Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22242 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/11/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 03/11/2016), n.22242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29010-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO D’ANGELO giusta procura notatile;

– resistente –

avverso la sentenza n. 363/46/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NA POI i del 13/11/2012, depositata il 03/12/9012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA;

udito l’Avvocato FRANCESCO D’ANGELO, difensore del resistente, che si

riporta e insiste per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. Con un unico – ma triplice – motivo di ricorso si deduce: “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3; violazione e/o falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

2. In sostanza, la ricorrente lamenta che i giudici d’appello abbiano escluso il presupposto impositivo ai fini Irap discostandosi dall’insegnamento della Corte di legittimità, violando il principio per cui costituisce onere del contribuente dare la prova dell’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione, “omettendo di motivare in modo compiuto e sufficiente in merito alle modalità” con le quali il contribuente avrebbe assolto detto onere e “tralasciando l’esame dei dati risultati dalla docnmentazione in atti e dalle dichiarazioni dello stesso contribuente”.

3. Il motivo, così come formulato, presenta plurimi profili di inammissibilità.

4. In primo luogo, vengono proposti cumulativamente e confusamente tre mezzi di impugnazione eterogenei – segnatamente error in indicando, error in procedendo e vizio motivazionale, ascrivibili rispettivamente all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5) – in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso ed il consolidato orientamento per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. 5471/08, 9470/08, 19443/11, 21611/13, 19959/14, 22404/14, 25982/14, 26018/14, 5964/15).

5. In secondo luogo, la censura motivazionale fa improprio riferimento non già all’omesso esame di un fatto decisivo (che sia stato oggetto di discussione tra le parti), bensì alla “omessa valutazione del dato costituito dall’importo non esiguo delle varie voci di spesa sostenute per l’esercizio dell’attività professionale”.

6. Inoltre, dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata – incentrata sul rilievo che “l’ampiezza e articolazione” della struttura di cui dispone il “medico pediatra convenzionato con il SSN… è imposta dagli standard richiesti dalla A.S.L. per l’erogazione del servizio sanitario”, così come “la stessa remunerazione viene determinata in base a criteri standardizzati, con la conseguenza che la presenza di collaboratori non rende più produttiva l’attività svolta, ma anzi… la presenza di attrezzature e personale nello studio, considerando i vincoli imposti dall’ASL, non producono un aumento del reddito ma, al contrario, lo riducono”, nonchè sull’adesione all’orientamento per cui “la presenza di una sola dipendente anche part-time addetta alla porta ed alla pulizia dello studio, non sembra possa costituire di per sè un elemento tale da concretizzare il presupposto di autonoma organizzazione come previsto dalla normativa IRAP” – si desume anche l’infondatezza della lamentata carenza “della succinta esposizione dei motivi in “Fatto e diritto”, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.

7. In ogni caso, considerato che nello stesso ricorso si dà atto che il contribuente si avvaleva della collaborazione di “un solo dipendente”, per di più “part-time”, la decisione risulta conforme anche al recente arresto nomofilattico in base al quale integra il presupposto dell’autonoma organizzazione l’avvalersi “in modo non occasionale di lavoro altrui”, ma solo quando questo “superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive” (Cass., s.u., 10 maggio 2016 n. 9451); soglia che, nel caso di specie, non risulta superata.

8. Infine, e con specifico riguardo all’entità (invero piuttosto contenuta) delle singole voci di spesa dichiarate negli anni in contestazione, il motivo risulta complessivamente inammissibile anche perchè diretto surrettiziamente a conseguire una rivisitazione del giudizio di merito sull’esistenza di una autonoma organizzazione rilevante ai fini Irap, la quale però, come specificamente ribadito dalla stessa sentenza n. 9451/16 sopra citata, non è consentita in questa sede (ex plurimis, Cass. s.u. n. 7931/13, Cass. nn. 12264/14, 26860/14, 3396/15, 14233/15), spettando al riguardo in via esclusiva al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento (Cass. nn. 962/15, 26860/14).

9. Il ricorso va dunque respinto ma senza condanna alle spese, non avendo l’intimata svolto difese mediante controricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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