Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22258 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2020, (ud. 17/06/2020, dep. 15/10/2020), n.22258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33273-2018 proposto da:

D.P., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati GIUSEPPE CUNDARI, FRANCESCO CUNDARI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso il decreto 190/2018 cron. del TRIBUNALE di AVELLINO,

depositato l’08/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Nel giugno 2016, D.P. ha presentato istanza tardiva di ammissione in rango privilegiato al passivo del Fallimento della s.r.l. (OMISSIS). Ha titolato la propria richiesta nel diritto a ricevere dalla società poi fallita (a seguito di sentenza dichiarativa emessa dal Tribunale di Avellino nell’aprile 2014) le “spettanze di fine rapporto” del lavoro subordinato svolto, quale operaio di IV livello.

Il giudice delegato ha respinto la richiesta, rilevando l’avvenuto decorso del termine di prescrizione quinquennale, posto che il rapporto lavorativo era cessato nel giugno 2010.

2.- Il signor D. ha allora proposto opposizione ex art. 98 L. Fall. avanti al Tribunale di Avellino. Che la ha respinta con decreto depositato in data 2 ottobre 2018.

3.- Il Tribunale ha rilevato, in particolare, che, “pur a volere riconoscere efficacia di atto interruttivo della prescrizione al verbale del 15 ottobre 2010, il termine di prescrizione quinquennale riferito alla natura del credito fatto valere dall’opponente è comunque decorso in relazione al momento di presentazione dell’istanza di insinuazione”.

Non è infatti possibile ritenere – così si è proseguito – che “il dies a quo della prescrizione fosse da far coincidere con la dichiarazione di fallimento della (OMISSIS). Nè è possibile ricostruire la fattispecie nel senso indicato dall’opponente quanto al fatto che l’obbligo di pagamento in seguito a quell’accordo (stretto, nell’ottobre 2015, tra la società fallita e il Comune di Caserta) fosse condizionato sospensivamente, perchè la previsione secondo cui la società avrebbe pagato solo al momento della ricezione delle somme dovute dal Comune di Caserta non può essere qualificata come introduttiva di condizione sospensiva, ma semplicemente come una previsione che rimodulava le modalità di pagamento di un credito già esistente ed esigibile”.

4.- Avverso questo provvedimento D.P. ricorre per cassazione, articolando due motivi di cassazione.

Il Fallimento non ha svolte difese nel presente grado di giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.- Il primo motivo di ricorso denunzia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., punto 5)”.

Sostiene il ricorrente che il Tribunale di Avellino “non ha applicato i giusti criteri ermeneutici del processo logico applicabile alla fattispecie sottoposta al suo esame, ma ha applicato quelli relativi a una fattispecie diversa”.

Questo perchè, nella specie, si è verificato “il mancato esame di una clausola contrattuale che non aveva bisogno di interpretazione, ma solo di essere osservata e che, se osservata, avrebbe certamente indotto il giudice ad applicare criteri logico-giuridico differenti che avrebbero portato a una diversa decisione”: tale clausola “conteneva la fissazione implicita dei termini di pagamento”.

6.- Il motivo è inammissibile.

Nei fatti, il decreto del Tribunale si è ben occupato dell'”accordo intervenuto in data 15.10.2015 fra la s.r.l. (OMISSIS), il Comune di Caserta, i sindacati, le RSA e i lavoratori”, a cui allude il ricorso; e, in particolare, del contenuto di quest’accordo che il ricorrente riporta a p. 3 s. del suo atto. Non risulta, in definitiva, che nella specie si sia verificato un vizio di “omesso esame” (cfr., il secondo capoverso del precedente n. 3).

D’altra parte, l’interpretazione dei testi contrattuali è, secondo il costante orientamento di questa Corte, questione di fatto, quindi non sindacabile in sede di legittimità, almeno sin tanto che non venga invocato un errore del giudice del merito nell’utilizzo dei canoni interpretativi. Ipotesi, quest’ultima, che il ricorrente non ha affacciato.

E’ appena il caso di aggiungere, poi, che una questione di interpretazione rimane tale anche ove nel concreto essa possa pure manifestarsi (eventualmente) di semplice, agevole risoluzione. Non appare invero condivisibile l’opinione del ricorrente per cui l’assunta immediatezza della lettura della clausola (nel concreto, peraltro, da questi solo allegata) farebbe degradare il tema dal livello proprio della interpretazione a quello (non meglio identificato, peraltro) della “osservazione”.

7.- Il secondo motivo lamenta “violazione ed errata applicazione delle norme di diritto date dagli artt. 1353,1355,1362 ss. c.c. (art. 360 c.p.c., punto 3)”.

Secondo il ricorrente, il Tribunale ha errato nel ritenere che l’accordo dell’ottobre 2015 non contenesse una condizione sospensiva (in relazione all’impegno di pagamento della s.r.l.), assumendo che “erano perfettamente indicati i termini per procedere ai pagamenti delle somme concordate”.

In realtà, l’accordo in questione concretava un “nuovo e diverso impegno”: che “impegnava il Comune di Caserta a utilizzare le somme dovute alla (OMISSIS)… per il pagamento diretto di un debito contratto dalla società appaltatrice”: “se (OMISSIS) non verserà le somme al lavoratori, il Comune di Caserta effettuerà il versamento direttamente ai lavoratori”.

D’altra parte, prosegue il motivo, “è vero che la condizione si ha quando l’efficacia del contratto è sottoposta al verificarsi di un evento futuro e incerto”; nel caso in cui, però, viene fissato un termine entro il quale deve avverarsi l’evento, non significa che non esiste la condizione, ma significa solo che la condizione è diventata impossibile, con tutte le relative conseguenze”.

8.- Il motivo è inammissibile.

Di là dalla indebita commistione che, in punto di diritto, consuma tra i distinti istituti della condizione e del termine per adempiere, il motivo si sostanzia nella proposizione di una ricostruzione della fattispecie concreta diversa e contrapposta a quella compiuta dal Tribunale campano.

Peraltro, come già si è osservato nel contesto del primo motivo, la materia dell’interpretazione dei negozi non è, di per sè, soggetta al sindacato di questa Corte.

9. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non ha luogo provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, posta la mancata costituzione del Fallimento intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 17 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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