Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22256 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/10/2011, (ud. 20/09/2011, dep. 26/10/2011), n.22256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

s.a.s. AEROMECCANICA COLOMBO di Colombo Marco & C, con sede

in

(OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla

Circonvallazione Clodia n. 36/b presso lo studio dell’avv. CERTOMA’

Francesco Antonio insieme con l’avv. Cesare CICORELLA che la

rappresenta e difende in forza della procura speciale rilasciata a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(1) l’AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, e

(2) il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, entrambi elettivamente domiciliati in Roma alla

Via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che

li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 33/05/05 depositata il 26 aprile 2005 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 settembre

2011 dal Cons. Dr. Michele D’ALONZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. ZENO

Immacolata, la quale ha concluso per la “remissione al primo

giudice”.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato all’AGENZIA delle ENTRATE, la s.a.s.

AEROMECCANICA COLOMBO di Colombo Marco & C. – premesso che con “avviso di rettifica” notificato “in data 23 luglio 1999” l’Ufficio, sulla scorta di un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, aveva accertato a suo carico, per l’anno 1993, una “maggiore ILOR di L. 8.137.000” ritenendo relative ad “operazioni inesistenti” le fatture (“imponibile … L. 134.714.200”; “IVA … L. 25.595.698”) emesse in suo favore dalla “EURO UTENSILI s.a.s.”, in forza di un solo motivo, chiedeva di cassare la sentenza n. 33/05/05 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (depositata il 26 aprile 2005) che aveva disatteso il suo appello avverso la decisione (75/22/01) della Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale aveva respinto il ricorso.

L’Agenzia intimata e il Ministero dell’Economia e delle Finanze notificavano controricorso nel quale instavano per il rigetto dell’impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Sulla inapplicabilità del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12.

In via preliminare va evidenziato che la trattazione (e, quindi, la decisione) della “lite fiscale” oggetto dell’impugnazione in esame non è preclusa dalla astratta sua “definibilità” – in ragione dell’oggetto “avvisi di rettifica”, dell’ente impositore “Agenzia delle Entrate”, del “valore” “non superiore a 20.000,00 Euro” della stessa nonchè della sua pendenza alla data limite – in forza del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 155 dello stesso giorno e, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, in G.O. n. 164 del giorno successivo) – per il cui comma 12 (1) “le liti fiscali di valore non superiore a 20.000,00 Euro in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti alla data del primo maggio 2011 …, possono essere definite … con il pagamento delle somme determinate ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16” e (2) “a tal fine, si applicano le disposizioni di cui al citato art. 16, con le seguenti specificazioni … c) le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente comma sono sospese fino al 30 giugno 2012” – atteso che la “contribuente” non ha proposto istanza di sospensione della trattazione, ovverosia l’istanza richiesta dall’art. 16, comma 6 della Legge del 2002 il quale dispone, nella seconda parte del primo inciso, che “qualora”, come nel caso (essendo stata notificata alle parti la comunicazione prevista dell’art. 377 c.p.c., comma 2, in data anteriore alla emanazione della norma), “sia stata già fissata la trattazione della lite nel suddetto periodo” (ovverosia dall’entrata in vigore della norma “fino al 30 giugno 2012”) “i giudizi sono sospesi a richiesta del contribuente che dichiari di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”.

p. 2. Inammissibilità del controricorso del Ministero.

In via ancora preliminare, ma gradata, deve essere poi rilevata e dichiarata ex officio l’inammissibilità del controricorso del Ministero perchè lo stesso non ha nemmeno dedotto di aver preso parte al giudizio di appello nè allegato (e provato) di essere titolare di un qualche rapporto giuridico che – come costantemente richiesto da questa Corte (Cass.: 2^, 23 agosto 2007 n. 17922; trib., 7 maggio 2007 n. 10341; 3^, 26 gennaio 2006 n. 1692; 2^, 26 gennaio 2006 n. 1507; 2005 n. 965; 2^, 13 settembre 2004 n. 18346; 2^, 29 aprile 2003 n. 6649; 2^, 4 febbraio 2002 n. 1468; 2^, 23 novembre 2001 n. 14910) – lo legittimi, anche al fine di dimostrare la sussistenza del necessario ed imprescindibile interesse (art. 100 c.p.c.), a resistere all’impugnazione.

In proposito, va ricordato che per effetto ed in conseguenza del trasferimento di funzioni e di rapporti inerenti le entrate tributarie dal Ministero (dell’Economia e) delle Finanze alle Agenzie Fiscali (tra cui, l’Agenzia delle Entrate) – le quali ultime sono divenute operative a partire dal primo gennaio 2001 in base al D.M. 28 dicembre 2000, art. 1 – disposto dal titolo quinto, capo secondo, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, ciascuna Agenzia (2) è succeduta al Ministero nei rapporti, sostanziali e processuali, in corso a quel momento e (2) è divenuta titolare esclusiva dei rapporti tributari (e, pertanto, unica legittimata processualmente) sorti successivamente alla data detta di sua operatività: nel caso, l’appello (come risulta dalla sentenza impugnata) è stato “depositato il 21 marzo 2002”, quindi dopo il primo gennaio 2001 detto, per cui il processo di appello si è svolto solo tra l'(Ufficio locale dell’)Agenzia e la contribuente.

p. 3. La decisione sul ricorso.

Sempre preliminarmente, va di poi rilevata (ancora ex officio) e dichiarata la nullità dell’intero giudizio per violazione dell’art. 14 (“litisconsorzio ed intervento”) D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per il cui comma 1 “se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi”.

La controversia, infatti, ha ad oggetto l’impugnazione dell'”avviso di accertamento relativo all’anno 93 … in materia ILOR” notificato alla s.a.s Aeromeccanica Colombo & C, quindi ad una società di persone: il maggior “reddito” accertato, pertanto, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, comma 1 (T.U.I.R.) (per il quale “i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”) – che corrisponde, nella sostanza, alla regolamentazione dei “redditi prodotti in forma associata” contenuta nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 5, comma 1″; redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o amministrativa o l’oggetto principale dell’attività, sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dall’effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”, deve essere necessariamente imputato ai suoi soci.

In siffatta ipotesi il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40, comma 2, dispone che “alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle società e associazioni indicate nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5, si procede con unico atto ai fini dell’imposta locale sui redditi dovuta dalle società stesse e ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche o delle persone giuridiche dovute dai singoli soci o associati…”.

In ordine al riprodotto complesso normativo le sezioni unite di questa Corte (sentenza 4 giugno 2008 n. 14815) hanno affermato il principio (reiteratamente seguito da questa sezione: sentenze 6 aprile 2009 n. 8253; 4 dicembre 2009 n. 25567; 28 luglio 2010 n. 17586; 21 aprile 2011 nn. 9176-9177; ordinanze ex art. 375 c.p.c.: 27 maggio 2009 n. 12443; 20 aprile 2011 nn. 9095, 9096 e 9088, ex multis) secondo cui “la unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla società, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente (salvo che vengano prospettate esclusivamente questioni personali) la società ed i soci, i quali tutti devono essere parte nello stesso processo, e che la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1), perchè non ha ad oggetto la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione (Cass. SS. UU. 1052/07)”, con la conseguenza che, poichè “si verte in fattispecie di litisconsorzio necessario originario”;

(1) “il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati, destinatario di un atto impositivo, apre la strada al giudizio necessariamente collettivo e il giudice adito in primo grado deve ordinare l’integrazione del contraddittorio (a meno che non si possa disporre la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29)”;

(2) “il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è nulla per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 2”;

(3) “trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio”.

Nel caso il giudice del merito (in entrambi i gradi) ha esaminato l’impugnazione dell’avviso di accertamento della società senza rilevare la mancata partecipazione al processo dei soci della stessa:

tale mancanza ha determinato la nullità dell’intero giudizio (quindi anche delle sentenze pronunciate nello stesso), che deve essere, pertanto, rilevata e dichiarata.

La causa, poi, in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, “la commissione tributaria regionale rimette la causa alla commissione provinciale che ha emesso la sentenza impugnata … b) quando riconosce che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato” deve essere rimessa innanzi (non rinviata) alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano affinchè provveda a decidere la controversia previa integrazione del contraddittorio con tutti i soci dell’epoca della società ricorrente:

“quando risulta … integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario” (perchè, come nel caso, “non rilevata nè dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, e non osservate nemmeno da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice”), infatti (Cass., 3^, 13 aprile 2007 n. 8825, che rinvia a “Cass., 29/11/2005 n. 26041; Cass., 25/5/2004 n. 10034; Cass., 30/1/2003 n. 1462; Cass., 7/11/2002 n. 15643; Cass., 7/7/1987 n. 5903; Cass., 22/6/1999 n. 6333; Cass., 11/2/1997 n. 1258”) “resta viziato l’intero processo e si impone, in sede di giudizio per cassazione, l’annullamento (anche d’ufficio) delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure a norma dell’art. 383 c.p.c., u.c.”.

p. 4. Delle spese processuali.

Le spese dell’intero giudizio vanno compensate in toto tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, attesa la novità del principio sul quale si fonda la presente decisione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il controricorso del Ministero e, pronunciando sul ricorso della società, dichiara la nullità dell’intero giudizio, cassa la sentenza gravata e rimette la causa innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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