Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22239 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/10/2011, (ud. 06/05/2011, dep. 26/10/2011), n.22239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – est. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SIT – Società Immobiliare Termolese s.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise

n. 41/04/05, depositata il 1 ottobre 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6

maggio 2011 dal Relatore Cons. Dr. Renato Polichetti;

udito l’Avvocato dello Stato Dr. De Stefano Alessandro per la

ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Gaeta Pietro, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo del ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello principale dell’Ufficio e quello incidentale della SIT – Società Immobiliare Termolese s.r.l., è stata confermata la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento con il quale non erano stati riconosciuti, ai fini IRPEG ed ILOR in relazione all’anno 1990, alcuni costi dichiarati dalla società.

Quest’ultima non si è costituita.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e dell’art. 2697 c.c. e si deduce che l’accertamento operato dall’Ufficio non è di tipo induttivo, come affermato dal giudice a quo, bensì analitico- presuntivo, con la conseguenza che erroneamente la CTR non ha ritenuto probanti elementi dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Il motivo è inammissibile in quanto generico e contenente censure di fatto, da far valere, in ipotesi, quali vizi di motivazione della sentenza, che formano oggetto del secondo motivo del ricorso.

2. Con il secondo motivo, infatti, la ricorrente denuncia insufficienza e contraddittorietà della motivazione con riguardo a due riprese a tassazione di costi ritenuti inesistenti.

Il motivo è fondato sotto entrambi i profili.

Quanto alla somma di L. 127.206,000, concernente costi che sarebbero stati sostenuti per lavori affidati in esecuzione alla ditta Tardio, nella sentenza si afferma l’irrilevanza, ai fini di ritenere l’inesistenza del costo, del fatto che il pagamento fosse avvenuto in contanti.

Tuttavia, come risulta dalla stessa sentenza, l’Ufficio aveva dedotto altri elementi a sostegno della pretesa, quali la circostanza che la ditta affidataria dei lavori aveva cessato l’attività sin dal 1985 e la estrema genericità della descrizione dei. lavori stessi: su tali aspetti, potenzialmente idonei a far ritenere la fittizietà dell’operazione, il giudice d’appello omette qualsivoglia considerazione.

In ordine, poi, alla ulteriore somma di L. 225.750.000, riferita a costo relativo all’affidamento in subappalto alla s.r.l. CMC della ultimazione di lavori già intrapresi e ritenuto dall’Ufficio inesistente in quanto di gran lunga superiore alle pattuizioni contrattuali, la sentenza afferma l’infondatezza dell’accertamento, stante l’ultimazione dei lavori secondo il contratto d’appalto stipulato tra la SIT e la GALFER s.r.l. e non potendo attribuirsi alcuna rilevanza fiscale alle condizioni contrattuali, “risultando giuridicamente valide nel caso di specie le percentuali successivamente pattuite rispetto a quelle fissate in origine”.

Deduce la ricorrente che il costo non riconosciuto è costituito dalla differenza tra l’importo effettivamente fatturato dalla CMC e l’importo (inferiore) che, in virtù delle clausole contrattuali (testualmente riportate in ricorso), la stessa avrebbe dovuto fatturare: trattasi di elemento di indubbio rilievo, in ordine al quale la motivazione della sentenza si rivela palesemente inadeguata.

3. In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso e dichiarato inammissibile il primo; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Molise, la quale provvederà in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo e dichiara inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Molise.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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