Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22258 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/10/2011, (ud. 20/09/2011, dep. 26/10/2011), n.22258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28685/2008 proposto da:

AGENZIA ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

COLSEMI SRL;

– intimato –

Nonchè da:

COLSEMI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI MONTI PARIOLI 48 presso lo

studio dell’avvocato MARINI GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende

giusta delega a margine;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 63/20 08 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 01/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO ALESSANDRO, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, il rigetto dell’incidentale;

udito per il resistente l’Avvocato MARINI GIUSEPPE, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso incidentale, il rigetto del ricorso

principale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il giorno 24.11.2008 è stato notificato alla “Colsemi srl”, un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata 1.8.2008), che ha parzialmente accolto l’appello della Colsemi srl, ed ha condannato l’Amministrazione Finanziaria alla restituzione del credito IVA invocato, e che ha invece respinto l’appello proposto dall’Agenzia avverso la decisione della CTP di Lecco (n. 166/02/2007) con cui era stato pronunciato l’annullamento dell’avviso di accertamento a mezzo del quale l’Agenzia aveva negato la legittimità della detrazione IVA relativa all’anno 2003.

La parte intimata si è difesa con controricorso e ricorso incidentale condizionato e con successiva memoria illustrativa.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 20.9.2011, in cui il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale (con assorbimento di quello incidentale).

2. I fatti di causa.

Supponendo l’esistenza di una fittizia interposizione in ordine a fatture concernenti la cessione di un immobile ad uso laboratorio sito in (OMISSIS), acquistato da tale GE.MI.NI. srl, l’Ufficio di Merate aveva adottato a riguardo della Colsemi srl provvedimento di diniego della detrazione IVA per Euro 272.157,00 imputata all’esercizio 2003, e ciò sulla premessa che la GE.MI.NI. aveva acquistato il predetto immobile (da tale Progresfil sas) circa un mese prima di rivenderlo, nel mentre la Progresfil ne aveva continuato a detenere il possesso fino al successiva rivendita (in virtù di un contratto di locazione stipulato con la acquirente nella stessa data dell’atto di vendita). La illogica concatenazione degli atti ed il fatto che non fosse stata di fatto versata l’IVA dovuta per la prima transazione avevano determinato l’Ufficio ad adottare un provvedimento con cui era stato non solo disconosciuto il diritto di credito ma anche accertata una maggiore imposta pari ad Euro 272.157,00 oltre alle sanzioni di legge.

L’adita CTP ha accolto parzialmente il ricorso della Conselmi, annullando l’avviso di accertamento (attesa l’insussistenza della ipotizzata simulazione) ma dichiarando inammissibile la domanda della contribuente volta ad ottenere la restituzione dell’IVA. Avverso detta decisione aveva proposto appello la Colsemi srl, in riferimento allo specifico capo con cui la Commissione di primo grado aveva dichiarato inammissibile la domanda da essa Colsemi proposta, di condanna dell’Ufficio alla restituzione dell’IVA chiesta in rimborso nella dichiarazione, sul presupposto che non fosse stato impugnato il provvedimento di diniego del rimborso.

Con appello incidentale, l’Agenzia aveva invece chiesto la riforma della pronuncia di primo grado, sia sul punto dell’accertamento di nullità del provvedimento impositivo e sia sul capo con cui era stata condannata alla rifusione delle spese di lite, riproponendo gli argomenti dedotti in primo grado.

L’adita CTR aveva quindi pronunciato la condanna dell’A.F. alla restituzione dell’IVA a credito, respingendo l’appello incidentale e compensando tra le parti le spese del processo di appello.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata da un lato (quanto all’appello principale) nel senso che la domanda di restituzione (accessoria e connessa a quella di impugnazione del provvedimento di accertamento) non supponeva di necessità la esplicita contestazione del diniego di restituzione (peraltro mai espresso attraverso un autonomo provvedimento), e dall’altro (quanto all’appello incidentale) nel senso che la censura dell’Agenzia trovava smentita nel fatto che si era trattato di due vendite effettivamente intervenute sia tra la Progresfil e la Gemini che tra quest’ultima e la Colsemi, nonostante i ravvicinati tempi di acquisto e di rivendita (un mese) e la tenue differenza tra il prezzo della prima e della seconda vendita.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso principale è sostenuto con unico (complesso) motivo d’impugnazione (fondato sulla insufficiente motivazione circa i fatti che erano stati portati dall’Ufficio a base dell’accertamento) e – dichiarato il valore della causa nella misura di Euro 612.353,25 – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese processuali.

Il ricorso incidentale condizionato è sostenuto con due motivi di impugnazione, l’uno fondato sulla violazione dell’art. 2697 c.c., in materia di prova dei profili soggettivi della simulazione; l’altro fondato sulla violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, per omessa pronuncia da parte del giudice di appello sul motivo relativo alla detraibilità dell’IVA assolta sugli acquisti da parte del cessionario e per l’ipotesi di irregolarità commesse dai cedenti.

Anche il ricorso incidentale si conclude – in via subordinata e per l’ipotesi di accoglimento di quello principale – con la richiesta di cassazione della sentenza di appello.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Rilievo preliminare “ex officio” di questioni assorbenti.

Prima ancora di passare all’esame del motivo di impugnazione principale (ed alle correlate eccezioni di inammissibilità proposte dalla parte intimata), motivo che resta assorbito in una con i motivi di impugnazione incidentale, questa Corte ha il dovere – per ragioni di continuità con la propria giurisprudenza in materia (fra tutte si veda Cass. S.U.23.12.2008 n.30057)- di rilevare le eventuali cause di invalidità o inopponibilità del negozio qui in esame, nei limiti in cui ciò non è precluso dall’eventuale giudicato interno, e per quanto emerge direttamente dagli atti di causa, senza esigenza di nuove indagini di fatto.

Ed invero, è indirizzo costante di questa Corte che ne processo tributario, pur essendo l’oggetto del giudizio delimitato dalle ragioni su cui si fonda il provvedimento impositivo, tuttavia – una volta che l’Amministrazione, come nel caso di specie, fonda il proprio accertamento sull’integrale disconoscimento di determinati costi e crediti di imposta – il tema della validità ed opponibilità all’A.F. del negozio donde promanano detti costi o crediti a carico dell’Erario deve comunque ritenersi acquisito al thema decidendum per il solo effetto delle allegazioni proposte dal contribuente nel Patto in cui fa valere detti crediti o detti costi ed in ragione de generale principio di indisponibilità (da parte dell’A.F.) della pretesa tributaria.

Nel merito delle questioni oggetto di esame, non può pretermettersi la considerazione della pacifica esistenza nel nostro ordinamento di un generale principio antielusivo che, in materia di tributi armonizzati (quale l’I VA qui in contestazione), va rinvenuto nella giurisprudenza comunitaria (in cui si specifica il dovere del giudice nazionale di dare applicazione d’ufficio al diritto comunitario in applicazione del principio di effettività, dovere rafforzato dalla previsione dell’art. 117 Cost.).

Invero, è già stato ritenuto da questa Corte (per tutte si vedano Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25374 del 17/10/2008 e Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11236 del 20.5.2011) che in tema di IVA, le pratiche abusive consistenti nell’impiego di una forma giuridica o di un regolamento contrattuale – seppur non contrastante con alcuna specifica disposizione – al fine di realizzare quale scopo principale (seppur non esclusivo) un risparmio di imposta, anche se allo stesso si accompagnino secondarie finalità di contenuto economico, consistono in abusi di diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento comunitario e pertanto assumono rilievo normativo primario in tale ordinamento, indipendentemente dalla presenza di una clausola generale antielusiva nell’ordinamento fiscale italiano.

Nè siffatto principio può in alcun modo ritenersi contrastante con la riserva di legge in materia tributaria di cui all’art. 23 Cost., in quanto il riconoscimento di un generale divieto di abuso del diritto nell’ordinamento tributario non si traduce nella imposizione di ulteriori obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali.

Il giudice del merito ha omesso di valorizzare siffatto principio non avendo rilevato d’ufficio la problematica della sua eventuale applicabilità alla specie qui in esame, come invece avrebbe dovuto fare alla luce della astratta compatibilità delle circostanze allegate dalle parti e ritualmente acquisite al giudizio rispetto alla tematica della abusiva concatenazione di negozi giuridici finalizzati esclusivamente al risparmio d’imposta – e siffatta omissione è già motivo assorbente di cassazione della sentenza di appello.

Ed infatti, dalla ricostruzione della fattispecie di causa ricavabile dalla sola pronuncia appellata – e pur senza considerare le allegazioni di parte qui ricorrente, che sono state giustamente tacciate di non autosufficienza dalla parte intimata – si desume che la immediata successione temporale tra i due negozi di vendita; la tenue differenza tra i corrispettivi pagati in ciascuno di essi e la persistente disponibilità dell’immobile in capo alla originaria cedente (in una con la rilevata omissione de pagamento dell’IVA da parte dei soggetti stipulanti la prima delle due cessioni), e perciò la concatenazione di fatto tra le negoziazioni (prospettabili come un unicum alla luce della loro finalità comune) avrebbe dovuto costituire materia già sufficiente perchè il giudice del merito rilevasse avanti a sè la questione dell’applicabilità del generale principio antielusivo, nel concreto degli elementi di fatto ad esso giudice sottoposti dalle parti.

E pertanto la causa, siccome abbisognevole di ulteriori accertamenti di fatto (pretermessi dal giudice del merito, che ne avrebbe dovuto trarre le più utili conseguenze quanto alla idoneità delle intervenute pattuizioni a realizzare i benefici fiscali contestati dall’Agenzia), va restituita alla stessa CTR della Lombardia che, in diversa composizione e attenendosi ai principi qui riassunti, provvederà ad un nuovo esame della questione e provvederà anche sulle spese di lite di questo grado.

P.Q.M.

la Corte, decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di questo grado di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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