Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22236 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. II, 14/10/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 14/10/2020), n.22236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26667-2019 proposto da:

B.A.S., elettivamente domiciliato presso l’avv. MASSIMO

GILARDONI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO

POR-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

PROCURA GENERALE CORTE CASSAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

13/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.A.S. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Brescia avverso la decisione della locale Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi determinato ad espatriare poichè assieme ad amici ebbe ad accendere un fuoco, dal quale – accidentalmente – scaturì un incendio che interessò anche delle case, sicchè i suoi amici erano stati arrestati dalla Polizia ed egli era fuggito per sottrarsi all’arresto.

Il Collegio lombardo rigettò il ricorso del richiedente asilo poichè non delineata – a tenor del suo racconto – alcuna delle ipotesi normative per poter riconoscere la protezione quale rifugiato e, comunque, ritenendo non credibile il racconto portato dal richiedente asilo a motivazione delle ragioni del suo espatrio in relazione alla disciplina del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) b).

Per il Tribunale, poi, non sussistevano in concreto le condizioni previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c in relazione alla chiesta protezione sussidiaria e non risultava fornito elemento alcuno atto a lumeggiare la concorrenza di condizione di vulnerabilità ai fini della protezione umanitaria.

Il richiedente protezione ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dal Tribunale lombardo articolato su due motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da B.A.S. s’appalesa siccome inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17 -.

In limine il ricorrente deduce questione di legittimità costituzionale della normativa afferente la nuova disciplina processuale prevista dal D.L. n. 13 del 2017 convertito con la L. n. 46 del 2017 in quanto stabilisce che il ricorso è deciso dal Tribunale con decreto non impugnabile, così non consentendo l’impugnazione mediante appello, e ciò in contrasto con gli artt. 1,21 e 111 Cost..

La questione di costituzionalità proposta s’appalesa manifestamente infondata siccome già stabilito da questa Corte – Cass. sez. 1 n. 17717/18 -, al quale insegnamento questo Collegio aderisce, in quanto il grado d’appello – come anche ribadito dalla Corte costituzionale – non risulta coperto da previsione costituzionale.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione della norma D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 poichè il Tribunale ebbe a rigettare la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria solo sulla scorta delle sue dichiarazioni – ritenute non credibili – senza anche procedere ad acquisire le necessarie informazioni attuali da fonti internazionali circa la situazione socio-politica del (OMISSIS) nel suo complesso e non limitatamente alla regione della (OMISSIS).

La censura sviluppata risulta inammissibile poichè si fonda su mera contestazione apodittica della valutazione operata dal Tribunale senza un effettivo confronto con la motivazione sul punto esposta dal Collegio bresciano.

Difatti il Tribunale, sulla scorta di apposite informazioni aggiornate, desunte da rapporti redatti da Organismi internazionali predisposti all’uopo, ha esaminato la situazione socio-politica esistente in (OMISSIS), operando cenno alla situazione nella regione della (OMISSIS) solo per sottolineare come anche in quella zona – nella quale esisteva situazione di conflitto armato – la vita sociale stia evolvendo verso la normalizzazione e conformarsi ad una situazione generale, esistente in tutto il resto del Paese che non può definirsi connotata da violenza diffusa.

A fronte di detta puntuale motivazione il ricorrente si limita a prospettare apoditticamente esame inadeguato della situazione socio-politica, poichè limitata alla regione della (OMISSIS), senza per altro citare rapporti resi da Enti internazionali non valutati dal Collegio lombardo – Cass. sez. 1 n. 26728/19 -.

Con la seconda doglianza il ricorrente denunzia falsa applicazione delle regole di diritto D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2 con riferimento alla concorrenza dei presupposti fattuali e giuridici per il riconoscimento del suo diritto a godere della protezione umanitaria.

La cesura s’appalesa inammissibile posto che il ricorrente si limita a nuovamente riproporre la questione della situazione socio-politica del (OMISSIS) regione della (OMISSIS), già esaminata in relazione alla prima censura, contestando apoditticamente la conclusione del Collegio bresciano che non concorrevano ragioni di vulnerabilità oggettiva.

Inoltre il ricorrente non si confronta con l’integrale ragionamento esposto dal Tribunale per rigettare la sua istanza tesa al riconoscimento della protezione internazionale che si fonda essenzialmente sulla valutazione della complessiva condizione del richiedente asilo, siccome insegna questa Suprema Corte – Cass. SU n. 29459/19 -.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante che l’Amministrazione ha depositato controricorso privo dei requisiti sostanziali propri di detto atto processuale.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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