Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22242 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. II, 14/10/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 14/10/2020), n.22242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21075-2019 proposto da:

K.A., elettivamente domiciliato in Brescia via Solferino n. 59

presso lo studio dell’avv.to GIOVANNI MIGLIORATI che lo rappresenta

e difende unitamente all’avv.to MARIA LUISA METELLI;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1970/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza pubblicata il 20 dicembre 2018, respingeva il ricorso proposto da K.A. cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Brescia aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. La Corte d’Appello evidenziava che il Tribunale aveva ritenuto del tutto inverosimile il racconto del richiedente per la sua implausibilità e intrinseca contraddittorietà, rigettando la domanda di protezione. Questi aveva riferito di essere omosessuale e che un giorno mentre consumava un rapporto con un ragazzo che lavorava presso la sua fattoria, era stato scoperto dal padre di questi che lo aveva denunciato, costringendolo a scappare.

La Corte d’Appello condivideva il giudizio di non credibilità già espresso dal Tribunale ed evidenziava che la situazione della zona di provenienza del richiedente, sulla base delle fonti internazionali, non era tale da ricondursi a un conflitto armato sicchè la domanda di protezione sussidiaria non poteva essere accolta.

3. K.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) e g), per mancanza o carenza della motivazione.

Il ricorrente evidenzia che il racconto del richiedente era del tutto coerente con la situazione sociale esistente in (OMISSIS) riguardo all’omosessualità e che dunque ricorrevano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale in quanto il ricorrente in (OMISSIS) non potrebbe vivere una vita serena ed esercitare pienamente le sue libertà fondamentali.

2. L’unico motivo di ricorso è inammissibile, anche ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, come interpretato da questa Corte a Sezioni Unite con la pronuncia n. 7155 del 2017.

Il ricorrente formula un motivo del tutto generico e privo di elementi di specificità limitandosi a richiedere una diversa valutazione del racconto al fine di affermarne la credibilità, senza tuttavia invocare alcuna violazione di legge o un omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

A questo proposito deve dunque richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

Nella specie, la Corte d’Appello ha sufficientemente motivato sulle ragioni per le quali il racconto del richiedente non poteva ritenersi credibile, aggiungendo ulteriori considerazioni rispetto a quelle condivisibili già espresse dal Tribunale.

La generica critica formulata con il motivo in esame costituisce, dunque, una mera contrapposizione a tale valutazione compiuta nel rispetto dei parametri legali. La Corte d’Appello, inoltre, ha fatto esplicito riferimento alle fonti internazionali dalle quali ha tratto la convinzione che la zona del (OMISSIS) di provenienza del ricorrente non è una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato con riferimento all’indagine sulle condizioni generali del (OMISSIS), benchè la vicenda personale narrata sia stata ritenuta non credibile (Cass. n. 14283/2019, a meno che la non credibilità investa il fatto stesso della provenienza da un dato Paese).

Deve ribadirsi che in tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

Infine, con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che in tal caso non si impone l’esercizio dei poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva.

3. In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese non essendovi altre parti costituite oltre al ricorrente.

3. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

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