Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22238 del 04/08/2021

Cassazione civile sez. II, 04/08/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 04/08/2021), n.22238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23276-2019 proposto da:

I.F., rappresentato e difeso dall’avvocato DAVIDE VERLATO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

nonché contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI VERONA – SEZIONE DI VICENZA;

– intimata –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 4988/2019 del TRIBUNALE di

VENEZIA, depositato il 14/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 14.6.2019, il Tribunale di Venezia respinse il ricorso proposto da I.F., cittadino (OMISSIS) nato nell'(OMISSIS) e proveniente dallo Stato del (OMISSIS), avverso la decisione della Commissione Territoriale di Verona, Sezione di Vicenza, di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio del permesso umanitario.

1.1. Il ricorrente aveva dichiarato innanzi alla Commissione Territoriale che il padre praticava il culto degli idoli in una posizione di preminenza e che gli aveva imposto di subentrargli alla sua morte; poiché si era rifiutato perché di fede cristiana, aveva subito minacce ed aveva deciso di lasciare il proprio paese di origine.

1.2. Il Tribunale dispose l’audizione del ricorrente, e, nel rigettare la domanda, ritenne non credibile la versione narrata; ai fini della protezione sussidiaria ritenne che il ricorrente non avesse nemmeno prospettato il rischio di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b); non ravvisò i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), non sussistendo nella zona di provenienza del ricorrente, una situazione di violenza indiscriminata tale da minacciarne l’incolumità, secondo le informazioni tratte dal report dell’EASO. Il Tribunale disattese la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari non avendo il ricorrente allegato specifici fattori di vulnerabilità.

2. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso I.F. sulla base di due motivi;

2.1. Il Ministero dell’interno ha depositato un atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 8 in relazione al diniego della domanda inerente lo status di rifugiato e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 6 e 7 ovvero relativamente alla domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a) e b) per non avere il giudice di merito approfondito le caratteristiche dei culti e delle tradizioni animiste in (OMISSIS).

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Lungi dal censurare la violazione o la falsa applicazione delle norme di legge che si assumono violate, il ricorrente lamenta in modo generico ed apodittico l’omesso approfondimento delle condizioni di origine del paese di provenienza, di cui il Tribunale ha invece tenuto conto ai fini della valutazione della credibilità intrinseca ed estrinseca.

1.3. Non solo il Tribunale ha tratto l’assenza di credibilità dal fatto che, in sede di audizione giudiziale, il ricorrente aveva omesso ogni riferimento ad episodi specifici di violenza e ad “attacchi spirituali” da parte dei cultisti, ma, proprio sulla base delle fonti EASO (pag.7 dell’ordinanza), il giudice di merito ha escluso che la funzione di capo sacerdote o dello sciamano debba essere trasmessa al figlio maggiore mentre, al contrario, è richiesta una specifica attitudine per quel ruolo.

1.2. Lungi dal censurare la violazione o la falsa applicazione delle norme di legge che si assumono violate, il ricorrente lamenta in modo generico ed apodittico l’omesso approfondimento delle condizioni di origine del paese di provenienza, di cui il Tribunale ha invece tenuto conto ai fini della valutazione della credibilità intrinseca ed estrinseca.

1. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 2 e art. 3 e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale disatteso la domanda di concessione della protezione sussidiaria senza acquisire informazioni sul paese di provenienza.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. Esso è per un verso generico, in quanto si limita a riportare il contenuto delle norme che si assumono violate senza confrontarsi con la decisione del Tribunale che, nell’ambito dell’accertamento di fatto avente ad oggetto la situazione del paese di provenienza, ha fatto riferimento al report dell’EASO, il quale costituisce fonte qualificata ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8.

3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e la violazione dell’art. 115 c.p.c. e 116 c.p.c., del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, in riferimento al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32 per avere la corte di merito erroneamente fondato la pronuncia di rigetto sul mancato assolvimento dell’onere probatorio in relazione ai rischi in caso di rimpatrio in tal modo contravvenendo all’obbligo di cooperazione istruttoria. Nell’ambito dello stesso motivo, il ricorrente contesta la valutazione delle condizioni del paese di provenienza e la carenza di credibilità.

3.1. Anche questo motivo è inammissibile.

3.2. Il dovere di cooperazione istruttoria non rende inoperante l’onere di allegazione delle condizioni di vulnerabilità che legittimano il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

3.3. Se è vero che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente non preclude al giudice di valutare altre circostanze che integrino una situazione di “vulnerabilità”, poiché la statuizione su questa domanda è frutto di una valutazione autonoma e non può conseguire automaticamente al rigetto di quella concernente la protezione internazionale (Cassazione civile sez. I, 21/04/2020, n. 8020) è pur sempre necessario che il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegazione della situazione di vulnerabilità.

3.4. Nel caso in esame, nessun fattore di vulnerabilità è stato allegato dal ricorrente, il quale si è limitato ad affermare, in modo apodittico, che fosse credibile il suo racconto ed ha fatto riferimento alle condizioni della (OMISSIS), senza tuttavia dolersi, in modo specifico, della compromissione dei diritti fondamentali nel paese d’origine e del raggiungimento di un livello di integrazione in Italia, presupposti indefettibili per effettuare il giudizio comparativo, al fine del riconoscimento dell’invocata misura. Il ricorso si risolve in un inammissibile sindacato sulla valutazione delle condizioni relativa al paese di origine e sulla credibilità del ricorrente, attraverso apprezzamenti di fatto inammissibili in sede di legittimità.

3.5. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

3.6. Non deve provvedersi alla liquidazione delle spese di lite non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva, ad essa non potendo essere equiparato l’atto di costituzione non notificato alla controparte.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021

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