente –

contro

A.G., FONDO PREVIDENZA COMPLEMENTARE PERSONALE BANCO

NAPOLI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 346/2013 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, pubblicata il 15/03/2013 R.G.N. 205/12.

Fatto

RITENUTO

Che:

La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 346/2013, ha respinto l’appello proposto da Intesa Sanpaolo s.p.a. avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda di A.G. (pensionato e titolare di pensione base erogata dall’INPS e di pensione complementare a carico dell’ex Fondo pensioni del Banco di Napoli) tesa ad ottenere il risarcimento del danno, quantificato in Euro 2401,00, derivato dalla circostanza che l’Istituto bancario aveva omesso di applicare, quale sostituto d’imposta, il regime di tassazione ridotta previsto dal D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13 in ordine alla parte complementare del trattamento pensionistico;

la sentenza ha fondato il proprio convincimento sulla considerazione che l’Istituto aveva effettivamente omesso, dal gennaio 1998 a gennaio 2005, di applicare la corretta tassazione sulla parte integrativa della pensione ed inoltre era rimasto inerte rispetto all’onere di richiedere, sempre quale sostituto d’imposta, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, il rimborso per il recupero dell’Irpef versata in più, nel procedere al recupero mediante compensazione e nell’inviare all’ A. le dichiarazioni annuali necessarie perchè quest’ultimo potesse provvedere a chiedere tempestivamente il rimborso ai sensi dell’art. 38 cit., comma 2;

in particolare: a) non aveva rilievo, in quanto la documentazione in atti dimostrava che le componenti erano contabilmente separate ed evidenti, il motivo d’appello relativo al fatto che sino al dicembre del 2003 l’Istituto aveva erogato anche la parte di trattamento pensionistico base gravante sull’INPS e sulla quale si applicava la normale tassazione, senza possibilità di scindere le due componenti; b) l’Istituto, solo a seguito delle richieste del pensionato, in data 18 marzo 2005, si era reso conto dell’errore ed aveva fornito i dati necessari per chiedere il rimborso, con ciò dimostrando di aver avuto sin dal principio i mezzi per ottemperare e che non era necessario a tal fine che fosse istituito, come poi avvenuto nel 2001, il Fondo pensione complementare per il personale del Banco di Napoli, poichè la tassazione agevolata era stata prevista sin dal D.Lgs. n. 124 del 1993; c) nessun concorso di colpa poteva addebitarsi all’ A. che solo nel febbraio 2006 aveva ottenuto i dati fiscali necessari per poter avanzare, personalmente, richiesta D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, comma 2, quando era ormai decaduto dalla possibilità di richiedere il rimborso che era stato correttamente negato dall’Agenzia delle Entrate per tale motivo;

avverso tale sentenza ricorre per cassazione Intesa Sanpaolo s.p.a. sulla base di due motivi: 1) violazione e o falsa applicazione del D.Lgs. n. 357 del 1990, artt. 2,4 e 6 in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 23 e ss ed erronea affermazione circa la possibilità di ricavare la quota di pensione a carico dell’AGO, essendo le indicazione emerse dalla documentazione solo approssimative; 2) violazione ed errata applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 ed errata valutazione dell’assenza di concorso di responsabilità del pensionato nella causazione del danno;

A.G. ed il Fondo di Previdenza per il Personale del Banco di Napoli sono rimasti intimati;

Diritto

CONSIDERATO

Che:

il primo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 357 del 1990, artt. 2,4 e 6, che disposero la soppressione dei regimi previdenziali esclusivi e/o esonerativi previsti per i dipendenti di alcune banche, con ciò intendendo rappresentare l’infondatezza della pretesa del pensionato in ragione dell’impossibilità per la ricorrente di applicare la tassazione ridotta sulla pensione complementare erogata prima che intervenisse la prevista convenzione con l’INPS in ragione del fatto che, fino a tale momento, la stessa ricorrente erogava unitariamente sia la pensione complementare a proprio carico che quella base a carico dell’Inps;

il motivo è infondato giacchè, data per pacifica la regolamentazione normativa della vicenda relativa alla soppressione dei fondi esonerativi o esclusivi, con i contenuti richiamati dalla ricorrente, non vi è dubbio che la Corte d’appello di Reggio Calabria ha, in fatto, accertato che risultava per tabulas dalla documentazione prodotta dall’ A. sin dal primo grado del giudizio che negli anni in contestazione (1998-2001) era stato erogato un trattamento pensionistico composto delle due componenti, di base e complementare, contabilmente evidenziate e distinte e da ciò consegue l’irrilevanza delle giustificazioni addotte dall’Istituto Sanpaolo s.p.a., posto che non è stata confermata la premessa della impossibilità di applicare tassazioni differenziate a causa della confusione tra le erogazioni corrispondenti alle due prestazioni pensionistiche;

si tratta, come è evidente, di apprezzamento di merito scaturito dall’esame diretto dei documenti indicati in sentenza nei confronti dei quali il motivo non formula alcuna critica, fondandosi invece sulla affermata mancanza di certezza dei rispettivi importi, nel periodo antecedente all’operatività della convenzione intercorsa con l’INPS, sull’entità della pensione complementare rispetto a quella a carico dell’INPS;

su tale valutazione, che in concreto si pone sul piano dell’effettività piuttosto che su quello dell’astrattezza che caratterizza il motivo, non è ammesso lo scrutinio da parte di questa Corte di cassazione giacchè non è posta in dubbio la coerenza logica della motivazione nè la violazione di legge processuale relativa all’acquisizione della prova stessa;

il secondo motivo è pure infondato giacchè risulta erroneamente incentrato sulla affermazione della concorrente responsabilità dell’ A. nella causazione del danno derivante dalla circostanza che lo stesso non impugnò il rigetto espresso dall’Agenzia delle Entrate per intervenuta decadenza della domanda di rimborso, ai sensi del D.P.R. n. 603 del 1973, art. 38 e, dunque, con tale condotta avrebbe potuto evitare il danno di cui pretende il risarcimento;

questa Corte di cassazione, (vd. ex multis Cass. nn. 24522 del 2018; 14853 del 2007, 19139 del 2005) contrariamente a quanto prospettato dalla ricorrente, ha avuto modo più volte di affermare il principio secondo cui ai fini della determinazione del danno risarcibile, la valutazione del comportamento del danneggiato volto a limitare le conseguenze dannose dell’altrui inadempimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 2, deve essere effettuata alla stregua dell’art. 1375 c.c., e quindi del principio dell'”apprezzabile sacrificio”, e comporta che il creditore sia tenuto anche a una condotta attiva o positiva, la quale però non sia gravosa o tale da determinare notevoli rischi o rilevanti sacrifici quale la introduzione di un processo;

il ricorso va, quindi, rigettato;

nulla va disposto quanto alle spese del presente giudizio posto che A.G. ed il Fondo di Previdenza Complementare per il Personale del Banco di Napoli sono rimasti intimati;

l’esito del giudizio costituisce il presupposto per la affermazione della sussistenza dell’obbligo di pagamento dell’ulteriore importo previsto a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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