Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22237 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/10/2011, (ud. 21/04/2011, dep. 26/10/2011), n.22237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31115-2006 proposto da:

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

A.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA D BARONE 31

presso lo studio dell’avvocato FERRI PIETRO, rappresentato e difeso

dall’avvocato LEONI FERNANDO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12 6/2005 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 30/08/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN PAOLA MARIA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE ENNIO ATTILIO, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con processo verbale di constatazione del 15.12.98 la Guardia di Finanza procedeva ad accertamenti relativi agli anni 1993 e 1994 su tre conti correnti bancari riferibili al sig. A.D., titolare di uno studio odontotecnico, intestati, due, al medesimo A. personalmente e, uno, allo studio odontotecnico. Sulla scorta di detto verbale, nel quale erano evidenziati numerosi versamenti e prelievi bancari privi di giustificazione, l’Amministrazione finanziaria emetteva nei confronti dell’ A. due coppie (una per il 1993 e una per il 1994) di avvisi di accertamento, uno per IRPEF (imputando la somma dei prelievi e dei versamenti bancari a ricavi non dichiarati) e uno per IVA (imputando i soli prelievi bancari ad acquisti effettuati senza fattura).

Il contribuente impugnava gli avvisi di accertamento e, dopo che la Commissione Tributaria Provinciale aveva solo parzialmente accolto il suo ricorso, appellava la sentenza di primo grado, chiedendo che gli atti impositivi fossero annullati integralmente.

L’Agenzia delle entrate proponeva appello incidentale, dolendosi della statuizione con cui la sentenza di primo grado aveva ritenuto che la giustificazione offerta dal contribuente per spiegare un accreditamento sui conto di 28 milioni e un prelevamento dal conto di 14 milioni – ossia l’aver venduto un immobile per 28 milioni ed aver trasferito alla moglie separata a metà del relativo prezzo – potesse ritenersi sufficientemente provata mediante la produzione di un preliminare di vendita privo di data certa e non seguito da un definitivo.

La CTR accoglieva l’appello principale del contribuente e contro tale sentenza l’Agenzia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze ricorrono per Cassazione sulla scorta di due motivi, denunciando, col primo mezzo (riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4), la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Commissione Tributaria Regionale omessa di pronunciarsi sull’appello incidentale e, col secondo mezzo (riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5), la insufficiente e in parte illogica motivazione su punti decisivi della controversia.

Il contribuente si è costituito con controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 21.4.011 in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si rileva l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Quest’ultimo non è stato parte del giudizio di secondo (nè di primo) grado, cosicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente giudizio.

Sussistono giusti motivi, in considerazione del fatto che la giurisprudenza di questa Corte in tal senso si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di Cassazione.

Quanto al ricorso dell’Agenzia, il primo mezzo di ricorso è fondato e va accolto.

La sentenza gravata infatti – pur dando atto, nella narrativa del processo (pag. 3. righi 5-10), dell’appello incidentale proposto dall’Ufficio contro la sentenza di primo grado – trascura completamente di pronunciarsi su tale appello, omettendo, nel dispositivo, qualunque statuizione sull’impugnazione dell’Ufficio e nella motivazione, qualunque argomentazione in ordine alla idoneità della documentazione prodotta dal contribuente – in primo ed in secondo grado – a fornire la prova processuale dei fatti (vendita di un immobile e versamento alla moglie separata della metà del prezzo della vendita) dal medesimo indicati come causali dei movimenti bancari imputati dall’Ufficio a contropartita di operazioni imponibili.

Parimenti fondato va giudicato il secondo motivo si ricorso, con cui l’Agenzia lamenta l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione della sentenza gravata.

Preliminarmente è opportuno ricordare che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, “in tema di accertamento delle imposte sui redditi qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazioni, è soddisfatto, secondo il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, attraverso: dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a falli imponibili”.

(così la sentenza 18081/2010, conformi, tra le tante, 7766/2008, 2752/2009).

Tanto premesso, osserva la Corte che la sentenza gravata prima afferma, uniformandosi al suddetto insegnamento, che “le norme in tema di accertamento delle imposte sui redditi e quelle in tema di IVA gravano il contribuente dell’onere di dar conto di poste rilevate nei suoi conti, bancari” (pag. 4, righi 15-17) e che “La legge autorizza l’amministrazione a porre a base delle rettifiche le poste di conto per le quali non venga fornita giustificazione” (pag. 4, righi 25-26); poi, contradditoriamente, argomenta che l’ufficio impositore dovrebbe “assolvere un onere di motivazione delle conclusioni raggiunte (in altre parole: perchè ogni singola posta del contro bancario sia un ricavo o un acquisto senza fattura); a maggior ragione quando, come nel caso, vi siano, sia pure con indubbio margine di incertezza, quanto meno principi di giustificazione offerti dal contribuente” (pag. 4, righi 29-33).

Quest’ultima argomentazione è priva di motivazione, giacchè nella sentenza non si precisa in cosa consisterebbero, nè da quali risultanze istruttorie emergerebbero, i “principi di giustificazione offerti dal contribuente”, idonei a soddisfare il suo onere probatorio di dar conto delle poste rilevate nei suoi conti bancari.

Il ricorso va quindi accolto in relazione ad entrambi i motivi e la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Milano, in altra composizione, che dovrà pronunciarsi sull’appello incidentale e dovrà motivare in ordine alla sussistenza di giustificazioni idonee a dare conto delle poste rilevate sui conti bancari del contribuente; il giudice di rinvio regolerà anche le spese di questo giudizio.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e compensa le spese tra il Ministero e la resistente.

Accoglie il ricorso dall’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale di Milano in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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