Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22248 del 25/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/09/2017, (ud. 20/07/2017, dep.25/09/2017),  n. 22248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8087-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO

212, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO BRASCA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5005/22/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 23/09/2015;

viste le due memorie ex art. 380-bis c.p.c. di parte

controricorrente;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/07/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con riguardo ad avvisi di accertamento per rettifica Irpef degli anni d’imposta 2007-2008, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 la C.T.R. ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado depositata il 2 luglio 2013, in quanto tardivamente notificato il 17 febbraio 2015 presso lo studio dei difensori del contribuente “in via Festo Avieno”, sebbene nel corso del giudizio di prime cure il trasferimento di detto studio “da Via Gracchi n. 91 a Via Cola di Rienzo – Roma… era stato portato a conoscenza di controparte con le memorie illustrative ritualmente depositate in primo grado”;

2. l’amministrazione ricorrente lamenta error in procedendo per “violazione e falsa applicazione degli artt. 156,160,162,291,325 e 330 c.p.c.”, osservando che “la C.T.R. nonostante avesse dapprima disposto la rinnovazione della notificazione (poi nei termini concessi espletata presso lo studio dell’Avv. Squillace risultante dal sito istituzionale dell’ordine come all’attualità), ha poi tuttavia deciso nel senso della inesistenza, e non già della nullità, della notifica dell’impugnazione al procuratore della parte vittoriosa effettuata con esito negativo presso il domicilio dichiarato e poi trasferito”, quando invece “la prima notificazione non poteva considerarsi inesistente, ma semmai nulla”, con conseguente sanatoria ex tunc a seguito della costituzione in giudizio della parte appellata;

3. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto l’adozione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il ricorso è infondato, e la sentenza impugnata va quindi confermata, sia pure con integrazione della relativa motivazione;

5. in punto di fatto, vanno preliminarmente richiamate le vicende rilevanti ai fini del decidere, come riepilogate a pag. 6 e ss. del ricorso, da cui risulta che: nell’originario ricorso la contribuente aveva eletto domicilio presso lo studio dei difensori “in Roma, alla Via dei Gracchi n. 91”; nella memoria illustrativa depositata il 19 giugno 2013, nel corso del giudizio di prime cure, la stessa risultava domiciliata presso i medesimi difensori ma “in Roma, alla Via Cola di Rienzo n. 212”; l’intestazione della sentenza di primo grado del 2 luglio 2013 recava ancora l’originaria elezione di domicilio “in Roma, alla Via dei Gracchi n. 91”, ove l’appello dell’amministrazione veniva notificato in data 31 gennaio 2014, con restituzione del plico in data 5 febbraio 2014 per irreperibilità del destinatario, in quanto “trasferito”; con ordinanza del 3 febbraio 2015 la C.T.R., “vista la irregolarità della notifica dell’appello, assegnava termine all’agenzia delle entrate di giorni sessanta per nuova notifica dell’appello ai sensi dell’art. 291 c.p.c.”; in data 16 febbraio 2015 l’Ufficio rinnovava la notifica presso il nuovo studio del difensore, “in Roma, via Festo Avieno n. 102”;

6. occorre altresì rammentare che “nel processo tributario, le varicqioni del domicilio eletto o della residena o della sede, a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 17, comma 1, sono e icaci nei confronti delle controparti costituite dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata loro notificata la denuncia di variazione; tale onere è previsto per il domicilio autonomamente eletto dalla parte, mentre l’elezione del domicilio dalla medesima operata presso lo studio del procuratore ha la mera funzione di indicare la sede dello studio del procuratore medesimo. In tale caso, il difensore domiciliatario non ha a sua volta l’onere di comunicare il cambiamento di indirizzo del proprio studio ed è, invece, onere del notificante di effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia mutato, dovendo la notificazione essere effettuata al domicilio reale del procuratore anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte, ai sensi dell’art. 17, comma 3, del D.Lgs. citato” (Cass. Sez. 5, n. 7527/17; n. 26313/05; Cass., Sez. 6-5, n. 13366/13), e comunque fatta “salva la legittimità della notifica o comunicazione dell’atto presso la segreteria della commissione tributaria ai sensi del medesimo art. 17, comma 3, in caso di esito negativo di tali indagini” (Cass. Sez. 6-5, n. 17717/17 e n. 13238/16);

7. ciò premesso, la declaratoria di inammissibilità dell’appello appare corretta, poichè l’amministrazione appellante, dopo essere pervenuta in possesso delle indicazioni sufficienti a riattivare il procedimento notificatorio, a seguito della prima notifica del gennaio-febbraio 2014 non andata a buon fine, non vi ha provveduto tempestivamente – secondo l’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, di cui si dirà oltre – attendendo oltre un anno prima di procedervi, peraltro solo dopo il rilievo giudiziale di irregolarità della notificazione e la contestuale assegnazione di apposito termine per il suo rinnovo, nel febbraio 2015;

8. sul tema in esame, questa Corte in un primo momento ha affermato che “se la notifica dell’atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario, non si perfeziona per cause non imputabili al notificante, questi non incorre in alcuna decadenza, ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza) a rinnovare la notificazione, a nulla rilevando che quest’ultima si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre gravame” (Cass. n. 6547/08, proprio in fattispecie in cui una prima notificazione non si era perfezionata a causa dell’avvenuto trasferimento del difensore domiciliatario, non conoscibile da parte del notificante poichè alla data della notificazione lo studio indicato sull’avviso degli avvocati risultava ancora ubicato al precedente indirizzo);

8.1. successivamente, le Sezioni unite hanno chiarito che “in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie” (Cass. Sez. U., n. 17352/09; conf. Cass. n. 18074/12);

8.2. da ultimo, lo stesso organo nomofilattico ha ulteriormente precisato che “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senta superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostante eccezionali di cui sia data prova rigorosa” (Cass. Sez. U. n. 14594/16; conf. Cass. Sez. 6-5 n. 9102/17);

8.3. a seguito di questo approdo ermeneutico, in fattispecie simili a quella di specie è stato così affermato che: 1) “la sanzione per la notificazione tentata presso il domicilio non più attuale non è produttiva di alcun Otto in grado di sanare l’inosservanza del termine di impugnazione e di essa va perciò conseguentemente rilevata l’inammissibilità” (Cass. Sez. 6-5, n. 529/17); 2) “non vale opporre che, avendo nella specie la controparte resistito con comparsa di risposta, l’irregolarità sarebbe parimenti sanata per Otto dell’art. 156 c.p.c., comma 3: l’argomento non coglie infatti la specificità della fattispecie, poichè, nella presente ipotesi, viene in considerazione l’inosservanza del termine previsto dall’art. 327 c.p.c., comma 1, correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della altrui costituzione” (Cass. Sez. 2, n. 11166/15); 3) “perciò nessun effetto sanante è ascrivibile alla costituzione del controricorrente, giacchè l’inosservanza del termine consuma definitivamente ed insanabilmente il potere di impugnazione, oltre al fatto che, come questa Corte ha già chiarito (Sez. 5, n. 4594 del 09103/2016), nella specie non si determina un’ipotesi di nullità della notificazione, ma ha luogo più esattamente un’ipotesi di inesistenza della notificazione, posto infatti che quando il procedimento non si è concluso mediante consegna di copia conforme all’originale dell’atto da notificare, la notificazione “è da ritenersi non compiuta, ma solo tentata, e ci si viene a trovare di fronte ad un atto non già nullo, ma del tutto inesistente, perchè giammai entrato a far parte della realtà dell’ordinamento”, il che esclude che si possa procedere alla sua rinnovazione a mente dell’art. 291 c.p.c., e che rispetto ad esso possano essere perciò invocati gli effetti propri dell’atto nullo” (v. Cass. Sez. 6-5 n. 17717/17);

9. lo specifico chiarimento di questa Corte circa la concreta tempistica che la parte è tenuta ad osservare ai fini della ripresa del procedimento notificatorio (Cass. Sez. U. n. 14594/16) risulta dunque assorbente rispetto alla pressochè coeva (e più generale) affermazione dello stesso organo, per cui “il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto. Ne consegue che i vizi relativi alla individuazione di detto luogo, anche qualora esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla pane stessa oppure su ordine del giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c.” (Cass. Sez. U., nn. 14916/16 e 14917/17; conf. Sez. 5, n. 3353/17);

10. deve infine rilevarsi che, alla luce di tutto quanto precede, la stessa ordinanza con cui il giudice d’appello ha assegnato un termine per la rinnovazione della notifica a distanza di un anno dalla prima, non andata a buon fine, deve ritenersi inutiliter data e quindi tamquam non esset, dal momento che l’inosservanza del suddetto “limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c.” ha definitivamente ed insanabilmente consumato il potere di impugnazione;

11. in conclusione, al rigetto del ricorso segue la conferma della sentenza impugnata, sia pure integrata nella motivazione nei termini sopra illustrati; tuttavia, il recente consolidarsi dell’indirizzo nomofilattico di cui si è dato conto giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali;

12. risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Cass. S.U. sent. n. 9338/14; conf. Cass. sez. 4-L, ord. n. 1778/16 e Cass. 6-T, ord. n. 18893/16).

PQM

 

Rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2017

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