Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22245 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/11/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 03/11/2016), n.22245

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17314-2015 proposto da:

M.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL GESU’

49 PAL ALTIERI, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CIRELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GRAZIANO MARTINO, giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAMPOGALLIANO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo

studio dell’avvocato CECILIA FURITANO, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARCO ZANASI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 54/13/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA dell’11/12/2014, depositata il 13/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito l’Avvocato Marco Zanasi, difensore del controricorrente, che si

riporta agli atti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., a seguito della quale parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 54, depositata il 13 gennaio 2015, non notificata, la CTR dell’ Emilia Romagna accolse l’appello, proposto nei confronti del sig. M.V., dal Comune di Campogalliano per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Modena, che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso avvisi di accertamento per ICI per gli anni dal 2004 al 2009.

La sentenza della CTR ritenne che l’attribuzione ad immobili di proprietà del contribuente delle categorie A/3 e C/2 fosse ostativa del riconoscimento del regime agevolato di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9 per l’esercizio da parte del M. dell’attività d’imprenditore agricolo a titolo principale (ora professionale).

Avverso detta pronuncia il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Il Comune resiste con controricorso.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo che la decisione impugnata avrebbe confermato la legittimità degli atti impositivi sulla base di un’eccezione proposta per la prima volta dall’amministrazione ricorrente in appello, atteso che gli atti impositivi avevano contestato unicamente l’insussistenza in capo al contribuente dei requisiti soggettivi per beneficiare dell’agevolazione.

Il motivo è inammissibile, incorrendo in palese difetto di autosufficienza.

Lamentando la violazione di norma di legge processuale, parte ricorrente avrebbe dovuto, infatti, riportare nel ricorso gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi teimini esatti, il vizio dedotto relativo al divieto di proposizione di eccezione nuove in appello e quindi – onde consentire alla corte di verificare l’effettiva sussistenza della denunciata violazione – avrebbe dovuto riportare il contenuto essenziale degli atti impositivi e quello del ricorso proposto dal Comune dinanzi alla CTR per la riforma della sentenza di primo grado ad esso sfavorevole (cfr., più di recente, Cass. sez. lav. 8 giugno 2016, n. 11738; Cass. sez. 5, 30 settembre 2015, n. 19140).

A ciò parte ricorrente non ha ottemperato, restando quindi preclusa alla Corte la verifica dell’effettiva sussistenza della denunciata violazione di legge.

Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia congiuntamente errata applicazione del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2 bis convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 2011, n. 106, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Va premesso al riguardo, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 6 maggio 2015, n. 9100), che, in materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione dell’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati.

Nel caso di specie, tuttavia, deve rilevarsi che, singolarmente considerati i diversi profili, la censura riguardante il vizio di motivazione è inammissibile perchè sostanzialmente riconducibile alla previgente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, inapplicabile al presente giudizio, avente ad oggetto ricorso per cassazione proposto avverso sentenza depositata il 13 gennaio 2015.

Parimenti la censura di violazione del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis singolarmente esaminata, è essa stessa inammissibile.

In relazione a tale profilo il ricorrente si duole del fatto che la sentenza impugnata non avrebbe rilevato che l’agevolazione gli sarebbe in ogni caso spettata. Il contribuente, infatti, – una volta entrato in vigore il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis comma aggiunto dalla Legge di conversione n. 106 del 2011, aveva fatto tempestiva domanda per ottenere la variazione catastale dei rispettivi fabbricati e, in ogni caso, l’abrogazione della citata disposizione ad opera del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, art. 13, commi 14 -14 quater come convertito dalle L. 22 dicembre 2011, n. 214, che hanno disciplinato gli effetti delle domande di variazione presentate, faceva sì che l’agevolazione fosse in ogni caso riconducibile al possesso di immobile rurale ad uso abitativo e di altro immobile strumentale all’esercizio dell’attività agricola.

Sennonchè il Comune controricorrente ha eccepito la novità del deposito per la prima volta dinanzi a questa Corte del documento concernente la domanda di variazione catastale per l’attribuzione delle categorie A/6 e D/10 agli immobili rurali ad uso abitativo e strumentali all’esercizio dell’attività agricola, nè parte ricorrente ha indicato il tempo ed il luogo in cui detto documento sia stato eventualmente prodotto in grado d’appello.

L’eccezione dell’ente impositore appare quindi fondata, in relazione al disposto dell’art. 372 c.p.c. che, come è noto, consente dinanzi alla Corte di cassazione il deposito dei soli documenti riguardanti la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso.

Il contenuto della memoria di parte ricorrente non supera le argomentazioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c., innanzi trascritta, che il collegio condivide.

Il ricorso va pertanto rigettato per manifesta infondatezza.

Possono essere tuttavia compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità alla stregua delle ragioni della decisione dinanzi espresse. Va infine dato atto che ricorrono i presupposti di legge per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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