Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22247 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. II, 14/10/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 14/10/2020), n.22247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20849-2019 proposto da:

K.I., elettivamente domiciliato in Torino, via Guicciardini n.

3, presso lo studio dell’avv.to LORENZO TRUCCO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE

SUPREMA CASSAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1978/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza pubblicata il 20 dicembre 2018, respingeva il ricorso proposto da K.I., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Brescia aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. La Corte d’appello rilevava che il Tribunale aveva ritenuto che la storia personale dell’appellante, a prescindere dalla sua credibilità, non rientrasse nelle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 8.

Il racconto era, nel suo complesso, privo di riferimenti fattuali e credibili e fortemente contraddittorio e confuso. In ogni caso, la vicenda aveva carattere privatistico e non rientrava nell’ambito di protezione previsto dalle norme invocate.

Con l’impugnazione l’appellante sosteneva che la domanda doveva essere esaminata alla luce delle informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente non solo nel paese di origine ma anche in quella di transito, ovvero la Libia.

Secondo la Corte d’Appello, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 la valutazione riguardo la concessione della protezione internazionale doveva essere fatta con riferimento al rimpatrio del richiedente nel paese d’origine e dunque il (OMISSIS). Con riferimento a tale paese soprattutto nella zona di provenienza del richiedente, ovverosia la parte meridionale, la situazione era relativamente tranquilla come risultava dalle fonti internazionali. Peraltro, anche la situazione politica del paese stava evolvendo in senso positivo.

Il permesso di soggiorno per motivi umanitari doveva negarsi mancando una situazione di vulnerabilità. La madre la moglie e tre figli erano rimaste nel paese di origine il che rafforzava il convincimento della mancanza di radicamento in Italia, nè potevano assumere rilevanza il contratto di lavoro e le migliori condizioni di vita. La documentazione prodotta, attestante l’attuale occupazione del richiedente, non poteva ritenersi sufficiente per il riconoscimento della situazione di vulnerabilità.

3. K.I. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), anche in relazione all’omessa audizione del ricorrente e alla mancanza di motivazione sul punto.

A parere del ricorrente vi sarebbe un’insanabile contraddizione nel non aver ritenuto necessario procedere all’audizione nonostante l’affermazione circa la contraddittorietà del racconto del richiedente. Peraltro, la situazione del (OMISSIS) non era quella descritta dalla sentenza dovendosi invece ritenere sussistente una situazione di conflitto armato interno, così come di violenza generalizzata e violazione dei diritti umani in una situazione di insicurezza instabilità.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 in relazione all’art. 10 Cost., comma 3.

All’omessa motivazione per quanto riguarda la sussistenza dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La censura attiene alla sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Nel caso di ritorno nel paese di origine, infatti, vi sarebbe un evidente sproporzione tra i contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali. La Corte d’Appello non avrebbe svolto efficacemente il giudizio di comparazione se non tramite una tautologica affermazione con violazione delle norme sopra indicate.

3. I due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Quanto alla mancata audizione nel giudizio di appello, deve darsi continuità al seguente principio di diritto: “Nel procedimento, in grado di appello, relativo a una domanda di protezione internazionale, non è ravvisabile una violazione processuale, sanzionabile a pena di nullità, nell’omessa audizione personale del richiedente, poichè l’obbligo di sentire le parti, desumibile dal rinvio operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13, al precedente comma 10 (testo previgente al D.Lgs. n. 150 del 2011), non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice di valutarne la specifica rilevanza, ben potendo il giudice del gravame respingere la domanda di protezione internazionale, che risulti manifestamente infondata, sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo di causa e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa (Sez. 1, Ordinanza n. 8931 del 2020)”.

Dunque, risulta del tutto priva di fondamento la doglianza circa la contraddittorietà della pronuncia impugnata, nella parte in cui ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente senza procedere alla sua audizione personale nel giudizio di appello. Alcuna contraddizione vi può essere nell’aver ritenuto non credibile il racconto del richiedente rispetto alla necessità di sentirlo anche in sede di appello.

Peraltro, la censura è priva anche dei requisiti minimi di ammissibilità, non risultando dal ricorso che l’appellante avesse chiesto di essere sentito e non risultando in alcun modo tratta la questione nella sentenza impugnata.

La critica formulata in relazione alla situazione del (OMISSIS) costituisce una mera contrapposizione alla valutazione che la Corte d’Appello di Brescia ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione.

La Corte d’Appello ha anche motivato sia in relazione alla situazione soggettiva del ricorrente sia in ordine alla situazione complessiva del (OMISSIS), sicchè è del tutto evidente che non vi è stata alcuna violazione di legge o omessa motivazione nell’accezione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 Ne consegue che la censura si risolve in una richiesta di nuova valutazione dei medesimi fatti.

La Corte d’Appello ha esaminato, richiamando varie fonti di conoscenza, la situazione generale del paese di origine ed in particolare della regione di provenienza del ricorrente, precisando che, in base alle fonti, deve escludersi una situazione di violenza indiscriminata in conflitto armato.

Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato con riferimento all’indagine sulle condizioni generali del (OMISSIS), benchè la vicenda personale narrata sia stata ritenuta non credibile dai giudici di merito (Cass. n. 14283/2019).

Oltretutto l’esercizio di poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva, in relazione alle fattispecie previste dal citato art. 14, lett. a) e b), si impone solo se le allegazioni di costui al riguardo siano specifiche e credibili, il che non è nella specie, per quanto già detto.

Inoltre, in tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018). Il ricorrente indica fonti di conoscenza del 2017, e, dunque, più datate rispetto a quelle del 2018 utilizzate dalla Corte d’Appello.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, in relazione all’insussistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità.

La censura peraltro è del tutto generica, il ricorrente non indica alcun fatto decisivo omesso dalla Corte d’Appello che ha escluso, sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo del paese di provenienza con idonea motivazione, l’esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità del ricorrente. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

Il racconto del ricorrente peraltro non è stato ritenuto credibile, sia in relazione alle ragioni che hanno dato origine alla partenza dal (OMISSIS) e la situazione del paese non è stata ritenuta soggetta ad una violenza indiscriminata.

4. In conclusione il ricorso è infondato.

5. Nulla sulle spese non essendosi costituito con controricorso il Ministero dell’Interno.

6. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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