Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22249 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/11/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 03/11/2016), n.22249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19660-2015 proposto da:

COMUNE SANTA MARIA DEL CEDRO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA MAZZINI 8 SC G INT 6, presso

lo studio PRECENZANO/RUGGIERO, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIUSEPPE BRUNO, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 537/04/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di CATANZARO del 19/03/2015, depositata il 17/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La CTR della Calabria (Catanzaro) – con sentenza n. 537/4/15, depositata il 17 aprile 2015, notificata l’8 maggio 2015, respinse l’appello proposto nei confronti del sig. A.A. dal Comune di Santa Maria del Cedro avverso la sentenza della CTP di Cosenza che, in parziale riforma di decreto presidenziale di cessazione della materia del contendere per annullamento in autotutela dell’atto impositivo, aveva pronunciato in ordine alle spese del giudizio secondo il criterio della soccombenza virtuale, ponendole a carico del Comune nella misura liquidata di Euro 1.318,58, oltre IVA e CPA.

Avverso detta sentenza l’ente locale ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’intimato non ha svolto difese.

Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, ovvero per motivazione apparente.

Il motivo è manifestamente fondato, compendiandosi la motivazione, in parte qua, nell’affermazione secondo la quale “pure in caso di cessazione della materia del contendere, il giudice può regolare le spese del giudizio secondo il criterio della soccombena virtuale, in applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1”, alla quale segue il richiamo di altra pronuncia della CTR della Calabria (n. 495/01/2009).

La pronuncia impugnata, che omette peraltro del tutto d’indicare i motivi addotti dal Comune a sostegno dell’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, non consente in alcun modo di ricostruirne, infatti, il percorso argomentativo seguito al fine di escludere la sussistenza dei presupposti atti a giustificare la compensazione delle spese richiesta dal Comune (tra le molte, in tema di motivazione del tutto omessa o apparente, cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 15 luglio 2016, n. 14602; Cass. sez. 5, 27 luglio 2007, n. 16736).

Ciò che era oggetto di contestazione da parte del Comune ricorrente nell’atto di appello, il cui contenuto essenziale è stato indicato nel ricorso per cassazione, non era, infatti, il potere del giudice di merito in ipotesi di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere relativamente ad ipotesi diverse dai casi di definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge – di disciplinare le spese del lite secondo il principio della soccombenza virtuale (ciò che scaturiva quale conseguenza diretta dalla sentenza della Corte costituzionale n. 274, depositata il 12 luglio 2005), ma l’avere la CTR trascurato di valutare la sussistenza delle ragioni che, ai sensi dell’art. 15, 1 comma, seconda parte, nel testo allora vigente, che richiamava l’art. 92 c.p.c., comma 2, avrebbero comunque giustificato la compensazione in tutto o in parte delle spese di lite.

Invero questa Corte (cfr. Cass. Sez. 5, 21 settembre 2010, n. 19947) aveva affermato il principio secondo il quale, in tema di processo tributario, nell’ipotesi, quale quella ricorrente nel presente giudizio, in cui l’estinzione da parte del giudice di merito era stata dichiarata ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 1 per cessazione della materia del contendere determinata dall’annullamento in autotutela dell’atto impugnato, può comunque essere disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’allora primo comma dell’art. 15 del citato decreto quale frutto di valutazione complessiva della lite da parte del giudice tributario, trattandosi di un’ipotesi diversa dalla compensazione ope legis di cui all’art. 46, comma 3 limitatamente ai casi di definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge, a seguito della menzionata parziale declaratoria d’illegittimità costituzionale di detta norma. Quanto sopra determina l’assorbimento dei restanti motivi. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto per manifesta fondatezza in ordine al primo motivo, assorbiti gli altri, con rinvio per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Calabria, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Fermo restando che il giudice di rinvio potrà fare applicazione, ai fini del governo delle spese, del criterio della soccombenza virtuale, ove ritenga che il Comune abbia dato luogo col proprio comportamento illegittimo all’instaurazione del giudizio, nondimeno, anche alla stregua del novellato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2, – che, nei fatti, ha contenuto identico, quanto ai presupposti della compensazione, al precedente comma 1 vigente al tempo della decisione impugnata in ragione dell’allora previsto rinvio all’art. 92 c.p.c., comma 2 nella sua formulazione applicabile ratione temporis – egli dovrà comunque valutare se ricorrano “quelle gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”, tali da giustificare la compensazione delle spese di lite invocata dal Comune ricorrente nell’atto di appello.

PQM

La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, a diversa sezione della CTR della Calabria.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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