Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22237 del 25/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.25/09/2017),  n. 22237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14214-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA ((OMISSIS)), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.M.G., + ALTRI OMESSI

– controricorrenti –

e contro

BA.LU.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 504/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 03/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/7/2017 dal Consigliere Don. CATERINA MAROTTA.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Brescia ha confermato la decisione del Tribunale di Cremona che aveva riconosciuto il diritto di Maria Fede e degli altri sopraindicati odierni controricorrenti, docenti ed appartenenti al personale ATA, assunti con ripetuti contratti a tempo determinato, alla progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato e condannato il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca a corrispondere ai predetti le differenze stipendiali in ragione dell’anzianità di servizio maturata, nei limiti della prescrizione quinquennale;

– la Corte territoriale, richiamato il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 ha svolto le seguenti considerazioni: – le condizioni di impiego, rispetto alle quali sussiste il divieto di discriminazione, comprendono in conformità con quanto chiarito dalla Corte di Giustizia, tutti gli istituti idonei ad incidere sulla quantificazione del trattamento retributivo e, quindi, anche gli scatti di anzianità riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato, non essendo idonei a giustificare una diversità di trattamento tanto la mera circostanza che un impiego nel settore pubblico sia definito “non di ruolo” quanto la specialità del sistema del reclutamento scolastico; – opinare diversamente significherebbe vanificare le finalità della direttiva; – la violazione del principio di non discriminazione configura una condotta illecita del datore di lavoro che contravviene ad una disposizione imperativa di legge tanto in termini di responsabilità contrattuale quanto in termini di responsabilità extracontrattuale; – trattandosi di credito retributivo deve applicarsi la prescrizione quinquennale;

– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sulla base di un motivo;

– Ba.Lu. è rimasto intimato mentre gli altri lavoratori hanno resistito con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

Ric. 2014 n. 14214 sez. ML – ud. 19-07-2017

– dopo la comunicazione della proposta il Ministero ricorrente ha depositato atto di rinuncia al ricorso;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– la rinuncia non è stata notificata alle controparti costituite (in realtà manca la prova dell’avvenuta notifica risultando incompleta la relata in calce all’atto di rinuncia – pag. 4 -);

– questa Corte ha ripetutamente affermato che in assenza dei requisiti di cui all’art. 390 c.p.c., u.c., (notifica alle parti costituite o comunicazione agli avvocati delle stesse per l’apposizione del visto), l’atto di rinunzia, sebbene non idoneo a detetininare l’estinzione del processo, denota il venire meno definitivo di ogni interesse alla decisione e, comporta, pertanto, l’inammissibilità del ricorso, salvo che la controparte manifesti la volontà di ottenere, comunque, la pronuncia sull’oggetto del contendere (cfr. Cass. n. 2259/2013, Cass. n. 11606/2011, Cass., Sez. Un., n. 3876/2010, Cass. n. 23685/2008, Cass. n. 3456/2007, Cass. n. 24514/2006, Cass. n. 15980/2006, Cass. n. 22806/2004).

– in considerazione della giurisprudenza richiamata, dalla quale non vi è ragione di discostarsi, la rinuncia è idonea a determinare l’estinzione del processo solo nei confronti di Ba.Lu. (rimasto intimato) mentre determina l’inammissibilità del ricorso nei confronti dei controricorrenti;

– la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali e solo di recente affrontata dalla Corte di legittimità, giustificano la compensazione delle spese del giudizio;

– non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. n. 1778/2016).

PQM

 

La Corte dichiara l’estinzione del processo nei confronti di Ba.Lu. e l’inammissibilità del ricorso nei confronti dei controricorrenti; compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2017

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