Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2225 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/01/2020, (ud. 26/09/2019, dep. 30/01/2020), n.2225

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’Orfano Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25919/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

R.M.L.A., rappresentata e difesa, per procura

speciale in calce al controricorso, dall’avv. Claudio GRISANTI

presso il cui studio legale sito in Roma alla via Ettore Petrolini,

n. 11, è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 540/09/2018 della Commissione tributaria

regionale della LOMBARDIA, depositata il 09/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/09/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate accertava la fittizia costituzione della società di diritto lussemburghese FIVE STARS SA, costituita sotto forma di “societè de participation financiere” (so.par.fi), come tale beneficiaria di un regime fiscale particolarmente favorevole in Lussemburgo, il cui capitale sociale era interamente detenuto dalla Sopaf s.p.a., allo scopo esclusivo di acquisire e detenere, per conto di alcuni investitori, tra cui la controricorrente, quote del Fondo Immobili Pubblici (FIP), gestito dalla immobiliare SGR s.p.a., sfruttando i vantaggi derivanti dalla residenza fiscale della predetta società lussemburghese, atteso che i proventi del FIP percepiti da quest’ultima non erano assoggettati ad alcuna ritenuta, D.L. n. 351 del 2001, ex art. 7, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 410 del 2001, pro tempore vigente. Conseguentemente, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, l’Ufficio finanziario ripartiva i proventi corrisposti dal FIP alla Five Stars SA pro quota fra i contribuenti sottoscrittori di obbligazioni e warrant, tra cui la controricorrente, ed emetteva nei confronti di quest’ultima un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2010 con cui recuperava le ritenute evase sul reddito di capitale non dichiarato, irrogando la sanzione pecuniaria per infedele dichiarazione, nonchè, con separato atto di contestazione, irrogava un’ulteriore sanzione amministrativa per infedele dichiarazione del quadro WR.

2. La contribuente impugnava i predetti atti impositivi con separati ricorsi che la CTP di Milano riuniva ed accoglieva con sentenza confermata dalla CTR che rigettava l’appello proposto dall’amministrazione finanziaria sostenendo che “ben ha operato il Giudice di prime cure nell’accogliere i ricorsi a suo tempo riuniti sul presupposto del mancato assolvimento dell’onere della prova”, che “l’operato dell’Agenzia delle Entrate appellante si basa assolutamente su fatti pretestuosi ipotizzati, che invece avrebbero dovuto trovare un fondamento in prove concrete” e che “L’Appellata, a conferma del corretto operato del Giudice di prime cure, avrebbe fornito in quella sede ampia dimostrazione della propria estraneità all’intera vicenda della costituzione della FIVE STARS sa e della scelta della sede lussemburghese (voluta dal soggetto finanziatore dell’investimento FIP) e che l’intera vicenda fu gestita (da) SOPAF spa”.

3. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione sulla base di due motivi, cui replica l’intimata con controricorso.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale la controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, sub specie di motivazione apparente, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

3. Questa Corte ha più volte affermato che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata; l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti” (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonchè la giurisprudenza ivi richiamata).

2.1. Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).

2.2. Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).

3. In tale grave forma di vizio incorre anche la sentenza che, come nel caso di specie, opera un espresso quanto immotivato rinvio per relationem alla sentenza di primo grado. Al riguardo questa Corte (cfr. Cass. n. 22022 del 2017) “ha ripetutamente statuito che la motivazione per relationem è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., S.U. 14814/08 e 642/15), specificando che il giudice d’appello è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti (Cass. sez. V, nn. 4780/16, 6326/16; Cass. S.U. n. 8053/14; conf. ex multis, Cass. sez. V, nn. 16612/15, 15664/14, 12664/12, 7477/11, 979/09, 13937/02), sicchè deve considerarsi nulla – in quanto meramente apparente – una motivazione la cui laconicità non consenta di appurare, come nel caso di specie (in cui la CTR afferma che “ben ha operato il Giudice di prime cure nell’accogliere i ricorsi a suo tempo riuniti sul presupposto del mancato assolvimento dell’onere della prova”), che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello proposti (ex multis Cass. sez. V, nn. 3320/16, 25623/15, 1573/07, 2268/06, 25138/05, 13990/03, 3547/02)”.

4. Nella fattispecie il rinvio che la CTR opera alla sentenza di prime cure – come reso evidente dal contenuto motivazionale della sentenza impugnata sopra trascritta nella parte in questa sede rilevante – è fatto in evidente ed insanabile difformità al principio giurisprudenziale appena sopra enunciato, essendosi i giudici di appello limitati a condividere la sentenza appellata, che aveva rilevato il mancato assolvimento dell’amministrazione finanziaria agli oneri probatori sulla medesima incombenti, senza alcuna valutazione critica dei motivi di appello proposti al riguardo dall’Agenzia delle entrate, peraltro neppure sommariamente riferiti in sentenza, nonchè delle ragioni di condivisione della decisione adottata dai primi giudici, omettendo di riferire sulla base di quali elementi probatori sono pervenuti, peraltro in termini dubitativi, alla conclusione che “L’Appellata, a conferma del corretto operato del Giudice di prime cure, avrebbe fornito in quella sede ampia dimostrazione della propria estraneità all’intera vicenda della costituzione della FIVE STARS sa e della scelta della sede lussemburghese (voluta dal soggetto finanziatore dell’investimento FIP) e che l’intera vicenda fu gestita (da) SOPAF spa”.

5. La motivazione in esame si pone anche al di sotto del minimo costituzionale nella prospettiva di cui a Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 (secondo cui “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”).

6. Dall’accoglimento del mezzo sopra esaminato consegue il rigetto dell’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 360 bis c.p.c. e l’assorbimento del secondo motivo di ricorso, con cui la difesa erariale ha dedotto la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37.

7. Conclusivamente, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR perchè rivaluti la vicenda processuale fornendo adeguata motivazione e perchè provveda alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, oltre che di quelle di merito, sicchè la questione posta sul punto dalla controricorrente, oltre che inammissibile, perche dedotta solo con la memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, ultima parte, è anche irrilevante in questa fase.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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