Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22241 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. II, 14/10/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 14/10/2020), n.22241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21248-2019 proposto da:

E.P., elettivamente domiciliato in Roma, viale G. Mazzini n.

6, presso lo studio dell’avv.to MANUELA AGNITELLI che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato in data

01/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Brescia, con decreto pubblicato il 1 giugno 2019, respingeva il ricorso proposto da E.P., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale respingeva la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), atteso che il racconto del richiedente non era credibile per le numerose contraddizioni e inverosimiglianze delle dichiarazioni rese in sede di audizione, del tutto generiche e non circostanziate, che deponevano nel senso della totale inattendibilità.

Il collegio aveva anche disposto degli approfondimenti procedendo all’audizione personale del richiedente, che aveva ribadito le ragioni dell’espatrio, riconducibili al timore di essere arrestato dalla polizia in ragione della partecipazione, con funzione di autista, ad un omicidio commesso da un membro degli (OMISSIS) cui aveva dato un passaggio. All’esito del colloquio il tribunale confermava la valutazione di non credibilità del racconto, evidenziando anche che era stato prodotto un articolo di giornale palesemente falsificato.

In conclusione, vista l’incongruenza del racconto, non potevano dirsi integrati i presupposti per l’accoglimento della domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b). Infatti, la non credibilità del racconto privava di per sè di fondamento la domanda di accertamento dello status di rifugiato e quella di riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ex art. 14, lettere a) e b). Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Il richiedente non aveva allegato che in caso di rimpatrio poteva rischiare la vita l’incolumità personale a causa di una situazione di generale e indiscriminata violenza derivante da un conflitto armato e, sulla base delle fonti internazionali la (OMISSIS) non poteva ritenersi un paese soggetto ad una violenza generalizzata.

Infine, quanto alla richiesta concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari il tribunale evidenziava che non vi erano i presupposti per il suo accoglimento non essendo stata dimostrata alcuna di quelle situazioni di vulnerabilità anche temporanea tali da legittimare la richiesta della protezione umanitaria. Nel paese di origine del richiedente vivevano ancora tutti i suoi familiari mentre in Italia egli non aveva su un parente palesandosi quindi l’insussistenza delle condizioni soggettive di vulnerabilità. Per quanto riguardava i fattori oggettivi tribunale osservava che la situazione della (OMISSIS) tutte le criticità non era tale da tale luogo ad un’emergenza umanitaria generalizzata.

3. E.P. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di quattro motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 11 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Illogica, contraddittoria e apparente motivazione per avere il tribunale rigettato la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato non riuscendo ad individuare alcuna persecuzione.

Il ricorrente invece ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda nel rispetto dei criteri di cui all’art. 3 sopra citato e, dunque, la domanda non può essere rigettata per mancanza di riscontri oggettivi a tale racconto.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c) e art. 3, comma 3, lett. a), nonchè degli artt. 2, 3, 5, 8 e 9 CEDU, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 77, comma 1 bis, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 dal momento che il rigetto della protezione sussidiaria è stato emesso senza alcuna valutazione sulla sussistenza del danno grave. Difetto di istruttoria.

Il Tribunale avrebbe violato le norme citate per non aver valutato la sussistenza o meno del danno grave per la protezione sussidiaria riconducibili alle ipotesi indicate dall’art. 14 sopra citato.

Peraltro, sarebbe stato onere del giudice quello di avvalersi dei poteri ufficiosi mediante i quali avrebbe potuto apprezzare la sussistenza in (OMISSIS) di una situazione di pericolo generalizzato.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c) e art. 3, comma 3, lett. a) e b), nonchè degli artt. 3 e 7 CEDU, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 dal momento che il rigetto della protezione sussidiaria è stato emesso sulla base di un giudizio prognostico, futuro incerto, non sullo stato effettive ad attuare del paese di origine.

La censura è ripetitiva di quella di cui al secondo motivo, sotto il diverso profilo di valutazione del racconto del richiedente e delle vicende politiche del paese di origine come emergenti dalle fonti internazionali e dal potere di istruttoria d’ufficio. Sulla base di questi elementi il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere la sussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria.

4. Il quarto motivo così di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c) e comma 4, in relazione all’art. 360, c.p.c., nn. 3 e 5, illogica, contraddittoria apparente motivazione per avere il tribunale rigettato la richiesta di protezione umanitaria senza operare un esame attuale della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente, con riferimento al paese di origine.

A parere del ricorrente sussisterebbero i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari tenuto conto della situazione soggettiva dei richiedente e di quella oggettiva del paese di provenienza.

5. I quattro motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, inammissibili, anche ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, come interpretato da questa Corte a Sezioni Unite con la pronuncia n. 7155 del 2017.

Quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che il Tribunale di Brescia ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito. In particolare, con riferimento alla inverosimiglianza e contraddittorietà delle dichiarazioni del ricorrente, oltre che alla situazione socio-politica della (OMISSIS).

Il Tribunale di Brescia ha fatto esplicito riferimento alle fonti internazionali dalle quali ha tratto la convinzione che la (OMISSIS) non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Deve ribadirsi che: “In tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018). Il ricorrente, invece, si limita a dedurre genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo al non aver tenuto conto della situazione generale del paese di origine.

Inoltre, con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che in tal caso non si impone l’esercizio dei poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono l’esistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

La pronuncia impugnata, dunque, risulta del tutto conforme ai principi di diritto espressi da questa Corte, atteso che la Corte ha escluso la condizione di vulnerabilità sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo del paese di rimpatrio.

Il racconto del ricorrente peraltro non è stato ritenuto credibile in relazione alle ragioni che hanno dato origine alla partenza dalla (OMISSIS) e la situazione del paese non è stata ritenuta soggetta ad una violenza indiscriminata.

6. In conclusione il ricorso è inammissibile, nulla sulle spese non essendovi altre parti costituite.

7. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

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