Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22256 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/09/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 05/09/2019), n.22256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25920-2018 proposto da:

M.A., elettivamente domic. presso l’avvocato FEDERICO CECHET

che lo rappres. e difende, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 53728/2017 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 21/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/05/2019 dal Consigliere relatore Dott. CAIAZZO

ROSARIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 21.6.2018, il Tribunale di Torino rigettò il ricorso proposto da M.A.’ avverso il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di Torino di diniego della domanda di riconoscimento della protezione internazionale, osservando che: non sussistevano i presupposti per fissare l’udienza di comparizione del ricorrente in presenza del verbale dell’audizione innanzi alla suddetta Commissione; non ricorrevano altresì i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e del permesso umanitario.

Lo A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Con il primo motivo, in via preliminare, è sollevata questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3 septies come modificato dal D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1, lett. a, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, per aver il legislatore escluso il grado(d’appello in ordine all’impugnazione dei provvedimenti del Tribunale in tema di protezione internazionale.

Con il secondo motivo, è sollevata questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g, per violazione delle norme costituzionali di cui al primo motivo, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre ricorso per cassazione è di 30 giorni a decorrere dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado.

Con il terzo motivo è dedotta la nullità del decreto impugnato per la mancata audizione del ricorrente in mancanza della relativa videoregistrazione.

Con il quarto motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,4,5,6,7,8 e 11 avendo il Tribunale rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e, in via subordinata, della protezione sussidiaria ed umanitaria.

Va esaminato preliminarmente, per la relativa priorità logica, il terzo motivo, che va accolto.

Il Tribunale ha ritenuto che: nella fattispecie fosse applicabile del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 previgente alla riforma introdotta dal D.L. n. 13 del 2017 che non menzionava la videoregistrazione ma solo, oltre alla trascrizione, la registrazione e comunque non in via obbligatoria; in secondo luogo, l’udienza di comparizione delle parti, pur richiesta dal ricorrente, non dovesse essere fissata, attesa la sufficienza della verbalizzazione delle sue dichiarazioni dinanzi alla Commissione territoriale, in mancanza della videoregistrazione che non aveva potuto essere eseguita per motivi tecnici.

In ordine ad una prima questione, relativa al diritto transitorio, non può trovare validazione il ragionamento svolto dal Tribunale con riferimento alla mancata entrata in vigore delle disposizioni riguardanti l’obbligo di videoregistrazione del colloquio del richiedente la protezione internazionale, in quanto la previsione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis come modificata dal D.L. n. 13 del 2017, relativa all’obbligatorietà dell’udienza, è stata prevista come immediatamente efficace e non soggetta alla vacatio dei 180 giorni stabiliti nell’art. 21 (relativo alle disposizioni transitorie).

Pertanto, può affermarsi il principio di diritto secondo cui nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio, è immediatamente efficace ed applicabile fin dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, come modificato dal D.L. n. 13 del 2017, non influendo su tale immediatezza operativa la vacatio legis riguardante l’obbligo di videoregistrazione delle dichiarazioni rese dal richiedente alla Commissione territoriale. Tale interpretazione è resa evidente delle intenzioni del legislatore che ha previsto l’udienza quale elemento centrale del procedimento giudiziale, necessaria ogniqualvolta non sia documentato il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali, anche in ragione della natura camerale non partecipata della fase giurisdizionale (Cass., ord. n. 32029/18).

Quanto alla seconda questione, va osservato che il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 14, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. c), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, sotto la rubrica “Verbale del colloquio personale”, colloquio contemplato in via generale dallo stesso D.Lgs., art. 12, comma 1 stabilisce che: “Il colloquio è videoregistrato con mezzi audiovisivi e trascritto in lingua it a.ana”, aggiungendo al comma 7 che “Quando il colloquio non può essere videoregistrato, per motivi tecnici o nei casi di cui al comma 6 bis (ossia su istanza del richiedente: n. d.r.), dell’audizione è redatto verbale sottoscritto dal richiedente e si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del presente articolo”.

Ora, va osservato che nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio. Tale interpretazione è resa evidente non solo dalla lettura, in combinato disposto, dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 ed 11 che distinguono, rispettivamente, i casi in cui il giudice può fissare discrezionalmente l’udienza, da quelli in cui egli deve necessariamente fissarla, ma anche dalla valutazione delle intenzioni del legislatore che ha previsto la videoregistrazione quale elemento centrale del procedimento, per consentire al giudice di valutare il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali, anche in ragione della natura camerale non partecipata della fase giurisdizionale (Cass., n. 17717/18; ord. n. 27182/18).

Gli altri motivi sono da ritenere assorbiti dall’accoglimento del terzo.

Per quanto esposto, il decreto impugnata va cassato, in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Milano, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, assorbiti gli altri.

Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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