Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22239 del 04/08/2021

Cassazione civile sez. II, 04/08/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 04/08/2021), n.22239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23281-2019 proposto da:

G.M.G., rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA

VIGLIOTTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 5469/2019 del TRIBUNALE di

VENEZIA, depositato il 02/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 2.7.2019, il Tribunale di Venezia respinse il ricorso proposto da G.M.G., cittadino (OMISSIS) proveniente da (OMISSIS), nel (OMISSIS), avverso la decisione della Commissione Territoriale di Verona, Sezione di Padova, di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio del permesso umanitario.

1.1. Il Tribunale dispose l’audizione del ricorrente, e, per quel che ancora rileva in sede di legittimità, non ravvisò i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), non sussistendo, nella zona di provenienza del ricorrente, una situazione di violenza indiscriminata tale da minacciarne l’incolumità, secondo le informazioni tratte dal report dell’EASO. Disattese la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non avendo il ricorrente allegato specifici fattori di vulnerabilità né, per dimostrare l’integrazione nel territorio dello Stato, era sufficiente la produzione di un contratto a tempo determinato a tempo parziale-misto, con retribuzione insufficiente a garantirgli l’indipendenza economica; inoltre, il ricorrente non aveva dimostrato di conoscere la lingua italiana e di disporre di un’abitazione.

2. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso G.M.G. sulla base di due motivi;

2.1. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 9 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale disatteso la domanda di concessione della protezione sussidiaria per l’esistenza di un conflitto generalizzato sulla base di informazioni generiche e parziali sul paese di provenienza, violando il dovere officioso di indagine.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. Il Tribunale ha escluso, sulla base delle autorevoli fonti di informazione citate (cfr. in particolare l’EASO; pag. 5-7 del decreto), che nella regione del (OMISSIS) fosse ravvisabile una situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), facendo applicazione dei principi affermati dalla Corte di Giustizia UE (17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakite’, C-285/12; Cass. n. 13858 del 2018).

2.3.Con le citate pronunce, la Corte di Giustizia ha affermato che i rischi a cui è esposta in generale la popolazione di un paese o di una parte di essa di norma non costituiscono di per sé una minaccia individuale da definirsi come danno grave (v. 26 Considerando della direttiva n. 2011/95/UE), potendo l’esistenza di un conflitto armato interno portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, ai sensi dell’art. 14, lett. c) della direttiva, a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire la detta minaccia.

2.4. L’accertamento circa la sussistenza, in concreto, di siffatto tipo di conflitto implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5.

2.5. Il ricorrente ha prospettato in termini generici una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, senza dare atto, in modo specifico, degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cassazione civile sez. I, 21/10/2019, n. 26728).

2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 5, comma 6 Testo Unico Immigrazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la corte di merito omesso di svolgere un’indagine individualizzata in ordine al livello di integrazione raggiunto dal richiedente nel nostro Paese.

2.1. Il rilascio del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie, nella disciplina di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, – applicabile ratione temporis, in conformità a quanto disposto da Cass., Sez. Un. 29459 del 13/11/2019, essendo stata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno proposta prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 – rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale.

2.2. L’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298 – 01), alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione.

2.3. Le Sezioni Unite hanno consolidato l’indirizzo espresso dalle Sezioni Semplici, secondo cui occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto nel nostro Paese, isolatamente ed astrattamente considerato (Cassazione civile sez. un., 13/11/2019, n. 29459).

2.4. Il Tribunale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha puntualmente valutato entrambe le condizioni menzionate, ritenendo che il percorso di integrazione sociale nel territorio italiano non integrasse un effettivo radicamento sul territorio; egli aveva prodotto un contratto a tempo determinato a tempo parziale – misto, con retribuzione insufficiente a garantirgli l’indipendenza economica, non aveva dimostrato di conoscere la lingua italiana e di disporre di un’abitazione. Inoltre, il Tribunale non ha ravvisato nelle condizioni del ricorrente una situazione integrante la condizione dei “seri motivi” di carattere umanitario, derivante dalla compromissione dei diritti umani fondamentali, il cui accertamento è presupposto indefettibile per il riconoscimento della misura citata (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/01/2020, n. 625; Cass. civ., Sez. 6 – 1, n. 25075 del 2017).

2.5. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

2.6. Non deve provvedersi alla liquidazione delle spese di lite non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva.

2.7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021

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